Chiude la storica fabbrica della Pernigotti di Novi Ligure, di proprietà del gruppo turco Toksoz. I sindacati e i lavoratori annunciano mobilitazione
Cala il sipario su un pezzo di storia dell’industria dolciaria italiana. Il gruppo turco Toksoz ha annunciato infatti di voler chiudere lo storico stabilimento di Novi Ligure della Pernigotti, con il licenziamento di 100 dipendenti e il trasferimento del commerciale nella sede di Milano.
Fondata nel 1860 da Stefano Pernigotti, l’azienda era passata di mano al gruppo turco nel 2013. Ivana Galli, Segretaria Generale Flai Cgil, parla di “un nuovo colpo a marchi e prodotti famosi del nostro Made in Italy e un colpo gravissimo all’occupazione. In Piemonte dopo la crisi Hag e Splendid, tocca alla Pernigotti, la nota azienda di cioccolato, di proprietà Turca già da qualche anno, ha annunciato la chiusura con conseguente licenziamento di tutti i 200 dipendenti”.
“Come Flai Cgil siamo al fianco dei lavoratori Pernigotti e con loro stiamo intraprendendo tutte le iniziative volte a contrastare questa scelta scellerata. Ancora una volta assistiamo a proprietà straniere che prima comprano e poi licenziano e chiudono, mantenendo però la proprietà del marchio, come in questo caso un marchio prestigioso, e vanno a produrre all’estero. Ancora una volta sull’altare del mercato si sacrificano i lavoratori e la qualità dei nostri prodotti”.
“E’ il risultato del circolo vizioso della delocalizzazione che inizia con l’acquisizione di marchi storici del Made in Italy, continua con lo spostamento all’estero delle fonti di approvvigionamento della materia prima agricola e si conclude con la chiusura degli stabilimenti con effetti sull’occupazione e sull’economia nazionale dal campo alla tavola” afferma invece il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, appena eletto, nel commentare l’addio alla storica fabbrica della Pernigotti a Novi Ligure.
Il gruppo turco Toksoz è il maggior produttore mondiale di nocciole e l’importazione di questo prodotto dalla Turchia in Italia è aumentata del 23% nel primi sette mesi del 2018 secondo l’Istat, nonostante i numerosi allarmi scattati per gli elevati livelli di aflatossine cancerogene.
“Ma dall’olio allo zucchero fino al formaggio è lunga la lista delle etichette storiche italiane svendute all’estero ed utilizzate per veicolare sotto la bandiera tricolore produzioni ottenute all’estero” ha denunciato Prandini nel sottolineare che “l’Italia deve difendere il proprio patrimonio agroalimentare che ha portato in mani straniere tre marchi storici del Made in Italy alimentare su quattro”.