Individuato in Antartide, a 40 km dalla base italo-francese Concordia, il sito di perforazione dove estrarre carote di ghiaccio fino a 2.730 metri di profondità, che serviranno a ricostruire il clima globale degli ultimi 1,5 milioni di anni
È stato individuato in Antartide, a 40 km dalla base italo-francese Concordia, il sito di perforazione dove estrarre carote di ghiaccio fino a 2.730 metri di profondità, che serviranno a ricostruire il clima globale degli ultimi 1,5 milioni di anni. Un risultato ottenuto grazie al progetto “Oltre EPICA – Oldest Ice”, coordinato dall’Istituto tedesco per la ricerca marina e polare “Alfred Wegener” e finanziato dall’Unione europea, che ha visto il coinvolgimento di ricercatori provenienti da 14 istituzioni di 10 paesi europei. L’annuncio è stato dato questa mattina nel corso dell’assemblea generale della European Geosciences Union a Vienna.
Al progetto partecipa per l’Italia un team di esperti coordinato da Carlo Barbante dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e ricercatore associato del CNR; le attività si svolgono nell’ambito del Piano Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), attuato dal CNR per la programmazione e il coordinamento scientifico e dall’ENEA per gli aspetti logistici.
I ricercatori hanno selezionato come sito per la perforazione uno dei luoghi più freddi, spogli e inospitali della Terra, “Little Dome C”, che si trova ad un paio d’ore di motoslitta da “Concordia” nella regione della Terra di Wilkes a una quota di 3.233 metri sul livello del mare. Un luogo in cui le precipitazioni sono molto limitate e dove la temperatura media annuale è di -54 °C (il termometro sale di rado sopra i -20 °C e in inverno precipita a -80 °C).
Nell’ambito del precedente progetto EPICA (European Project for Ice Coring in Antarctica), tra il 1996 e il 2004 a Concordia i glaciologi estrassero ghiaccio fino alla profondità di 3.270 metri. Con analisi dettagliate delle carote estratte sono stati in grado di ricostruire il clima degli ultimi 800mila anni. “Durante queste centinaia di migliaia di anni, ci sono stati periodi alterni: lunghi periodi glaciali e brevi periodi interglaciali, a intervalli di circa centomila anni”, spiega Carlo Barbante.
Grazie alle piccole bolle d’aria, intrappolate nel ghiaccio nel momento in cui si è formato, gli scienziati del clima possono misurare le concentrazioni di importanti gas a effetto serra come anidride carbonica e metano, riscontrando una chiara connessione: infatti, nei periodi in cui il clima terrestre è stato più freddo, in atmosfera si registrava una quantità decisamente inferiore di CO2 e metano rispetto ai periodi più caldi.
Tuttavia, i ricercatori non hanno ancora a disposizione campioni di ghiaccio delle ere precedenti per misurare la composizione dell’atmosfera nel periodo in cui il ritmo dell’alternanza tra periodi caldi e freddi cambiò in modo significativo. “Più di 1,2 milioni di anni fa, i cicli climatici fra glaciale e interglaciale avevano una durata di circa 40mila anni e seguivano le regolari oscillazioni dell’angolo dell’asse terrestre, tra 21.5° e 24.5°. È seguito poi un periodo di circa 300mila anni, la transizione del Pleistocene Medio, prima che 900mila anni fa iniziasse un ritmo della durata di circa 100mila anni”, aggiunge Barbante.
I paleo-climatologi conoscono questo fenomeno grazie alle ricerche sui sedimenti che si sono accumulati nei fondali oceanici. Queste analisi forniscono informazioni sulle temperature passate e sulle masse delle calotte polari che coprivano l’Antartico, la Groenlandia e, per un periodo, il Nord America e il Nord Europa. L’unico modo per ottenere dati diretti sull’atmosfera del passato, come la quantità di anidride carbonica e metano e sulle connessioni tra la presenza di questi gas e lo sviluppo del clima, è analizzare le bolle d’aria contenute nelle carota di ghiaccio.
“Per questo, dopo aver estratto i campioni di 800mila anni fa con EPICA, ci sono ragioni molto valide per cercare ghiaccio di un milione e mezzo d’anni fa”, conclude Carlo Barbante.
“Beyond EPICA – Oldest Ice permetterà ai ricercatori non solo di valutare le condizioni climatiche durante la transizione del Medio Pleistocene avvenuta intorno a 900mila anni fa, ma anche nel precedente periodo quando la ciclicità era di 40mila anni. Un altro aspetto da considerare è che il segnale chimico delle molecole intrappolate nel ghiaccio tende a deteriorarsi nel corso di diversi millenni, rendendo più difficili l’interpretazione del segnale climatico. Una maggiore risoluzione temporale, in cui in un metro di ghiaccio sono registrati 10-15mila anni, permetterà di mitigare il deterioramento del segnale climatico”, sottolinea la professoressa Barbara Stenni dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Con questo obiettivo, negli ultimi tre anni ricercatori di dieci paesi europei, supportati da colleghi di Australia, USA, Giappone e Russia, hanno cercato in Antartide il sito ideale per la perforazione. Utilizzando metodologie geofisiche indirette (radar) da aereo e sul terreno i ricercatori sono riusciti ad analizzare il ghiaccio sotto la superficie, anche con perforazioni fino a 450 metri di profondità, identificando “Little Dome C” come il miglior sito per fornire un archivio climatico continuo che vada indietro fino ad almeno un milione e mezzo di anni fa. “Abbiamo cercato un’area con una buona risoluzione temporale anche nelle parti più antiche, con una stratificazione ‘indisturbata’ dalla dinamica glaciale e che non stia fondendo alla base, nonostante il calore proveniente dall’interno della Terra e l’isolamento termico prodotto dallo spesso strato glaciale sovrastante”, spiega Massimo Frezzotti, ricercatore dell’ENEA che ha diretto le spedizioni di rilevamento a “Little Dome C”.
Se, come atteso, l’Unione Europea approverà la seconda fase del progetto, un team di esperti coordinati da Carlo Barbante attrezzerà un campo a “Little Dome C” a partire da dicembre 2019. I ricercatori dovranno vivere in container e tende durante le operazioni di perforazione, il cui inizio è programmato per il novembre 2021, con l’obiettivo di prelevare carote di 10 centimetri di diametro. Le operazioni continueranno per tre estati antartiche, da metà novembre a inizio febbraio, finché sarà raggiunta la profondità di 2.730 metri nel 2024. I primi dati dovrebbero essere disponibili nel 2025.