Sclerosi sistemica: nuovi risultati per abatacept


Sclerosi sistemica: arrivano risultati parzialmente incoraggianti sull’impiego di abatacept nel trattamento della patologia. Centrati alcuni endpoint secondari in fase 2

Sclerosi sistemica: arrivano risultati parzialmente incoraggianti sull'impiego di abatacept nel trattamento della patologia. Centrati alcuni endpoint secondari in fase 2

Risultati parzialmente incoraggianti sull’impiego di abatacept nel trattamento della sclerosi sistemica (SSc) giungono da un trial clinico randomizzato, di fase 2, recentemente pubblicato sulla rivista Arthritis & Rheumatology: per quanto il farmaco si sia dimostrato sicuro nella forma diffusa cutanea di malattia, lo studio non ha soddisfatto l’endpoint primario (punteggio mRSS, espressione dello spessore cutaneo) mentre ha documentato miglioramenti significativi di altri endpoint secondari (espressione di alcuni geni chiave nella patogenesi della malattia), lasciando la strada aperta ad ulteriori conferme in fase 3.

Razionale d’impiego di abatacept nella sclerosi sistemica: il ruolo delle cellule T nella patogenesi

La sclerosi sistemica (SSc) è una patologia immuno-mediata caratterizzata da fibrosi a livello cutaneo e degli organi interni, nonché da vasculopatia. E’ la patologia di pertinenza reumatologia con il tasso maggiore di eventi fatali e, stando ad una classificazione recente, la forma cutanea diffusa ha una mortalità del 50%. Ad oggi non ci sono trattamenti farmacologici specifici per questa condizione e la gestione di questa patologia si focalizza sulle complicanze organo-specifiche.

Le cellule T hanno un ruolo centrale nella patogenesi della forma diffusa cutanea (dcSSc), come documentato dalla loro presenza nelle biopsie cutanee di questi pazienti.

Abatacept è una proteina di fusione costituita dalla porzione Fc della immunoglobulina G1 e dal dominio extracellulare dell’antigene 4 del linfocita T citotossico.

La molecola, disponibile in Italia per il trattamento dell’AR dal 2007, è un modulatore selettivo della co-stimolazione delle cellule T, che previene l’attivazione di queste cellule mediante blocco dei segnali di co-stimolazione richiesti per generare una risposta immunitaria alle proteine e agli antigeni peptidici.

Alcuni studi pubblicati in letteratura hanno mostrato che le biopsie ossee dei pazienti affetti da SSc possono essere differenziate mediante sequenziamento di RNA in tre sottotipi di espressione genica (infiammatorio, normal-like e fibroproliferativo) e un piccolo studio pilota ha già documentato la presenza di alcuni miglioramenti clinici nei pazienti con sottotipo di espressione genica infiammatorio a seguito del trattamento con abatacept.

Di qui il nuovo studio, un trial clinico randomizzato di fase 2, che si è proposto di approfondire le potenzialità del trattamento nella dcSSc – attualmente orfana di trattamenti specifici, reclutando 88 pazienti, provenienti da 22 centri specialistici tra il 2014 e il 2017, aventi una durata di malattia non superiore a 36 mesi (malattia all’esordio).

Lo studio

I pazienti reclutati sono stati randomizzati al trattamento, secondo uno schema 1:1, con abatacept 125 mg sottocute o placebo per 12 mesi e stratificati, per le successive analisi, sulla base della durata di malattia (≤18 mesi vs >18-≤36 mesi).

Ai pazienti reclutati nello studio era permesso il trattamento con prednisone a dosaggio ridotto e con FANS; inoltre, era possibile il ricorso ad una terapia di emergenza (escape therapy) in caso di peggioramento dello stato di malattia.

La misura di outcome primario era rappresentata dalla variazione del punteggio mRSS (modified Rodnan skin score) dal basale a 12 mesi. Sono stati impiegati modelli misti lineari per identificate le differenze tra gruppi in termini di outcome del trattamento. Inoltre, sono state effettuate biopsie cutanee al reclutamento per l’estrazione e il processamento di RNA, provvedendo, successivamente, alla classificazione dei pazienti in base al sottotipo di espressione genica.

I partecipanti al trial avevano un’età mediana pari a 49 anni, 3 su 4 erano di sesso femminile e con durata media di malattia pari a 1,59 anni.

Disatteso l’endpoint primario

Passando ai risultati, la variazione media del punteggio mRSS è risultata pari a -6,24 unità nei pazienti in trattamento con abatacept e a -4,49 unità in quelli del gruppo placebo (p=0,28). Dunque, non è stata documentata una variazione media significativa del punteggio mRSS tra i 2 gruppi di trattamento.

Ciò detto, i pazienti sottoposti a trattamento con abatacept hanno sperimentato miglioramenti clinicamente e statisticamente significativi dell’indice di disabilità (HAQ-DI): le variazioni di questo indice, a 12 mesi, sono state pari a 0,11 nel gruppo placebo rispetto a -1,34 nel gruppo abatacept, per una differenza di trattamento pari a -0,28 (IC95%= -0,47, -0,09; p=0,005).

Al contempo, i ricercatori hanno documentato miglioramenti clinicamente e statisticamente significativi di un nuovo endpoint composito (ACR-CRISS: the American College of Rheumatology Combined Response Index in Systemic Sclerosis): la variazione della mediana di questo punteggio a 12 mesi è stata pari a 0,68 nel gruppo abatacept rispetto a 0,01 nel gruppo placebo (p=0,03). Non solo: la proporzione di pazienti con una differenza clinicamente significativa di questo punteggio (0,60) è risultata superiore nei pazienti sottoposti a trattamento attivo (62,8% vs. 37,2%, p=0,01), dopo aggiustamento dei dati in base alla durata di malattia.

Buoni i risultati sugli outcome secondari legati ai pattern di espressione genica

Passando all’analisi di espressione genica, dallo studio è emerso che il 39% dei pazienti era classificato nel sottotipo “infiammatorio”, il 39% come “normal-like e il 21% nel sottotipo di espressione genica “linfoproliferativo”.

A distanza di un anno, sono state osservate differenze significative dei punteggi cutanei tra i 2 gruppi di trattamento nei sottogruppi “infiammatorio” e “normal-like”, ma non in quello “linfoproliferativo”. Per contro, solo nel sottogruppo “linfoproliferativo” è stato documentato un incremento della percentuale predetta della FVC.

“Tale osservazione – spiegano i ricercatori – suffraga l’esistenza di differenti pattern patogenetici molecolari tra la forma cutanea e quella polmonare di SSc ed è coerente con l’impatto di abatacept sulle diverse componenti della biologia di questa condizione su siti diversi”.

Quanto, infine, ai dati di safety, non sono stati osservati nuovi eventi avversi rispetto a quelli noti.

In sintesi

Nonostante alcuni limiti metodologici intrinseci del lavoro (assenza di correzione dei dati per confronti multipli e mancanza di informazioni relative all’influenza degli steroidi di background sull’espressione dei genica a livello cutaneo), “…lo studio dimostra come i pazienti con espressione genica legata al sottotipo “infiammatorio” presentino una risposta robusta e clinicamente significativa dei punteggi cutanei al trattamento con abatacept – scrivono i ricercatori nelle conclusioni”.

“Sono ora necessari nuovi studi – continuano – che rendano conto dell’eterogeneità molecolare come parte integrante dei criteri di inclusione o che stratifichino il profilo di espressione genica cutanea per ridurre la variabilità delle misure di outcome clinico”.