Dai notai è boom di richieste di accordi prematrimoniali


Accordi prematrimoniali in crescita come rivela una ricerca dell’associazione “Donne e qualità della vita”. In attesa del disegno di legge, il notaio Paolo De Martinis spiega la situazione attuale e cosa cambierà

Accordi prematrimoniali in crescita come rivela una ricerca dell’associazione "Donne e qualità della vita". In attesa del disegno di legge, il notaio Paolo De Martinis spiega la situazione attuale e cosa cambierà

Un trend degli ultimi anni che evidenzia una diversa percezione del rapporto tra coniugi rispetto al passato è il boom di richieste ai notai degli accordi prematrimoniali. Una ricerca dell’associazione «Donne e qualità della vita», guidata dalla psicologa e sessuologa Serenella Salomoni, ha messo in luce i numeri di questo fenomeno: su un campione di 541 coppie in procinto di convolare a nozze, ben il 64% si è detto favorevole o comunque interessato all’introduzione degli accordi prematrimoniali; il dato cresce fino al 75% sulle coppie under 30 e scende al 55% per le over 30, mentre su base regionale si è presentata una prevalenza di pareri favorevoli al Nord (71%) rispetto al Centro-Sud (57%).

Interessante la variazione tra uomini e donne: circa il 70% degli uomini intervistati si è detto favorevole, contro il 58% delle preferenze femminili. Alla luce di questi risultati, il notaio Paolo De Martinis – alla guida di uno dei più importanti studi di Milano – spiega le motivazioni alla base di questo trend e come potrebbe cambiare la situazione nel prossimo futuro: «Sebbene nel nostro ordinamento giuridico gli accordi prematrimoniali siano attualmente nulli, vi è una limitata apertura da parte della giurisprudenza, la quale ritiene valido l’accordo con cui si assuma, ad esempio, il divorzio quale condizione sospensiva. In effetti, però, la Cassazione – con sent. del 21 dicembre 2012, n. 23713 – ha poi qualificato un accordo di questo tipo non come vero e proprio accordo prematrimoniale, bensì come una sorta di datio in solutum, e quindi come contratto atipico. Manca quindi oggi l’effettiva possibilità per le parti di regolamentare prima del matrimonio i reciproci diritti ed obblighi, sia in costanza di rapporto sia in caso di cessazione dello stesso. È questa una mancanza che deve essere assolutamente colmata dal nostro legislatore».

Le motivazioni di questo trend derivano soprattutto da una concezione diversa del matrimonio rispetto al passato: «Sicuramente le coppie sono più diffidenti perché il rapporto è sempre più visto come un legame che riguarda un periodo della vita dell’individuo. Si è affermata la convinzione, giusta o sbagliata, di una sorta di diritto alla felicità. La diffidenza deriva dal fatto che il non poter regolamentare appieno e in via preventiva le conseguenze della fine del rapporto viene percepito come un rischio: quello di non poter esercitare compiutamente il diritto ad essere felici in una fase successiva della propria esistenza. Spesso tale situazione incide anche sulle scelte degli individui, in particolare sul continuare o troncare una relazione».

Situazione diversa per le coppie di fatto, per cui il contratto di convivenza è il modo per determinare gli effetti economici del loro rapporto di convivenza. Si tratta di un contratto tipico, introdotto dalla legge sull’unione civile n. 76 del 2016, con cui le parti possono disciplinare i loro rapporti economici e persino adottare il regime della comunione legale. È però preclusa alle coppie di fatto la possibilità di costituire un fondo patrimoniale, facoltà quest’ultima ad oggi riservata solo ai coniugi e agli uniti civilmente. «Anche su questo punto ritengo che, sia pure con gli opportuni adeguamenti, il legislatore possa intervenire dando la possibilità alle coppie di fatto di utilizzare negozi tipici con finalità destinatorie allo scopo di far fronte ai bisogni della convivenza», aggiunge Paolo De Martinis. I conviventi, ad oggi, non possono adottare il regime della comunione legale e neppure assumere validamente l’obbligo del pagamento di una penale per il caso della rottura della convivenza perché con una simile pattuizione si violerebbe la libertà di vita personale.

«Per lo stesso motivo, la clausola di ‘reperibilità video anti-corna’, spesso citata dalla cronaca rosa in merito agli accordi prematrimoniali delle star di Hollywood, è assolutamente inimmaginabile nel nostro sistema ed è chiaramente illegittima, al di là della limitata o meno possibilità, ad oggi, degli accordi prematrimoniali», continua De Martinis. Proprio di questi giorni la notizia che, dopo i tentativi falliti negli scorsi anni, all’interno del comma B dell’articolo 20 del ddl “semplificazioni” è prevista una delega al governo sulla messa a punto degli accordi prematrimoniali fino ad ora vietati in Italia: «Finalmente qualcosa si muove, ma bisogna premettere che il disegno di legge prevede accordi prematrimoniali meno stringenti rispetto al modello anglosassone, in cui le parti in causa possono inserire clausole e condizioni che agli occhi degli italiani potrebbero risultare assurde.  Ad esempio, nel nostro caso sarà escluso l’affidamento dei figli, sebbene sarà possibile definire i criteri per la loro educazione scolastica», conclude Paolo De Martinis.