Nei pazienti con diabete di tipo 2 e malattia renale cronica, canagliflozin ha comportato un minor rischio di insufficienza renale ed eventi cardiovascolari senza effetti collaterali gravi
Nei pazienti con diabete di tipo 2 e malattia renale cronica, l’inibitore SGLT-2 canagliflozin ha comportato un minor rischio di insufficienza renale ed eventi cardiovascolari senza effetti collaterali gravi. I risultati aggiornati dello studio CREDENCE sono stati presentati al congresso dell’American Diabetes Association (ADA) 2019 a San Francisco, in California.
Secondo una stima dei Centers for Disease Control and Prevention, il 38% delle cause segnalate di malattia renale allo stadio terminale (ESKD) negli Stati Uniti è dovuta al diabete.
I risultati primari dello studio CREDENCE (Canagliflozin and Renal Outcomes in Type 2 Diabetes and Nephropathy) erano stati presentati lo scorso aprile al congresso della International Society of Nephrology (ISN) e pubblicati simultaneamente sul New England Journal of Medicine. Alla luce di quanto pubblicato, l’American Diabetes Association ha appena aggiornato 2 sottosezioni dei suoi Standards of Medical Care in Diabetes.
Dopo un follow-up mediano di 2,5 anni, lo studio è stato interrotto precocemente perché nei pazienti trattati con canagliflozin rispetto al placebo in aggiunta alla terapia standard risultava una percentuale inferiore del 30% dell’outcome primario composito, ovvero un raddoppio della creatinina sierica, malattia renale allo stadio terminale (che richiede dialisi o trapianto di rene), morte per causa renale o cardiovascolare.
I dati aggiornati dello studio
La nuova analisi presentata all’ADA mostra che in questi pazienti con diabete di tipo 2 e malattia renale cronica (CKD), l’uso di canagliflozin ha comportato «consistenti e robuste riduzioni del rischio di esiti renali e cardiovascolari nei gruppi di prevenzione primaria e secondaria» ha riassunto Meg Jardine della University of New South Galles, Sydney, Australia.
«Ci siamo concentrati su una popolazione di pazienti ad alto rischio di progressione della malattia renale», ha detto, aggiungendo che «questo è il primo studio a mostrare un beneficio negli outcome primari in persone con diabete e malattia renale cronica che non hanno mai avuto un precedente evento cardiovascolare».
Adesso canagliflozin è la prima nuova opzione di trattamento in 18 anni per i pazienti con diabete di tipo 2 che sono a rischio di peggioramento della CKD. «Ne avevamo bisogno», ha sottolineato Jardine. «In questi pazienti iniziamo sempre con un inibitore del recettore dell’angiotensina o un ACE-inibitore, ma oltre questo non avevamo nient’altro da offrire ai pazienti. Ora abbiamo a disposizione qualcosa in più».
E quest’ultima analisi mostra che il farmaco può ridurre gli esiti cardiovascolari e renali nelle persone con diabete di tipo 2 e CKD, indipendentemente dalla loro precedente storia malattia cardiovascolare, ha ribadito.
Commentando i nuovi dati, Robert Eckel dello University of Colorado Anschutz Medical Campus, ha detto che «il fatto rilevante è che la dose più bassa di canagliflozin (100 mg invece di 300 mg) ha avuto un impatto piuttosto importante sui risultati nelle persone con malattia renale moderatamente avanzata. Almeno in termini di risultato composito combinato di eventi renali e cardiovascolare e di progressione della malattia renale, gli esiti sono incredibilmente rilevanti».
È anche rassicurante, ha aggiunto, che non ci sia stato nessun aumento di amputazioni o fratture ossee con canagliflozin rispetto al placebo, dato che in altri studi era stato osservato un aumento del rischio di questi eventi avversi.
Eventi cardiaci e renali nella prevenzione primaria e secondaria
Quando CREDENCE è stato interrotto, 4401 pazienti con diabete di tipo 2 e CKD erano stati randomizzati a ricevere canagliflozin 100 mg algiorno o placebo in aggiunta alle cure standard.
Tutti i partecipanti presentavano albuminuria (rapporto urina-albumina-creatinina 300-5000 mg/g) e CKD da lieve a moderata (tasso di filtrazione glomerulare stimato 30-90 ml/min/1,73m²).
Circa la metà dei pazienti è stato considerato un gruppo di prevenzione primaria per via dell’assenza di precedenti malattie coronariche, cerebrovascolari o vascolari, mentre il resto è stato considerato il gruppo di prevenzione secondaria, ha fatto notare uno dei ricercatori.
La nuova analisi ha esaminato l’outcome composito cardiovascolare e renale, rispettivamente l’outcome cardiovascolare composito nel gruppo di prevenzione primaria e quello renale nel gruppo di prevenzione secondaria.
Rispetto ai pazienti sottoposti a placebo, quelli trattati con canagliflozin hanno presentato un rischio significativamente inferiore per l’outcome principale: -31% se erano nel gruppo di prevenzione primaria o -30% nel gruppo di prevenzione secondaria. Allo stesso modo, i pazienti che hanno ricevuto canagliflozin avevano meno probabilità di avere un evento cardiovascolare durante il follow-up, indipendentemente dal fatto che avessero o meno una precedente malattia cardiovascolare.
Nel gruppo di prevenzione primaria, rispetto ai pazienti trattati con placebo, quanti hanno ricevuto canagliflozin hanno mostrato un rischio inferiore del 32% di eventi MACE, ossia morte per causa cardiovascolare, infarto miocardico o ictus. Il rischio è risultato del 15% inferiore nel gruppo di prevenzione secondaria.
Inoltre canagliflozin è stato associato a una riduzione del 26% del rischio relativo nell’outcome composito di morte per cause cardiovascolari o ospedalizzazione per insufficienza cardiaca nel gruppo di prevenzione primaria, riduzione che nel gruppo di prevenzione secondaria è stata del 34%.
Allo stesso modo nei due principali esiti renali, cioè ESKD, morte per causa renale/cardiovascolare oppure dialisi, trapianto di rene o morte renale, canagliflozin si è dimostrato superiore al placebo nei gruppi sia di prevenzione primaria che secondaria.
«Siamo entusiasti per i nostri pazienti riguardo l’entità del miglioramento dei risultati renali e cardiaci» ha commentato Mahaffey. «I benefici erano consistenti in molti diversi sottogruppi di pazienti, e questo è il primo trattamento per chi soffre di diabete di tipo 2 e malattia renale cronica in quasi due decenni».
«Nonostante il rischio elevato di eventi avversi in questa popolazione, canagliflozin è stato generalmente ben tollerato senza differenze nel rischio di danno renale acuto, iperkaliemia, frattura o amputazione rispetto al placebo», ha concluso Jardine.