Studio evidenzia l’importanza della prescrizione di farmaci antipertensivi nel contesto della prevenzione del declino cognitivo associato all’ipertensione stessa
I risultati di uno studio pubblicato online sul “Journal of Alzheimer’s Disease” evidenziano l’importanza della prescrizione di farmaci antipertensivi nel contesto della prevenzione del declino cognitivo associato all’ipertensione stessa, anche se sono necessari ulteriori studi per ottenere una migliore comprensione dei farmaci associati a un ridotto rischio di demenza.
Lo sostengono Jens Bohlken, dell’Istituto di Medicina Sociale, Salute Occupazionale e Salute Pubblica (ISAP) della Facoltà di Medicina dell’Università di Lipsia (Germania). Varie sperimentazioni cliniche indicano quali effetti ci si possono attendere da programmi di intervento standardizzati sulla base di prove esistenti, premettono gli autori. Poco si sa invece sul modo in cui tali programmi possono essere implementati nella pratica assistenziale reale.
Da verificare se la prescrizione possa tardare l’insorgenza del declino cognitivo
Tuttavia, potrebbe essere possibile utilizzare i dati della pratica clinica per valutare il potenziale delle prescrizioni di farmaci per ritardare o ridurre lo sviluppo della demenza. Di qui l’obiettivo del presente studio, ovvero quello di indagare la relazione tra l’uso di farmaci antipertensivi e la demenza negli anziani seguiti in medicina generale in Germania.
«Dopo un’altra battuta d’arresto per la strategia anti-amiloide, la prevenzione della demenza sta diventando sempre più un’area di interesse» spiegano Bohlken e colleghi. «In considerazione di ciò, il nostro compito più importante è trovare terapie esistenti associate a una riduzione del rischio di demenza o almeno un allungamento del tempo prima dell’insorgenza della demenza».
Questo studio si è basato su dati del Disease Analyzer database (IQVIA), che raccoglie prescrizioni di farmaci, diagnosi e dati medici e demografici al basale ottenuti direttamente e in forma anonima da sistemi informatici utilizzati negli ambulatori di medici di medicina generale e specialisti.
Metodi e risultati dello studio
Sono stati inclusi pazienti con valori documentati di pressione arteriosa e una diagnosi iniziale di demenza per tutte le cause in 739 ambulatori di medicina generale in Germania tra gennaio 2013 e dicembre 2017 (data indice). I criteri di inclusione erano i seguenti: età di 60 anni alla data indice, tempo di osservazione di almeno 12 mesi prima della data indice e diagnosi di ipertensione prima della data indice.
Dopo aver applicato criteri di inclusione simili, i casi di demenza sono stati abbinati ai controlli non dementi utilizzando punteggi di propensione basati su età, genere, anno indice e co-diagnosi (per es. diabete mellito, iperlipidemia, ictus comprendente attacco ischemico transitorio, cardiopatia ischemica, depressione, danno intracranico, morbo di Parkinson, osteoporosi ed epilessia).
Per i controlli, la data indice era quella di una visita selezionata in modo casuale tra gennaio 2013 e dicembre 2017. Il principale esito dello studio era l’incidenza della demenza in funzione dell’uso di farmaci antipertensivi (ossia diuretici, beta-bloccanti, calcio-antagonisti, inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina [ACE-inibitori] e bloccanti del recettore dell’angiotensina II [ARB]).
Sono stati impiegati tre modelli di regressione logistica per studiare l’associazione tra l’uso di farmaci antipertensivi e l’incidenza della demenza dopo aggiustamento per la pressione arteriosa (primo modello: sempre vs mai usati; secondo modello: 3 vs < 3 anni di terapia; terzo modello: 5 vs
L’uso di ARB (odds ratio [OR] da 0,74 a 0,79), ACE-inibitori (OR da 0,85 a 0,88), calcio-antagonisti (OR da 0,82 a 0,89) e beta-bloccanti (OR = 0,88) era associato a una diminuzione dell’incidenza di demenza. Nei pazienti trattati con calcio antagonisti, inoltre, l’aumento della durata del trattamento ha ridotto l’incidenza della demenza.
Prospettive di ricerca, pro e contro
«La sola terapia antipertensiva non può garantire che la demenza non si verificherà mai» osserva il senior author Karel Kostev, del Dipartimento di Epidemiologia dell’IQVIA. «Tuttavia, questi risultati evidenziano l’importanza della prescrizione di farmaci antipertensivi nel contesto della prevenzione del declino cognitivo associato all’ipertensione».
Gli autori dello studio osservano inoltre che «sono necessari ulteriori studi per ottenere una migliore comprensione dei farmaci associati a un ridotto rischio di demenza. Abbiamo in programma di studiare il ruolo degli ipolipemizzanti, degli antidepressivi e ulteriori farmaci in futuro».
Lo studio è soggetto ad alcuni limiti, poiché i pazienti nello studio avevano 60 anni o più e questo criterio di inclusione era necessario per identificare la demenza. Tuttavia, ricerche precedenti hanno dimostrato che è importante per una strategia di prevenzione correlata al ciclo di vita iniziare un trattamento antipertensivo in giovane età.
Inoltre, mancavano anche dati su fattori dello stile di vita dei pazienti, inclusi il fumo e l’attività fisica, l’istruzione e il lavoro. I punti di forza del lavoro erano il numero di pazienti disponibili per l’analisi, che ha permesso l’uso di un disegno caso-controllo, e l’uso di dati reali, con diagnosi e farmaci diversi disponibili per l’analisi.