Il carcinoma a cellule di Merkel è una forma rara e aggressiva di cancro cutaneo che ogni anno in Europa colpisce circa 2.500 nuovi pazienti
Non solo melanoma. Non tutti sanno che l’eccessiva esposizione al sole, tipica di questa stagione, è associata anche ad un altro tipo di tumore della pelle: il carcinoma a cellule di Merkel (MCC, Merkel Cell Cancer). Si tratta di una forma rara e aggressiva di cancro cutaneo che ogni anno in Europa colpisce circa 2.500 nuovi pazienti. Fondamentale, sia nella diagnosi sia nel trattamento, è un approccio multidisciplinare che preveda il coinvolgimento di medici chirurghi, dermatologi, oncologi, anatomopatologi e chirurghi plastici.
Proprio al fine di promuovere per la prima volta un confronto costruttivo e informativo tra le diverse discipline coinvolte nella diagnosi, gestione e trattamento dell’MCC, Merck ha voluto organizzare l’evento formativo “Primus” che si è tenuto sabato 6 luglio presso il Palazzo della Salute di Padova. L’incontro ha avuto anche l’obiettivo di delineare lo scenario attuale dei bisogni terapeutici dei pazienti e il ruolo degli specialisti nella diagnosi e trattamento dell’MCC.
Quaranta volte più raro del melanoma, l’MCC risulta purtroppo fatale in circa 1 paziente su 3: una forma di cancro quindi che, pur non essendo diffusa come altre patologie oncologiche, il più delle volte ha un esito sfavorevole. “Il carcinoma a cellule di Merkel si manifesta con un nodulo cutaneo indolore di colore rosa, rosso o bluastro che potrebbe rompersi e sanguinare”, afferma il Prof. Paolo Ascierto, Direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Nazionale Tumori Fondazione G. Pascale di Napoli. “Si tratta di un tumore insidioso la cui diagnosi risulta difficile dal momento che spesso viene confuso con altre patologie di origine dermatologica. Purtroppo le difficoltà nella diagnosi facilitano la sua rapida diffusione in altre parti del corpo con la comparsa di metastasi, rendendolo quindi più difficile da trattare, con una prognosi infausta”.
Ogni anno vengono diagnosticati in Europa e negli Stati Uniti circa 5.000 nuovi casi di carcinoma a cellule di Merkel. Di questi tra il 5 e il 12% sviluppa una malattia metastatica. “Il trattamento della fase avanzata si è molto evoluto negli ultimi anni”, dichiara il Prof. Michele Maio, Direttore del Centro di Immuno-Oncologia e dell’Unità Operativa Complessa di Immunoterapia Oncologica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese. “Si è passati dalla chemioterapia, unica opzione terapeutica fino a qualche tempo fa, nonostante un’efficacia solo nel breve termine, all’immunoterapia che ha permesso di raggiungere risultati importanti, grazie al potenziamento della capacità del sistema immunitario di riconoscere e distruggere le cellule tumorali. L’immunoterapia rappresenta senza dubbio un’importante innovazione terapeutica in oncologia, in generale, e nel carcinoma a cellule di Merkel, in particolare”.
Al centro dell’incontro scientifico, le diverse opzioni di trattamento. Tra queste, si è discusso delle caratteristiche di avelumab, un anticorpo monoclonale inibitore della proteina PD-L1 completamente umano, recentemente approvato in Italia dall’AIFA per il trattamento in monoterapia dei pazienti con MCC metastatico. Nell’ambito dello studio internazionale multicentrico di Fase II, Javelin Merkel 200, sono stati mostrati notevoli vantaggi terapeutici e avelumab ha mostrato un’efficacia significativa e una risposta protratta nel tempo.
Gli esperti si sono confrontati quindi sull’expertise maturata nei propri centri relativamente all’uso del trattamento nei pazienti affetti da MCC metastatico. Tutto questo avvenuto in un ambiente didattico multimediale e interattivo, basato sulla metodologia didattica CELL (Centre for Experential Learning), realizzata da QBGROUP, che favorisce la formazione in spazi e contesti di simulazione clinica, in grado di promuovere la partecipazione attiva dei medici coinvolti durante l’aggiornamento professionale, attraverso la creazione di un’offerta formativa ed esercitazioni in piccoli gruppi che prevedono la fruizione diretta e interattiva di casi clinici in real time.
“Attraverso un evento formativo come Primus confermiamo il nostro impegno a collaborare con i professionisti della salute per favorire l’avanzamento della ricerca scientifica e la condivisione e diffusione di best practice nella pratica clinica”, ha dichiarato Antonio Messina, a capo del business biofarmaceutico di Merck in Italia. “Per raggiungere questi obiettivi abbiamo puntato su una metodologia didattica altamente innovativa, fondata sull’esperienzialità e sull’utilizzo del digitale. Un approccio che è pienamente in linea con la cultura Merck, improntata alla curiosità ed alla voglia di sperimentare continuamente soluzioni nuove per fare una concreta differenza nella vita delle persone”.