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Carcinoma ovarico: olaparib riduce rischio progressione

rucaparib

Studio dimostra che la terapia di mantenimento con olaparib riduce il rischio di progressione o morte del 70% nelle pazienti con carcinoma ovarico, di nuova diagnosi e avanzato, che presentino una mutazione di BRCA

AstraZeneca e MSD hanno annunciato oggi i risultati dettagliati dello studio di Fase III SOLO-1 su olaparib in compresse come trattamento di mantenimento in pazienti con carcinoma ovarico, di nuova diagnosi, avanzato e con mutazione del gene BRCA (BRCAm), che presentano risposta completa o parziale dopo chemioterapia standard di prima linea a base di platino.

I risultati dello studio confermano il miglioramento statisticamente e clinicamente significativo della sopravvivenza libera da progressione (PFS) per olaparib rispetto al placebo, riducendo il rischio di progressione o morte della malattia del 70% (HR=0.30 [95% CI, 0.23-0.41]; p<0.001). A 41 mesi di follow-up, la PFS mediana per le pazienti trattate con olaparib non è ancora stata raggiunta rispetto ai 13,8 mesi per quelle trattate con placebo. Tra le pazienti trattate con olaparib, il 60,4% è rimasto privo di progressione a 36 mesi rispetto al 26,9% delle donne nel braccio placebo. I dati sono stati presentati al Simposio presidenziale del Congresso ESMO (Società europea di oncologia medica) a Monaco (Germania), e pubblicati simultaneamente online sul The New England Journal of Medicine (NEJM).

“Attualmente, il 70% delle pazienti con carcinoma ovarico in stadio avanzato va incontro a recidiva entro tre anni – afferma la Prof.ssa Nicoletta Colombo, Direttore della Divisione di Ginecologia Oncologica Medica dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano -. I risultati dello studio SOLO-1 evidenziano come olaparib riduca questa percentuale del 60% nelle pazienti con tumore ovarico BRCA mutato. Olaparib è il primo PARP inibitore che in prima linea determina un vantaggio statisticamente e clinicamente significativo nel ridurre il rischio di recidive e morte del 70%. Alla luce di questi importanti risultati, l’esecuzione del test BRCA al momento della diagnosi assume un ruolo fondamentale. Solo in questo modo siamo in grado di indentificare tempestivamente le pazienti che possono beneficiare di un trattamento in grado di cambiare la storia della malattia”.

AstraZeneca e MSD stanno valutando ulteriori studi sul carcinoma ovarico, tra cui il trial di Fase III in corso GINECO / ENGOTov25, PAOLA-1. Questo studio sta testando l’effetto di olaparib in combinazione con bevacizumab come trattamento di mantenimento per le pazienti con carcinoma ovarico di nuova diagnosi, indipendentemente dal loro stato di BRCA. I risultati sono attesi per la seconda metà del 2019.

In Italia olaparib è approvato e rimborsato in monoterapia per il trattamento di mantenimento di pazienti adulte con recidiva platino-sensibile di carcinoma ovarico BRCA-mutato che rispondono alla chemioterapia a base di platino.

Lo studio di Fase III SOLO-1

SOLO-1 è uno studio di Fase III multicentrico randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo volto a valutare l’efficacia e la sicurezza di olaparib in compresse (300mg due volte al giorno) come monoterapia di mantenimento di prima linea rispetto al placebo, in pazienti con carcinoma ovarico avanzato e mutazione BRCA. Lo studio ha randomizzato 391 pazienti con nuova diagnosi di carcinoma ovarico avanzato BRCAm dopo chemioterapia a base di platino.

Nello studio sono state randomizzate 391 pazienti con una deleteria o sospetta tale mutazione BRCA1 o BRCA2, in risposta clinica completa o parziale dopo chemioterapia a base di platino.

Le pazienti eleggibili sono state randomizzate (2:1) a ricevere olaparib in compresse o placebo per un massimo di due anni o fino alla progressione della malattia (a discrezione dello sperimentatore). L’endpoint primario era la sopravvivenza libera da progressione (PFS) e gli endpoint secondari chiave includevano il tempo alla seconda progressione della malattia/morte e la sopravvivenza globale.

Informazioni su olaparib

Olaparib è un inibitore, first-in-class, della poli ADP-ribosio polimerasi (PARP) e il primo trattamento mirato che può sfruttare le carenze nelle vie di trasduzione tumorali in risposta al danno al DNA (DDR), come le mutazioni BRCA, per uccidere in modo preferenziale le cellule tumorali. Studi in vitro hanno dimostrato che la citotossicità indotta da olaparib può implicare l’inibizione dell’attività enzimatica dei PARP e l’aumento della formazione di complessi di PARP-DNA, con conseguente danno al DNA e morte delle cellule tumorali. Olaparib è stato testato in una gamma di tipi di tumore da carenza di DDR.

Olaparib, che è stato sviluppato e commercializzato congiuntamente da AstraZeneca e MSD, è approvato per la terapia del carcinoma ovarico avanzato e dall’FDA anche per il carcinoma mammario metastatico ed è stato utilizzato in oltre 20.000 pazienti in tutto il mondo. Olaparib presenta il programma di sviluppo di trial clinici più ampio e più avanzato di qualsiasi inibitore di PARP e AstraZeneca e MSD stanno lavorando congiuntamente per capire come può influire, in monoterapia e in combinazione, su più tumori PARP-dipendenti e in diversi tipi di cancro. Per AstraZeneca, leader nel settore, olaparib rappresenta un prodotto fondamentale nel portafoglio dei potenziali nuovi farmaci che prendono di mira i meccanismi DDR nelle cellule tumorali.

Il carcinoma ovarico

Il carcinoma ovarico è una delle principali cause di morte per cancro nelle donne di tutto il mondo, con un tasso di sopravvivenza a cinque anni del 19%.
Nel 2018, sono stati diagnosticati quasi 295.000 nuovi casi e circa 184.799 decessi. Per il carcinoma ovarico avanzato di nuova diagnosi, lo scopo principale del trattamento è ritardare la progressione della malattia il più a lungo possibile e mantenere la qualità della vita del paziente con l’intento di ottenere una remissione completa o la cura definitiva.

Le mutazioni BRCA

BRCA1 e BRCA2 sono geni umani che producono le proteine responsabili per la riparazione del DNA danneggiato e svolgono un ruolo importante nel mantenimento della stabilità genetica delle cellule. Quando uno di questi geni viene mutato o alterato, la rispettiva proteina non viene prodotta o è difettosa, e il danno al DNA non può essere riparato in modo adeguato. Di conseguenza, è più probabile che le cellule sviluppino ulteriori alterazioni generiche in grado di portare al tumore.

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