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Venezuela: Guaidò lancia la rivolta di piazza, scontri per le strade

Caos e scontri in Venezuela dopo l'appello alla rivolta dell'autoproclamato presidente, Guaidò: “L’esercito è con noi, per la dittatura di Maduro è la fine”

Caos e scontri in Venezuela dopo l'appello alla rivolta dell'autoproclamato presidente, Guaidò: “L’esercito è con noi, per la dittatura di Maduro è la fine”

Caos e scontri in Venezuela dopo l’appello alla rivolta dell’autoproclamato presidente, Guaidò: “L’esercito è con noi, per la dittatura di Maduro è la fine”

Caos e scontri in Venezuela dopo l'appello alla rivolta dell'autoproclamato presidente, Guaidò: “L’esercito è con noi, per la dittatura di Maduro è la fine”

Tensione alle stelle e colpo di stato militare in vista in Venezuela dopo il messaggio lanciato da Juan Guaidò, leader dell’opposizione e autoproclamato presidente.

Una “lotta non violenta, nel rispetto della Costituzione, per il bene del Paese” in collaborazione con “le principali unità delle Forze armate del Venezuela, per porre fine all’usurpazione” sono state le parole di Guaidò, come riferisce l’Agenzia Dire (www.dire.it).

In un video diffuso su Twitter, Guaidò lancia un appello alla mobilitazione civile e militare per porre fine al governo di Nicolas Maduro, forte di quella parte “della comunità internazionale che ci sostiene”.

Il leader, dalla base militare de La Carlota, poco fuori Caracas, e all’alba, ha annunciato la “fase finale dell’operazione libertà”, un piano lanciato settimane fa per favorire la caduta del governo e una transizione pacifica nel Paese.

Nel video, alle spalle di Guaidò si vedono dei militari e dei blindati, nonché un altro noto volto dell’opposizione, Leopoldo Lopez, fino ad oggi agli arresti domiciliari.
Le Forze armate che avrebbero aderito all’iniziativa, prosegue Guaidò, “hanno preso la decisione corretta. Sono dalla parte giusta della storia”.

Secondo fonti di stampa concordanti, subito dopo il messaggio sono seguiti scontri tra l’esercito bolivariano e le frange fedeli a Guaidò, con lancio di gas lacrimogeni. L’emittente Cnn riferisce anche di spari uditi nei pressi della base militare, dove Guaidò e i suoi ancora si troverebbero.

Maduro smentisce

Il governo di Nicolas Maduro ha replicato all’iniziativa di Juan Guaidò denunciando un tentativo di colpo di Stato, sostenuto da forze straniere. Il ministro degli Esteri Jorge Arreaza ha puntato il dito in particolare contro il governo della Colombia.

Quindi, Caracas ha smentito che qualsiasi base militare sia caduta sotto il controllo degli insorti, neanche quella de La Carlota, in risposta a video e messaggi che circolano sul web che indicano che La Carloto e la base di Maracaibo sarebbero in mano ai disertori. Infine, l’esecutivo ha fatto appello alla popolazione a raggiungere il palazzo presidenziale di Miraflores, per manifestare la propria opposizione “al tentativo di golpe in corso”.

Gli USA a fianco di Guaidò

Intanto il segretario di stato americano Mike Pompeo ha espresso “il pieno sostegno degli Stati Uniti all’Operazione Libertà”, avviata dal “presidente ad interim, Juan Guaidò”. Washington “sostiene pienamente il popolo venezuelano nella sua richiesta di libertà e democrazia. La democrazia non può essere sconfitta”, il tweet di Pompeo.

In Venezuela, prostrato dagli effetti della recessione e dell’iperinflazione dal 2013, i partiti di destra da tempo chiedono le dimissioni del presidente Nicolas Maduro, ritenuto responsabile della crisi economica.

Maduro però alle presidenziali di maggio 2018 è stato riconfermato a larga maggioranza, ma le opposizioni hanno denunciato brogli e dichiarato illeggittimo il nuovo esecutivo. A gennaio Juan Guaidò, il presidente del Parlamento, citando alcuni articoli della Costituzione ha quindi assunto la carica di presidente ad interim, ottenendo il sostegno degli Stati Uniti e dell’Unione europea, ma spaccando i Paesi dell’America Latina. Le Nazioni Unite continuano invece a riconoscere la legittimità di Maduro. Secondo l’Agenzia Onu per i Rifugiati, dal 2014 oltre 3 milioni di venezuelani hanno lasciato il Paese per sfuggire alle difficoltà economiche.

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