Coldiretti interviene in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione: per il 71% degli italiani torna la cucina del giorno dopo che salva gli avanzi dal bidone
Dal ritorno in cucina degli avanzi ad una maggiore attenzione alla data di scadenza, ma anche la richiesta della family bag al ristorante e la spesa a chilometri zero dal campo alla tavola con prodotti più freschi che durano di più sono alcune delle strategie messe in atto da oltre 7 italiani su 10 (71%) che nel 2018 hanno diminuito o annullato gli sprechi alimentari, secondo un’indagine Coldiretti/Ixè presentata in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione promossa a livello globale dalla Fao.
Gli sprechi domestici, secondo la Coldiretti, rappresentano in valore ben il 54% del totale e sono superiori a quelli nella ristorazione (21%), nella distribuzione commerciale (15%), nell’agricoltura (8%) e nella trasformazione (2%) per un totale di oltre 16 miliardi che finiscono nel bidone in un anno. Non si tratta quindi solo di un problema etico ma determinano anche effetti sul piano economico ed anche ambientale per l’impatto negativo sul dispendio energetico e sullo smaltimento dei rifiuti.
Un comportamento grave in un Paese come l’Italia dove sono 2,7 milioni le persone che in Italia durante l’ultimo anno sono state costrette a chiedere aiuto per il cibo da mangiare nelle mense dei poveri o con pacchi di auto alimentari, secondo la Coldiretti. In realtà sono appena 114mila quelli che si sono serviti delle mense dei poveri a fronte di 2,55 milioni che invece hanno accettato l’aiuto dei pacchi di cibo sulla base dei dati sugli aiuti alimentari distribuiti con i fondi Fead attraverso dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (Agea).
Tra le categorie più deboli degli indigenti si contano 455mila bambini di età inferiore ai 15 anni, quasi 200mila anziani sopra i 65 anni e circa 100mila senza fissa dimora.
Leggere attentamente la scadenza sulle etichette, verificare quotidianamente il frigorifero dove i cibi vanno correttamente posizionati, effettuare acquisti ridotti e ripetuti nel tempo, privilegiare confezioni adeguate, scegliere frutta e verdura con il giusto grado di maturazione, preferire la spesa a chilometri zero che garantisce una maggiore freschezza e durata, riscoprire le ricette degli avanzi, ma anche non avere timore di chiedere di portarli a casa quando si mangia al ristorante sono alcuni dei consigli della Coldiretti
La frutta e verdura acquistata direttamente dal produttore in vendita nei mercati degli agricoltori dura anche una settimana in più, non dovendo rimanere per tanto tempo in viaggio. Particolare attenzione va riservata anche alla conservazione dei prodotti acquistati ricorrendo a tecniche di economia domestica mantenendo frutta e verdura fresche lontano dai punti di calore per evitarne l’eccessiva maturazione, l’olio extravergine al buio per evitarne l’ossidazione come le patate per evitare il germogliamento.
Va ricordato che la richiesta di portare a casa gli avanzi dei pasti consumati nella ristorazione è un diritto dei clienti sancito anche dall’entrata in vigore della legge 166/16 sugli sprechi alimentari che “promuove l’utilizzo, da parte degli operatori nel settore della ristorazione, di contenitori riutilizzabili idonei a consentire ai clienti l’asporto degli avanzi di cibo”. E’ anche importante la conoscenza delle informazioni fornite in etichetta con riguardo alla scadenza dei prodotti ed in particolare in merito al diverso significato tra “da consumarsi entro” e “da consumarsi preferibilmente entro il…”.
La dicitura “da consumarsi entro” è la data entro cui il prodotto deve essere consumato ed anche il termine oltre il quale un alimento non può più essere posto in commercio. Tale data di consumo non deve essere superata altrimenti ci si può esporre a rischi importanti per la salute. Si applica ai prodotti preconfezionati, rapidamente deperibili come il latte fresco (7 giorni) e le uova (28 giorni).
Discorso diverso, sempre in tema di alimentazione, merita invece il Termine Minimo di Conservazione (TMC) riportato con la dicitura “Da consumarsi preferibilmente entro” che indica la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà organolettiche e gustative, o nutrizionali specifiche in adeguate condizioni di conservazione.
Intanto sulle tavole degli italiani sono tornati i piatti del giorno dopo come polpette, frittate, pizze farcite, ratatouille e macedonia. Ricette che non sono solo una ottima soluzione per non gettare nella spazzatura gli avanzi, ma aiutano anche a non far sparire tradizioni culinarie del passato secondo una usanza molto diffusa che ha dato origine a piatti diventati simbolo della cultura enogastronomica del territorio come la ribollita toscana, i canederli trentini, la pinza veneta o al sud la frittata di pasta.
I piatti antispreco sono tanti, basta solo un po’ di estro e si possono preparare delle ottime polpette recuperando della carne macinata avanzata semplicemente aggiungendo uova, pane duro e formaggio oppure la frittata di pasta per riutilizzare gli spaghetti del giorno prima e ancora la pizza rustica per consumare le verdure avanzate avvolgendole in una croccante sfoglia.
Se avanza del pane, invece, si può optare per la più classica panzanella aggiungendo semplici ingredienti, sempre presenti in ogni casa, come pomodoro olio e sale per arrivare alla più tradizionale ribollita che utilizza cibi poveri come fagioli, cavoli, carote, zucchine, pomodori e bietole già cotte da unire al pane raffermo. Ma anche la frutta può essere facilmente recuperata se caramellata, cotta per diventare marmellata o semplicemente in macedonia.
Nel 2019 una Conferenza sull’educazione alimentare
Una Conferenza nazionale sull’educazione alimentare e l’aggiornamento delle Linee guida per l’educazione alimentare redatte in occasione di EXPO 2015. Sono le iniziative annunciate dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca durante la conferenza, aperta dai saluti del Sottosegretario Salvatore Giuliano, tenutasi questa mattina in Viale Trastevere in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione. La Giornata è stata istituita nel novembre 1979 durante la 20esima Conferenza Generale della FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura).
“La Conferenza nazionale sull’educazione alimentare, promossa dal MIUR – ha spiegato il Sottosegretario – sarà un importante momento di confronto che avrà l’obiettivo di fare il punto sulle più aggiornate strategie di intervento per una migliore informazione in ambito scolastico. Gli esiti del dibattito della Conferenza saranno utili spunti per l’aggiornamento delle Linee guida per l’educazione alimentare redatte in occasione di EXPO 2015. Il lavoro avviato in occasione dell’esposizione universale necessita infatti di essere aggiornato, ampliato e adattato alle esigenze del nostro sistema educativo. Parlare di educazione alimentare – ha proseguito il Sottosegretario – significa parlare di salute, di prevenzione di molte malattie, di corretti stili di vita, di lotta agli sprechi di cibo e acqua”.
All’evento hanno partecipato anche il presidente del Comitato tecnico-scientifico del MIUR per l’educazione alimentare Riccardo Garosci, il presidente e il segretario generale della Fondazione Italiana per l’Educazione Alimentare Evelina Flachi e Cristiano Sandels Navarro, la presidente della Rete nazionali degli istituti agrari (Renisa) Patrizia Marini e la presidente della Rete nazionale istituti alberghieri (Re.Na.I.A.) Anna Maria Zilli. A moderare l’incontro il conduttore radiofonico e televisivo Tinto.
Nel corso della conferenza sono stati presentati i risultati di una ricerca condotta dalla Fondazione Italiana per l’Educazione Alimentare, con il sostegno del MIUR e il supporto metodologico dell’Università Cattolica di Milano, volta a comprendere meglio la realtà dell’insegnamento dell’educazione alimentare nelle scuole. Dall’analisi dei 1.004 questionari completati, è emerso che le attività di educazione alimentare sono svolte soprattutto da insegnanti di area linguistico-umanistica (26%), seguono quelli di area logico-matematica (23%), scientifico-tecnologica (18%), educazione fisica (5%), la scienza e cultura dell’alimentazione (5%).
Se dal punto di vista geografico, la percentuale maggiore di attività di educazione alimentare si svolge nelle regioni del Nord, osservando i diversi cicli scolastici è nella scuola primaria che si riscontra una prevalenza di progetti (89,2%). Seguono le scuole secondarie di I grado (75,3%), le scuole dell’infanzia (65,5%) e le scuole secondarie di II grado (58,2%). Da circa metà dei questionari si evince che il 47% dei docenti afferma che negli ultimi tre anni le attività di educazione alimentare sono rimaste invariate; per il 45% sono aumentate. L’attenzione al tema della salute è la motivazione principale che spinge i docenti a realizzare queste attività (media di punteggio 6,4 su 7), seguita dall’attenzione al tema ambientale (6,3), all’economia circolare e allo spreco (6,2), ai corretti stili di vita (6,2).
La conferenza è stata anche l’occasione per la presentazione di due progetti di innovazione scientifica e didattica in tema di educazione alimentare: il progetto “Innovazioni tecnologiche e digitali in agricoltura” dell’Istituto tecnico agrario Giuseppe Garibaldi di Roma e il progetto “Mondi a confronto” dell’Istituto statale di istruzione superiore Bonaldo Stingher di Udine.