Studio CNR-Unifi scopre come raffreddare Qubit


Studio del Cnr-Isc e dell’Università di Firenze indica come sfruttare la perturbazione generata durante la misurazione di determinati sistemi fisici, per realizzare minuscole macchine termiche in grado, per esempio, di raffreddare le unità fondamentali di informazione quantistica, i qubit, così come richiesto per l’effettivo funzionamento dei computer quantistici

Studio del Cnr-Isc e dell'Università di Firenze indica come sfruttare la perturbazione generata durante la misurazione di determinati sistemi fisici, per realizzare minuscole macchine termiche in grado, per esempio, di raffreddare le unità fondamentali di informazione quantistica, i qubit, così come richiesto per l'effettivo funzionamento dei computer quantistici

“Si osservi un sistema quantistico per mezzo di un apparato di misura ed inevitabilmente lo si perturberà: questa è una delle affermazioni più rivoluzionarie della fisica quantistica, e ne costituisce effettivamente uno dei postulati fondamentali”, spiega Paola Verrucchi dell’Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isc).

Per comprenderne il senso, occorre prima di tutto ricordare che i termini ‘osservazione’ e ‘misura’ fanno riferimento ad un processo in cui alcune informazioni circa l’oggetto osservato vengono estratte e messe a disposizione dell’osservatore, mediante l’apparato di misura. Questo processo implica un’interazione fra oggetto osservato ed apparato. “Basta pensare ad un bambino piccolo, o un primate, che di fronte ad un oggetto sconosciuto non si accontentano di guardarlo, ma cercano di toccarlo, annusarlo, possibilmente assaggiarlo, hanno cioè bisogno di interagire con esso”, chiarisce Verrucchi.

La fisica quantistica formalizza queste idee, e mostra che durante un processo di misura, osservatore ed osservato interagiscono, ed il loro stato risulta reciprocamente modificato da tale interazione: il primo sa qualcosa in più grazie alla perturbazione che ha causato allo stato del secondo.

“La nostra ricerca, pubblicata su Physical Review Letters, dimostra che questo tipo di perturbazione può essere utile: abbiamo infatti mostrato come sfruttarlo per alimentare macchine nanoscopiche che potranno essere impiegate, per esempio, come minuscoli frigoriferi per mantenere freddi e funzionanti i dispositivi sui quali si basano le moderne tecnologie quantistiche”, spiega la ricercatrice.

I computer quantistici, ad esempio, sono dispositivi analoghi ai comuni computer, i cui elementi fondamentali (unità di informazione e memoria, porte logiche, dispositivi di lettura e scrittura) si comportano secondo le leggi della meccanica quantistica. Da questo segue una velocità computazionale di tali dispositivi incredibilmente maggiore di quella anche solo immaginabile per un computer classico.

“Tuttavia, per garantire le migliori prestazioni di tali dispositivi occorre garantire che il loro funzionamento avvenga in condizioni estremamente protette. Per esempio, il sistema fisico che realizza l’unità fondamentale di informazione quantistica, detto quantum-bit (o qubit, in analogia con l’unità classica, detta bit) è costituito da singoli atomi, o piccole molecole, o minuscoli circuiti superconduttori, il cui corretto funzionamento è garantito solo a temperature bassissime. Raffreddare i qubit di un computer quantistico è quindi essenziale per garantirne l’efficienza.

E’ dunque in questo contesto, che abbiamo studiato una minuscola macchina frigorifera, composta da due singoli atomi che, in conseguenza del solo fatto di essere osservati, ovvero di interagire con l’osservatore e fornire ad esso informazioni (modificando conseguentemente il proprio stato) pompano calore da una zona fredda verso una calda. E’ importante sottolineare, però, che un’osservazione generica non è di per sé sufficiente a far funzionare il nostro nanoscopico frigorifero. Infatti, non sapendo esattamente quali aspetti osservarne (in gergo tecnico, quali osservabili misurare) si finirà per riscaldare tutto. E’ una conseguenza della seconda legge della termodinamica, secondo la quale se due sistemi con diverse temperature sono messi in contatto è impossibile che il più freddo si raffreddi ulteriormente (ovvero che il calore venga pompato dal sistema freddo verso quello caldo), se non a patto di bilanciare il fenomeno con un adeguato costo energetico”, approfondisce Verrucchi.

La nostra macchina frigorifera funziona solo se si osservano alcune particolari proprietà della coppia di atomi, cioè dei due qubit: si tratta di quelle proprietà per la cui misura l’apparato interagisce con i qubit in modo tale da generare fra i due un particolarissimo tipo di correlazione, che si instaura solo ed esclusivamente fra sistemi quantistici, detta ‘entanglement’. “Il nostro minuscolo frigorifero funziona dunque secondo l’idea che si può estrarre calore generando correlazioni quantistiche mediante un’osservazione. L’osservazione deve però comportare un’interazione fra apparato di misura e sistema osservato (in questo caso la coppia di qubit) che lasci quest’ultimo in uno stato caratterizzato da tali correlazioni, ovvero in uno stato detto ‘stato entangled’, conclude la ricercatrice Cnr-Isc.