Sindrome tunnel carpale: nuove evidenze su rischio amiloidosi


Sindrome del tunnel carpale: uno studio danese conferma la forte associazione tra la patologia e il rischio di futura diagnosi di amiloidosi

Sindrome del tunnel carpale: uno studio danese conferma la forte associazione tra la patologia e il rischio di futura diagnosi di amiloidosi

Un ampio studio danese basato sulla popolazione – pubblicato online sul “Journal of American College of Cardiology” – aggiunge nuove prove a sostegno di una forte associazione tra la sindrome del tunnel carpale (STC) e il rischio di futura diagnosi di amiloidosi. Oltre a una maggiore incidenza di insufficienza cardiaca, i pazienti studiati presentavano anche tassi aumentati di altri eventi cardiovascolari (CV) rispetto agli individui senza STC.

Parola d’ordine: prevenzione

«Potremmo ‘mancare’ una grossa porzione di pazienti che hanno la forma più comune di amiloide cardiaca, l’amiloidosi da transtiretina [TTR] wild type» rileva uno dei coautori, Mathew S. Maurer, del Columbia University Irving Medical Center di New York, NY). In questo senso «questi dati sono intriganti, utili e suggeriscono che dobbiamo perfezionare ulteriormente qual è il giusto approccio di screening e che abbiamo bisogno di studi per capirlo».

Van-Khue Ton, dell’University of Maryland School of Medicine di Baltimora, e colleghi rilevano che, in un solo recente piccolo studio, fino al 10% dei pazienti sottoposti a CTS aveva evidenze di depositi di TTR nei loro tessuti tenosinoviali, suggerendo «che i medici dovrebbero prestare attenzione al segnale di avvertimento della sindrome del tunnel carpale come una “red flag” di amiloidosi TTR».

«La sindrome del tunnel carpale in pazienti selezionati può servire come segnale di allarme precoce molti anni prima dell’inizio dell’amiloidosi cardiaca, dando ai medici ampie opportunità di screenare e monitorare lo sviluppo dell’amiloide» scrivono Ton e colleghi.

Maggiore incidenza di AF, blocco AV e necessità di impianto di pacemaker
Gli autori, guidati da Emil L. Fosbøl, dell’Ospedale Universitario di Copenhagen-Rigshospitalet (Danimarca), hanno esaminato dati di 56.032 pazienti tratti dai registri nazionali danesi sottoposti a chirurgia di rilascio del tunnel carpale (CTS) e li hanno confrontati con un numero simile di individui abbinati per età e genere dalla popolazione generale. I pazienti sottoposti a CTS avevano un rischio elevato di diagnosi futura di amiloidosi (HR 12,12; IC al 95% 4,33-33,60), con un tempo mediano dalla chirurgia alla diagnosi di 3,1 anni.

Inoltre, i pazienti con CTS avevano un’incidenza più elevata di insufficienza cardiaca a 10 anni rispetto ai controlli (5,3% vs 3,2%), con un tempo mediano dalla chirurgia alla diagnosi di 3,7 anni. Altri esiti, tra cui la fibrillazione atriale (AF), il blocco atrioventricolare e l’impianto di un pacemaker/defibrillatore cardioverter, erano tutti più elevati nel gruppo CTS. L’incidenza cumulativa di mortalità, tuttavia, era simile in entrambi i gruppi.

Ton e colleghi osservano che, sebbene il tasso di diagnosi di amiloidosi fosse più alto nel gruppo CTS, il rischio assoluto era estremamente basso: 0,1% contro lo 0,006% a 10 anni e molto più basso del 10% riportato in un altro studio recente. Osservano inoltre che rimangono molte domande senza risposta, tra cui se tutti i pazienti con STC debbano essere testati per amiloide tenosinoviale ed essere ulteriormente sottoposti a screening per le varianti genetiche di transtiretina (TTR) e l’amiloide cardiaca se positivi.

Gli autori sostengono che la spiegazione per il basso tasso di amiloidosi in questo studio potrebbe semplicemente risiedere nelle “persone che non lo cercano”, fornendo ancora più impulso verso uno screening appropriato.

Depositi di transtiretina e screening: un problema?

Di recente è stato approvato da EMA, AIFA e FDA tafamidis per il trattamento della cardiomiopatia amiloide TTR. Secondo gli autori, data l’efficacia del farmaco quando è somministrato precocemente «non vi è dubbio che nei position paper o nelle linee guida tra 10 anni da ora ci sarà un approccio all’accertamento attivo” nei pazienti con STC. Le vere domande da porsi – aggiungono Fosbøl e colleghi – sono: che aspetto ha? Qual è il modo più costo/efficace per esaminare le persone e quali saranno i fattori scatenanti?

Poiché lo studio danese ha valutato solo pazienti sottoposti a CTS e presumibilmente con sintomi gravi, gli autori aggiungono che la vera incidenza di amiloidosi nella popolazione complessiva delle persone con STC non è chiara, complicando ulteriormente le questioni relative allo screening.

Ton e colleghi sottolineano che la scintigrafia ossea è uno strumento altamente sensibile, ma «potrebbe non essere utile nelle prime fasi della malattia, quando la deposizione di amiloide miocardica è minima. Anche la risonanza magnetica cardiaca e l’ecocardiografia potrebbero non essere abbastanza sensibili». Ci si chiede se in caso di sospetto di cardiomiopatia amiloide precoce ogni paziente debba essere sottoposto a biopsia endomiocardica. E se vi bisogno di sviluppare nuove tecniche di imaging con traccianti migliori che si leghino specificamente alle fibrille TTR.

Maurer è attualmente ricercatore capo di uno studio su 800 pazienti finanziato dall’US National Heart, Lung, and Blood Institute per lo screening dell’amiloide in popolazioni di minoranza con insufficienza cardiaca utilizzando l’imaging con Tc99m-PYP. Ha detto che alla fine ciò potrebbe portare allo sviluppo di un algoritmo di rischio per aiutare a predire chi dovrebbe essere testato e trattato, e potrebbe anche gettare più luce sul ruolo STC come fattore predittivo.

Al momento non è chiaro se lo screening sia conveniente, spiega Maurer. Tutti hanno la convinzione che la STC sia una red flag ma molte persone colpite da STC non hanno l’amiloide. Inoltre, osserva, non esiste al momento alcuna giustificazione per screenare tutti i pazienti con STC. «Al momento» rileva «il tunnel carpale insieme alla sindrome da insufficienza cardiaca, allo spessore della parete cardiaca o al rapporto voltaggio/massa su ECG o un’ecografia anormale» iniziano a formare un quadro di rischio potenziale, afferma Maurer. Si tratta di studi in corso.