Un lavoro pubblicato su Clinical Rheumatology ha evidenziato che i pazienti con gotta hanno un rischio raddoppiato di diagnosi di dolore cronico
Un lavoro pubblicato su Clinical Rheumatology ha evidenziato che i pazienti con gotta hanno un rischio raddoppiato di diagnosi di dolore cronico. Gli autori sottolineano la necessità di un controllo ottimale della malattia con un approccio treat-to-target che può ridurre anche il rischio di dolore cronico. La gotta è la forma più frequente di artrite infiammatoria e si verifica spesso come riacutizzazioni intermittenti. In questo studio i ricercatori hanno cercato di determinare se esistesse un’associazione tra gotta e dolore cronico.
Nello studio è stato esaminato un campione casuale rappresentativo del database americano Medicare (5% dei dati contenuti) tra il 2006 e il 2012. La presenza della patologia al basale era la variabile indipendente e l’insorgenza di nuovo dolore cronico era la variabile dipendente e l’esito primario.
Sono stati calcolati i tassi di incidenza grezza per nuove diagnosi di dolore cronico ed è stata eseguita un’analisi di regressione multivariata di Cox, adattandosi ai dati demografici, alla comorbilità (utilizzando l’indice Charlson-Romano) e all’uso di farmaci per la gotta o cardiovascolare (modello 1). Sono state condotte analisi di sensibilità per tenere conto della presenza di comorbidità raggruppate (modello 2) e individuali (modello 3).
Di 1.321.521 partecipanti idonei (età media, 75,2 anni, 54,7% donne, 85,5% bianchi), 424,518 individui (32,1%) sono stati diagnosticati con dolore cronico al follow-up, portando a tassi di incidenza crudi di 158,1 e 64,5 per 1000 persone-anno in pazienti con e senza questa patologia, rispettivamente.
Nel modello 1, il rischio di dolore cronico di nuova insorgenza nei pazienti con gotta era due volte più alto che nei pazienti senza gotta (hazard ratio [HR], 2,02, IC 95% 1,98-2,05 p<0,0001).
Nelle analisi di sensibilità, il rischio di dolore cronico era leggermente inferiore ma ancora elevato con vs senza gotta in entrambi i modelli 2 (HR, 1,96, IC 95%, 1,93-1,99, p<0,0001) e modello 3 (HR 1,77; 95 % CI, 1.74-1.80; p<0,0001).
Le analisi dei sottogruppi non hanno rivelato differenze significative associate al genere o alla razza. Nei partecipanti più anziani (cioè di età> 85 anni) con gotta, vi era una minore riduzione del rischio di dolore cronico (HR, 1,75, IC 95%, 1,67-1,85, p<0,0001) rispetto ai soggetti più giovani con gotta. Nel modello 1, l’uso di allopurinolo (HR, 0,79, IC 95%, 0,77-0,82, p<0,0001) o febuxostat (HR, 0,72, IC 95%, 0,56-0,92, p=0,009) era associato a un minor rischio di dolore cronico incidente in soggetti con gotta.
I punti di forza dello studio comprendono un’ampia dimensione del campione, popolazione rappresentativa, risultati robusti e attenzione a una domanda clinicamente rilevante. I limiti dello studio comprendono una potenziale distorsione da errata classificazione, non generalizzabilità per individui di età inferiore a 65 anni, l’uso di un approccio diagnostico non specifico e una sottostima della prevalenza dell’obesità.
Gli autori hanno concluso: “Devono essere fatti degli sforzi per ottimizzare il controllo della gotta, in modo che il dolore cronico possa essere evitato come una sequela a lungo termine della gotta e quando presente, trattata precocemente e in modo appropriato”.