L’introduzione di farmaci innovativi anti-HER2 come trastuzumab e lapatinib hanno molto migliorato la prognosi delle donne con tumore al seno HER2 positivo
Uno degli obiettivi della ricerca oncologica è identificare biomarcatori di semplice utilizzo in grado di predire la risposta dei pazienti ai trattamenti antitumorali. Alcuni ricercatori dell’Istituto nazionale tumori di Milano hanno identificato nel sangue di pazienti con cancro al seno, positivo per il recettore HER2, piccole molecole di RNA. La presenza di queste molecole di RNA nel sangue sembra essere associata alla risposta alla terapia con farmaci comunemente utilizzati in questa malattia e diretti contro il recettore HER2. Il test, per ora puramente sperimentale, si basa su un semplice esame del sangue e i dati sono stati pubblicati su Clinical Cancer Research.
L’introduzione di farmaci innovativi anti-HER2, e in particolare la combinazione tra due di questi farmaci – trastuzumab e lapatinib – hanno molto migliorato la prognosi delle donne con tumore HER2 positivo. Non è detto, però, che tutte le pazienti abbiano bisogno di entrambi i farmaci: in alcuni casi potrebbe essere sufficiente il solo trastuzumab, con riduzione degli effetti collaterali e dei costi della terapia.
Per indagare meglio questa possibilità, una decina d’anni fa è stato avviato a livello internazionale un grande studio clinico. Scopo dello studio era verificare l’efficacia dell’associazione di chemioterapia classica e trastuzumab da solo rispetto a quando il farmaco viene usato in combinazione con lapatinib. Sono stati messi da parte dei campioni di sangue prelevati alle 455 pazienti partecipanti prima dell’inizio della terapia, dopo due settimane e a fine trattamento, ed è proprio su questi campioni che hanno lavorato i ricercatori milanesi, coordinati dall’oncologa Serena Di Cosimo e da Maria Grazia Daidone, direttrice del Dipartimento di ricerca applicata e sviluppo tecnologico dell’Istituto. L’obiettivo era identificare possibili biomarcatori di risposta al trattamento, e subito Daidone e colleghi hanno indirizzato il loro interesse verso i microRNA, piccole molecole con funzione regolatoria.
Con analisi rese possibili anche grazie al sostegno di AIRC, i ricercatori hanno analizzato tutti i microRNA noti al momento, individuando una serie di combinazioni che già a due settimane dall’inizio del trattamento predicevano la risposta delle pazienti. “Queste firme molecolari permettono di distinguere le donne per le quali è sufficiente l’associazione della chemioterapia con il solo trastuzumab da quelle per le quali è invece opportuna l’aggiunta di un secondo farmaco anti-HER2. Alcuni dati preliminari suggeriscono che possano avere anche valore prognostico” precisano Daidone e Di Cosimo. Prima di passare all’utilizzo clinico dei biomarcatori serviranno però ulteriori conferme da nuove ricerche.