Dalla terapia genica una speranza per l’immunodeficienza SCID-X1: trattati 8 neonati e bambini, per la prima volta stanno producendo cellule immunitarie funzionali
Le malattie causate da mutazioni in singoli geni sono i candidati ideali per la terapia genica e l’immunodeficienza combinata grave legata all’X (SCID-X1) rientra in questa categoria. L’immunodeficienza è causata da una variante patogenetica del gene IL2RG, che si trova sul cromosoma X e serve a produrre la subunità gamma del recettore dell’interleuchina 2. Questa proteina è coinvolta nel funzionamento del sistema immunitario: i recettori contenenti la subunità gamma si trovano sulla superficie delle cellule staminali ematopoietiche nel midollo osseo. Associandosi ad altre proteine, fanno in modo che le cellule maturino fino a formare diversi sottotipi di linfociti (linfociti T, linfociti B e cellule natural killer) che servono a uccidere patogeni, produrre anticorpi e regolare il sistema immunitario.
La SCID-X1 è la forma più comune di SCID in Europa (circa il 50% dei casi) e l’incidenza è di circa 1 su 200.000 nati. La trasmissione è legata al cromosoma X e per questo motivo si manifesta solo nei maschi. Oltre all’elevata sensibilità alle infezioni, è caratterizzata da ritardo della crescita e diarrea cronica. Se non trattata, la SCID-X1 è quasi universalmente fatale nei primi due anni di vita: prima dell’introduzione dello screening neonatale (che purtroppo non viene fatto su tutti i neonati) e in assenza di casi in famiglia, i bimbi affetti sono continuamente infettati da patogeni che persistono nonostante i trattamenti convenzionali. Il trattamento standard per i pazienti è un trapianto di midollo osseo da fratelli o sorelle compatibili per fornirgli le cellule staminali ematopoietiche in grado di produrre cellule del sistema immunitario funzionanti. L’80% dei casi non ha possibilità di effettuare il trapianto. L’idea vincente sembrerebbe quella di correggere i geni nelle cellule staminali ematopoietiche dei pazienti stessi per risolvere il problema a monte.
In Europa, grazie al lavoro del gruppo guidato da Luigi Naldini all’Istituto San Raffaele-Telethon (SR-Tiget), dal 2016 è disponibile Strimvelis: la terapia genica per il deficit dell’enzima adenosina deaminasi (ADA-SCID), un’altra forma di SCID. Ma per la SCID-X1, fino ad oggi, non esisteva un trattamento di questo genere. Il trial clinico di Fase I/II , i cui importanti risultati sono stati pubblicati sul The New England Journal of Medicine , ha coinvolto due centri negli Stati Uniti (St. Jude Children’s Research Hospital e il UCSF Benioff Children’s Hospital) e otto bambini tra i 2 e i 14 mesi affetti da SCID-X1 che non avevano possibilità di fare il trapianto. Il trattamento sperimentale prevede l’inserimento di una copia normale del gene IL2RG nelle cellule ematopoietiche del paziente stesso. Più in particolare, le cellule staminali ematopoietiche del paziente vengono prelevate, un vettore virale (il virus dell’HIV ingegnerizzato e reso innocuo) viene utilizzato per veicolare il gene nelle cellule e, infine, le cellule vengono reinfuse nel paziente, il quale viene precedentemente sottoposto a chemioterapico a basso dosaggio per favorire la produzione di cellule sane. Dopo un’osservazione durata diversi mesi, è stato rilevato che nei 3-4 mesi successivi alla terapia genica, sette bambini su otto avevano prodotto un numero normale di cellule del sistema immunitario. L’ottavo bambino aveva pochi linfociti T, ma sono aumentati in seguito ad una seconda infusione. Inoltre, quattro bambini sono stati in grado di interrompere il trattamento con le immunoglobuline per via endovenosa e tre di questi hanno anche sviluppato risposte anticorpali alle vaccinazioni infantili. “I pazienti ormai non sono più neonati, rispondono alle vaccinazioni e hanno un sistema immunitario in grado di produrre tutte le cellule immunitarie di cui hanno bisogno per proteggersi dalle infezioni mentre esplorano il mondo e vivono una vita normale. Questo è il primo trattamento per i pazienti con SCID-X1”, afferma Ewelina Mamcarz, prima autrice dello studio e medico presso il Department of Bone Marrow Transplantation and Cellular Therapy.
Complessivamente, il trial ha avuto dei risultati molto positivi e la terapia genica sperimentale sembra essere sicura, anche se si sono presentati alcuni effetti collaterali attesi come ad esempio un basso numero di piastrine in seguito alla chemioterapia. I piccoli pazienti hanno sconfitto le infezioni presenti da prima della terapia e stanno crescendo normalmente. Nessuno ha sviluppato infezioni potenzialmente letali o la leucemia, effetto collaterale che si era presentato con la terapia genica precedente. “Anche se è necessario un follow-up più lungo per valutare eventuali effetti tardivi del trattamento, questi risultati suggeriscono che la maggior parte dei pazienti trattati con questa terapia genica svilupperà una risposta immunitaria duratura completa senza effetti collaterali”, ha detto il co-autore Mort Cowan, professore di pediatria e principal investigator del trial all’UCSF Benioff Children’s Hospital.