Una cittadina albanese di 44 anni, residente nel Grossetano e condannata in primo grado per terrorismo, è stata espulsa dall’Italia perché ritenuta vicina all’estremismo islamico
È stata espulsa con accompagnamento alla frontiera, in quanto ritenuta pericolosa per la sicurezza dello Stato Arta Kacabuni, alias Anila, cittadina albanese 44enne condannata in primo grado per il reato di partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo.
In Italia dal 2003, residente in provincia di Grosseto, la donna insieme al fratello (arrestato ed espulso all’atto della sua scarcerazione nel maggio 2018 per motivi di sicurezza dello Stato) si occupava di reclutare adepti alla causa dell’Isis.
Il suo ruolo era emerso nell’ambito dell’indagine “Martese”, svolta dalla Digos toscana e da quella di Milano, che il 1° luglio 2015 portò all’esecuzione di 10 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti estremisti islamici in relazione alla loro documentata adesione allo Stato Islamico e agli ideali del terrorismo di matrice jihadista.
In particolare, la donna aveva contribuito al percorso di radicalizzazione e instradamento verso la Siria di Maria Giulia Sergio, islamizzata con il nome Fatima, tutt’ora presente in quell’area geografica, dove è andata nel settembre 2014 insieme al marito, l’albanese Aldo Kobuzi, per unirsi alle milizie dell’Isis.
Le indagini hanno accertato, inoltre, il suo attivismo nel convincere altre donne dell’éntourage familiare a raggiungere i propri parenti già presenti in territorio siriano, nonché la sua piena approvazione degli attentati compiuti a Parigi nel novembre 2015.
Condannata dal tribunale di Milano, Kacabuni è stata rimessa in libertà il 16 ottobre 2018 ed espulsa dalla frontiera aerea di Roma Fiumicino in esecuzione del decreto emesso dal ministro dell’Interno per motivi di sicurezza dello Stato.
Con questo rimpatrio sono 341 le espulsioni eseguite dal gennaio 2015 ad oggi, 104 delle quali nel 2018.