Nei pazienti con prediabete dieta e attività fisica hanno dato esiti molto positivi e sovrapponibili sul rallentamento dello sviluppo del diabete di tipo 2
Nei pazienti con prediabete, due diversi approcci dietetici abbinati a due differenti regimi di attività fisica per la gestione del peso hanno dato esiti molto positivi e sovrapponibili sul rallentamento dello sviluppo del diabete di tipo 2, secondo quanto emerso dall’ampio studio internazionale PREVIEW in attesa di pubblicazione e presentato al congresso dell’American Diabetes Association (ADA) 2019 che si è svolto a San Francisco.
I ricercatori hanno voluto esaminare l’impatto di quattro approcci sulla stile di vita, frutto della combinazione di due regimi dietetici, ossia alto apporto proteico/basso indice glicemico o medio apporto proteico/medio indice glicemico, con due programmi di attività fisica, ovvero alta intensità/breve durata o intensità moderata/lunga durata.
«Da un certo punto di vista è un fallimento, ma dall’altro è un successo fantastico», ha detto Ian MacDonald dell’Università di Nottingham durante la sua relazione al congresso. «Con qualsiasi combinazione di perdita iniziale di peso seguita da una fase di mantenimento con due diversi approcci dietetici ed esercizio fisico, solo il 4% dei partecipanti ha sviluppato il diabete di tipo 2 nell’arco di 3 anni».
Lo studio PREVIEW
Con 2233 pazienti arruolati provenienti da centri in Europa e in Australia, lo studio PREVIEW è il più grande trial multinazionale che ha valutato la prevenzione del diabete di tipo 2 negli adulti attraverso un regime di esercizio fisico e dieta. Lo studio è iniziato nel 2013 e ha sottoposto i pazienti ai quattro approcci sullo stile di vita per 34 mesi.
I ricercatori hanno lavorato su un’ipotesi determinata dai risultati dello studio DiOGenes, ossia che una dieta ad alto contenuto proteico/basso indice glicemico combinata con un periodo iniziale di perdita di peso sarebbe più efficace di una dieta a medio contenuto proteico/medio indice glicemico anch’essa combinata con un periodo iniziale di perdita di peso nel prevenire lo sviluppo del diabete nei pazienti a rischio. Hanno anche cercato di comprendere il beneficio dell’attività fisica ad alta intensità/breve durata rispetto all’attività fisica a intensità moderata/lunga durata sempre per lo stesso esito.
I partecipanti sono stati reclutati in base all’indice di massa corporea (BMI) e ad altri componenti del Finnish Diabetes Risk Score. Il prediabete è stato definito valutando i livelli di glucosio plasmatico a digiuno e due ore dopo il test OGTT (oral glucose tolerance test).
Sono stati poi randomizzati e stratificati in base a età (25-45, 46-54, 55-70 anni) e genere, per essere assegnati in modo sequenziale a ciascuno dei 4 bracci di intervento. Lo studio prevedeva una fase iniziale di calo ponderale della durata di due mesi che richiedeva ai pazienti di perdere l’8% del loro peso corporeo per poter proseguire alla fase successiva, che prevedeva uno dei 4 diversi programmi di dieta/esercizio fisico fino alla fine dello studio, nel gennaio 2019.
Le aspettative iniziali erano che, dopo la perdita di peso iniziale, una dieta di mantenimento standard (medie proteine/medio indice glicemico) più un programma di attività fisica potesse essere associata a un’incidenza di diabete a tre anni del 15,8%, mentre una dieta di mantenimento ad alto contenuto proteico e basso indice glicemico potesse ridurre l’incidenza al 10,5%.
Risultati sovrapponibili con tutti le combinazioni
All’endpoint sono rimasti nello studio 962 pazienti, per un numero totale di sole 62 diagnosi di diabete di tipo 2, corrispondenti a un’incidenza del 4% in tutti i gruppi di trattamento a 3 anni.
Nonostante le ipotesi degli sperimentatori non si siano verificate e non sia emersa nessuna differenza significativa tra le diete e i programmi di esercizio fisico, la prevenzione del diabete nel 96% dei pazienti ritenuti a rischio è stata considerata un successo dagli autori.
Nel tentativo di motivare il successo del programma con entrambi gli approcci, MacDonald ha osservato che il 35% dei pazienti che inizialmente avevano perso almeno l’8% del peso corporeo non erano più considerati prediabetici. «E dopo 3 anni, non lo erano più anche il 18,5% di coloro che avevano completato il programma. Questo è un risultato, almeno per quanto riguarda questo programma di intervento» ha detto.
Per meglio valutare l’andamento del glucosio a digiuno tra i pazienti che, in media, si riduceva molto rapidamente durante la fase di perdita di peso, per poi aumentare gradualmente nei successivi 3 anni, i ricercatori ritengono che forse siano necessari studi più a lungo termine.