I rifugiati Rohingya in Bangladesh potrebbero essere costretti a ritornare in Myanmar: l’UNICEF esprime preoccupazione
“Questa settimana abbiamo sentito diverse notizie sui rifugiati rohingya in Bangladesh che potrebbero essere costretti a ritornare in Myanmar, notizie che l’UNICEF coglie con massima preoccupazione, in particolar modo per come questo tipo di trasferimenti potrebbero colpire i bambini”. Ad affermarlo è Christophe Boulierac, Portavoce UNICEF a Ginevra.
“I nostri colleghi che operano al campo di Unchiprang a Cox’s Bazar – uno dei campi identificati per i rimpatri – hanno assistito ad una grande manifestazione dei rifugiati rohingya contro il piano di rimpatrio. Le autorità del campo hanno ribadito il messaggio secondo cui sono pronte a rimpatriare i rifugiati su base volontaria, nessun rifugiato rohingya sarà costretto a tornare in Myanmar se non lo desidera”.
“Abbiamo accolto con favore questa decisione del Governo del Bangladesh. L’UNICEF sostiene pienamente l’approccio dell’UNHCR su questa questione. Qualsiasi rimpatrio deve essere volontario, sostenibile, condotto in sicurezza e con dignità. Ci dissoceremmo fortemente da qualsiasi rimpatrio di bambini non conforme a questi criteri. I bambini non dovrebbero essere separati dai loro genitori o dai tutori. I bambini non dovrebbero essere esposti a nessun tipo di livello di stress o disagio durante i rimpatri, né tanto meno i bambini malati dovrebbero essere rimpatriati”.
“Tutti i sondaggi non ufficiali condotti dai nostri colleghi dell’UNICEF nei campi per rifugiati sono giunti alla stessa conclusione: La stragrande maggioranza dei rifugiati non vuole essere rimpatriata a meno che non vengano garantite loro condizioni di sicurezza. La conclusione è che, sebbene le condizioni nei campi siano difficili, rimangono preferibili ai rischi percepiti di un ritorno in Myanmar. Per molti il trauma di ciò cui hanno assistito durante l’esodo dal Myanmar alla fine del 2017 è ancora fresco nelle loro menti”.
“È facile comprendere le loro preoccupazioni. I bambini e le famiglie rohingya che restano nello Stato del Rakhine continuano ad affrontare forti difficoltà e hanno bisogno di assistenza umanitaria a causa delle attuali restrizioni alla loro libertà di movimento e al limitato accesso a servizi come quelli sanitari e per l’istruzione. Solo pochi giorni fa, il 13 novembre, l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha dichiarato di continuare a ricevere notizie di violazioni dei diritti dei rohingya rimasti nel Rakhine del nord, che comprendono accuse di omicidi, scomparse, arresti arbitrati, ampie restrizioni dei diritti alla libertà di movimento, a cure mediche e all’istruzione” prosegue.
“Molte organizzazioni che hanno lavorato nel nord dello Stato di Rakhine prima di agosto 2017 non hanno potuto riprendere le loro attività nella misura desiderata o nelle condizioni precedenti a causa delle restrizioni del Governo del Myanmar. L’UNICEF insieme con la comunità umanitaria in Myanmar continua a chiedere accesso illimitato, comprese procedure di accesso semplificate, per poter distribuire tempestivamente e in anticipo aiuti salva vita, dare assistenza per la protezione e costruire fiducia tra le comunità” spiega.
“Così, mentre la situazione in Myanmar rimane incredibilmente allarmante, siamo preoccupati anche per i bambini rohingya rifugiati in Bangladesh. L’istruzione resta tra le nostre principali preoccupazioni – in particolare per gli adolescenti nei campi. Vogliamo continuare a lavorare per fornire una rete di Centri per l’Apprendimento e Spazi a Misura di Bambino. Adesso esistono più di 1.100 centri per l’apprendimento gestiti dall’UNICEF e i suoi partner nei campi che stanno offrendo istruzione a 124.000 bambini” conclude.
L’UNICEF chiede alla comunità internazionale di continuare a lavorare con i Governi e la società civile del Bangladesh e del Myanmar per supportare i bambini e le famiglie rohingya e per trovare soluzioni a lungo termine a questa crisi, basate sul rispetto per la protezione dei diritti umani di tutti i rohingya.