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Alzheimer: errori di pronuncia possibile sintomo

Per la prima volta in 20 anni, la Fda ha concesso la piena approvazione a un farmaco, il lecanemab, per il trattamento della malattia di Alzheimer

Alzheimer: tra parole pronunciate male o piccoli errori lessicali potrebbero nascondersi i primissimi sintomi secondo una ricerca

E’ tra parole pronunciate male o piccoli errori lessicali che potrebbero nascondersi i primissimi sintomi dell’Alzheimer. A sostenerlo è uno studio realizzato da un gruppo di ricercatori dell’Alma Mater di Bologna, in collaborazione con l’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, pubblicato sulla rivista “Frontiers in aging neuroscience”, che è andato a leggere tra le righe del linguaggio per intercettare i primi segnali dell’insorgere della malattia.

LA RICERCA

Gli scienziati, riferisce l’Agenzia Dire (www.dire.it) hanno messo a punto uno studio clinico che ha coinvolto 96 persone, una parte dei quali presentavano segni di deterioramento cognitivo lieve, una condizione che può precedere l’Alzheimer.

Durante l’esperimento, a ogni partecipante è stato chiesto di descrivere a parole prima i dettagli di un’immagine, poi una loro tipica giornata di lavoro e infine l’ultimo sogno che ricordavano. Le risposte sono state poi analizzate con tecniche automatiche di elaborazione del linguaggio, andando a esaminare dettagli come il ritmo e il suono delle parole, l’uso del lessico e della sintassi.

Confrontando le risposte delle persone con lievi disturbi con quelle dei soggetti sani, i ricercatori hanno trovato segnali deterioramento cognitivo che i test convenzionali non sono in grado di identificare. Il che potrebbe spalancare le porte a un nuovo metodo (più efficace) di diagnosi precoce del morbo.

“Con il nostro lavoro- spiega Laura Calzà, docente dell’Università di Bologna che ha guidato lo studio- siamo riusciti a dimostrare che nel linguaggio parlato dei pazienti con deterioramento cognitivo lieve sono presenti specifiche alterazioni che, pur non essendo riconosciute dai test neuropsicologici di uso clinico, possono essere catturate da strumenti di analisi dei tratti linguistici”.

Questa scoperta potrebbe essere usata non solo per l’Alzheimer, aggiunge Enrico Ghidoni, neurologo dell’Arcispedale di Reggio Emilia, ma anche per riconoscere “sintomi cognitivi in malattie croniche o trattamenti farmacologici inappropriati, condizioni che sono spesso reversibili”.

GLI OBBIETTIVI FUTURI

Il prossimo passo, dunque, sarà continuare le analisi in questa direzione, con l’obiettivo di mettere a punto un vero e proprio strumento per effettuare diagnosi precoci. “La nostra sfida ora- spiega Fabio Tamburini, linguista computazionale dell’Alma Mater di Bologna- è arrivare a costruire strumenti automatici a basso costo da distribuire sul territorio, ai medici di base. In questo modo sarà possibile fare screening su vasta scala alla ricerca dei primissimi segni di difetti cognitivi”.

COS’E’ IL MORBO DI ALZHEIMER

Il morbo di Alzheimer è una malattia incurabile, che provoca il declino progressivo sia della memoria sia delle funzioni cognitive. Nel suo stato più acuto, i malati arrivano alla perdita completa dell’autonomia. Prima di manifestarsi, però, l’Alzheimer attraversa una fase che può durare diversi anni, a volte anche decenni. Un periodo durante il quale i sintomi sono minimi, ma la malattia è già al lavoro causando danni al cervello che porteranno poi all’insorgere dei disturbi tipici della cosiddetta “demenza”. Per questo, individuare per tempo i primi segnali della presenza dell’Alzheimer diventa fondamentale per rispondere in modo efficace alla malattia fin da subito.

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