La principale fobia dei pazienti dal dentista è il prezzo: lo affermano gli esperti del Centro Medico Lazzaro Spallanzani di Reggio Emilia. Intanto cresce il fenomeno del “reshoring sanitario”
Sempre più italiani si rivolgono alle strutture private per le prestazioni mediche, con l’incasso dei ticket sanitari in calo del 13% negli ultimi quattro anni. Lo rivela l’analisi del Tribunale per i diritti del malato, basata sugli ultimi dati diffusi dalla Corte dei Conti. Uno dei settori particolarmente toccato da questo trend è quello dentistico, ambito sanitario particolarmente delicato sia per i costi degli interventi che per la paura irrazionale che scatena in molti individui. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, ben il 20% delle persone soffre di odontofobia, ovvero la paura del dentista.
Le cinque grandi paure dal dentista:
- I costi degli interventi (risposta data dal 90% degli intervistati);
- Il dolore degli interventi (88%);
- Gli interventi sbagliati e i possibili danni permanenti (76%);
- Le sedute lunghe e ripetute nel tempo (62%);
- Dover implementare elementi artificiali in bocca, come apparecchi e impianti (57%).
Svariate le cause di questo fenomeno, come spiega la Dott.ssa Federica Ferrante, psicologa del Centro Medico Lazzaro Spallanzani di Reggio Emilia: «Nella maggior parte dei casi, sono le esperienze negative del passato a causare l’insorgenza di una vera e propria fobia del dentista: i macchinari, gli ambulatori, la vista e i rumori di alcuni attrezzi, gli odori dei prodotti e degli ambienti odontoiatrici. A volte, la paura sproporzionata deriva soltanto da come una persona immagina la visita: è assai diffusa l’associazione “dentista – tortura” che genera, senza che mai sia stato verificato e confermato tale irrealistico collegamento, un rifiuto di recarsi a visita odontoiatrica. Indipendentemente dai singoli casi, l’andare dal dentista rappresenta, con minore o maggiore intensità, un’esperienza poco desiderabile a causa del fatto che esso opererà sulla nostra bocca, una parte importantissima del viso, con un immenso valore sociale».
Il sorriso, infatti, oltre ad essere un fattore dominante per l’estetica di una persona è uno dei primi segnali comunicativi che notiamo negli altri, e ci consente di modulare e orientare le relazioni sociali e di inviare messaggi su di noi, sul nostro modo di essere e su come vogliamo apparire.
«I sintomi ansiosi che accompagnano il quadro dell’odontofobia diventano talmente intensi a tal punto da indurre alcuni pazienti a rimandare ad oltranza le visite e ricorrere ad automedicazione, fino ad aggravare decisamente la salute della propria bocca».
Vademecum per battere la paura del dentista
«Per affrontare queste paure – prosegue la dott.ssa Federica Ferrante – è possibile seguire alcuni accorgimenti:
- Innanzitutto individuare un professionista non soltanto affidandosi ai consigli degli altri;
- Visitare l’ambulatorio e conoscere di persona il medico con il quale concordare le modalità e i tempi dell’intervento;
- Recarsi alla visita con un po’ di anticipo consente di non trovarsi immediatamente sotto i ferri odontoiatrici, bensì di darsi un tempo per abituarsi all’ambiente, ai rumore e agli odori.
- Farsi accompagnare da una persona di riferimento in grado di trasmettere serenità e supporto durante l’intervento;
- Infine, complimentarsi con sé stessi quando si è usciti dall’ambulatorio per essere stati in grado di affrontare la paura, impendendo all’ansia di condizionare e limitare il nostro comportamento e le nostre scelte.
Dall’indagine condotta dal Centro Medico Lazzaro Spallanzani, quindi, è emerso come la paura principale di chi debba rivolgersi a un dentista sia il costo, timore espresso da circa il 90% dei pazienti intervistati. «Indubbiamente molti italiani fanno fatica ad affrontare le spese dentistiche – afferma la Dott.ssa Francesca Ianni Lucio, responsabile del reparto di odontoiatria del Centro Medico Lazzaro Spallanzani di Reggio Emilia – fenomeno che ha spinto sempre più persone ad affidarsi al cosiddetto turismo dentale, ovvero l’organizzazione di viaggi presso località estere le cui cliniche offrono prestazioni a costi molto bassi, specialmente per ciò che riguarda l’ambito dell’implantologia».
Nonostante il trend dei viaggi della speranza per la cura dei denti sia in crescita in tutto il Mondo, molto spesso i pazienti si ritrovano a dover ritornare sotto i ferri in Italia per rimediare a interventi mal eseguiti in queste località, i cui risultati possono manifestarsi anche dopo qualche anno.
Dunque, così come sono in crescita gli italiani che scelgono di operarsi all’estero, è analogamente in crescita il fenomeno del “reshoring sanitario” nel settore dentistico: «Circa il 70% dei pazienti si rivolge alla nostra clinica dopo aver eseguito interventi o essersi rivolto a titolo informativo a strutture dell’Europa dell’Est – prosegue la Dott.ssa Francesca Ianni Lucio – e capita spesso di dover concludere e correggere piani di implantologia iniziati all’estero e non conclusi per svariati motivi, soprattutto la scomodità dovuta alla distanza, la mancanza di fiducia e i preventivi modificati al rialzo durante il piano di cura».
L’implantologia è proprio la branca più coinvolta in questo fenomeno, soprattutto considerando la delicatezza dell’intervento e la durata degli impianti: «L’evoluzione della tecnica e dei materiali nel campo dell’implantologia negli ultimi anni si è evoluto molto velocemente, ma nonostante ciò un piano di cura standard dura mediamente dai 3 ai 5 mesi, durante i quali sono previsti dai 5 agli 8 appuntamenti. Questo è uno dei motivi alla base per cui rivolgersi alle cliniche estere potrebbe essere un problema. Se eseguito secondo i nostri standard – continua la Dott.ssa Francesca Ianni Lucio, responsabile del reparto di odontoiatria del Centro Medico Lazzaro Spallanzani – l’intervento di inserimento degli impianti avviene in sedazione cosciente e dura all’incirca 30/40 minuti. Grazie alla terapia preventiva e post operatoria, i pazienti non avvertono né dolore né gonfiore nel 96% dei casi. Inoltre, l’intervento di inserimento dell’impianto è garantito per legge per 10 anni, elemento non riscontrabile negli interventi subiti all’estero».
Quindi, parallelamente alle aziende che ritornano a investire in Italia dando vita al fenomeno del reshoring, sempre più persone decidono di ritornare a curarsi nelle strutture italiane.