Un’innovativa terapia anti-neuroinfiammazione consente di combattere lo stress che rischia di farci cadere in depressione
Esaurimento, spossatezza, sovraffaticamento e tensione: in una sola parola ‘stress’ che, se non trattato in modo adeguato, rischia di farci cadere in depressione. Uno stress grave e persistente potrebbe infatti scatenare processi neuroinfiammatori e quindi lo sviluppo di disordini depressivi. Ma un’innovativa terapia anti-neuroinfiammazione, in grado di agire sul controllo delle alterazioni del sistema nervoso e del connesso stress ossidativo localizzato, promette risultati incoraggianti per contrastare le patologie di natura non solo neurodegenerativa ma anche neuropsichiatrica.
“Oggi il coinvolgimento del processo neuroinfiammatorio è dimostrato tanto nelle malattie neurodegenerative che nelle patologie neuropsichiatriche – spiega Salvatore Cuzzocrea, professore ordinario di Farmacologia all’Università di Messina all’Agenzia Dire (www.dire.it) – L’ipotesi è anche avallata dall’esistenza di un’elevata comorbidità della depressione con le malattie croniche, ad esempio quelle cardiache, condizioni in cui i processi neuroinfiammatori sono noti giocare un ruolo fondamentale. In particolare, studi hanno dimostrato che nei pazienti affetti da schizofrenia, disturbo bipolare e depressione maggiore, che comportano una maggiore compromissione e gravità in ambito psichiatrico, esiste un’alterazione generale dei parametri neuroinfiammatori sia in relazione alla patologia sia rispetto alla sintomatologia e alle caratteristiche morfofunzionali del cervello”.
“Le alterate risposte neuroinfiammatorie presenti nella depressione maggiore possono essere scatenate non solo da stimoli patogeni ma anche dai processi conseguenti a grave o persistente stress- prosegue l’esperto- C’è ormai un generale consenso nel ritenere lo stress psicosociale un fattore precipitante la comparsa della sintomatologia depressiva. Inoltri fattori psicosessuali possono creare un’attivazione cronica dello stress con attivazione del sistema immunitario, iperproduzione di citochine pro-infiammatorie, dolore psicoemotivo con somatizzazioni, e depressione. Stimoli infiammatori e stress possono, dunque, attivare processi di disregolazione di fattori trofici, causando depressione, malattie cardiache, diabete e depressione post-stroke, condizioni che presentano un’elevata comorbidità con la depressione maggiore”.
Sebbene la depressione maggiore non possa essere annoverata tra le malattie primariamente neuroinfiammatorie, lo sviluppo di nuove terapie o di adiuvanti alle terapie esistenti non possono non tener conto della presenza dei processi infiammatori tra le caratteristiche fondamentali della malattia. “In particolare – afferma Cuzzocrea – potrebbero essere promettenti terapie volte a normalizzare l’attività delle cellule immunitarie che pilotano i processi neuroinfiammatori, come i mastociti e la microglia e a regolare i livelli di fattori trofici, prevenendo i danni neuronali e promovendo l’omeostasi intersistemica che è alla base della corretta percezione degli stimoli stressogeni e del dolore secondario all’infiammazione”.
Qual è allora l’approccio terapeutico per controllare e contrastare i processi neuroinfiammatori? “Un importante ruolo di modulazione della neuroinfammazione è svolto dal sistema endocannabinoide. PEALut (palmitoiletanolamide co-ultramicronizzata con Luteolina), un ultramicrocomposito che fonde l’attività antinfiammatoria della PEA con quella antiossidante della luteolina, è in grado di agire sulla neuroinfiammazione a favore della neuroprotezione e sul connesso stress ossidativo localizzato, alla base, secondo gli esperti, dell’insorgenza di importanti patologie del sistema nervoso centrale. La molecola modula l’interazione tra le cellule non neuronali disregolate, mastociti, microglia e astrociti, prevenendo il danno neuronale e ritardando l’esordio della patologia”.