La dieta senza Fodmap, un approccio nutrizionale scientificamente validato, contribuisce a mettere “a riposo” l’intestino
Dolori addominali, pancia gonfia, disturbi della regolarità intestinale… sintomi che tutti hanno avuto almeno una volta. Ci sono però persone che convivono con questi problemi quasi ogni giorno, e questo condiziona (anche parecchio) la loro qualità di vita. Stiamo parlando dei disturbi funzionali dell’apparato digerente, tra i quali rientra la sindrome del colon irritabile: colpiscono almeno una persona su dieci, soprattutto di sesso femminile, e anche se non sono particolarmente gravi dal punto di vista medico hanno un alto costo sociale, tra accertamenti diagnostici, assenze dal lavoro e uso di farmaci per placare i sintomi. Non è facile trovare una terapia efficace e risolutiva, perché le cause non sono ancora completamente note.
Però un grande aiuto arriva dalla dieta senza Fodmap, un approccio nutrizionale scientificamente validato che contribuisce a mettere ‘a riposo’ l’intestino, e permette di attenuare (spesso di far scomparire) questi fastidi.
Ovviamente la dieta senza Fodmap, spiega il Policlinico di Milano, va affrontata insieme ad un nutrizionista e solo dopo aver consultato uno specialista gastroenterologo, che avrà escluso altre patologie e avrà confermato che si tratta di un disturbo ‘funzionale’: significa che agli esami clinici è tutto normale e che la causa di certi sintomi è dovuta ad una alterazione delle regolari funzioni fisiologiche dell’intestino, senza che ci siano danni a organi o tessuti.
I Fodmap sono degli zuccheri a catena corta, e si dividono in cinque gruppi: fruttosio, lattosio, polioli, fruttani e galattani. Si trovano in tantissimi alimenti che consumiamo regolarmente, come il frumento, il grano, i latticini, la frutta e diversi vegetali. Quando questi zuccheri raggiungono l’intestino, fermentano e favoriscono il richiamo di acqua: nelle persone con un disturbo funzionale questa acqua in eccesso non viene riassorbita, e ciò scatena sintomi come diarrea e dolori addominali.
I cibi che hanno il contenuto di Fodmap più basso sono soprattutto la frutta e la verdura, e per questo sono gli alimenti da preferire. Nella frutta, gli alimenti più indicati per una dieta senza Fodmap sono tutti gli agrumi, i mirtilli, le banane e il melone; tra le verdure si possono scegliere carote, patate, zucchine, melanzane, peperoni. E’ una dieta abbastanza restrittiva, ma per fortuna non deve essere seguita per tutta la vita.
Chi ha necessità di una dieta a basso contenuto di Fodmap e ha già escluso insieme ad uno specialista patologie più importanti, deve seguire questo regime alimentare per un paio di mesi. Di solito i benefici si sentono già dopo la prima settimana, e in seguito si può pian piano reintrodurre tutti gli alimenti a più alto contenuto di Fodmap. Il ‘trucco’ è reintegrare un particolare cibo alla volta, che contenga solo uno dei cinque zuccheri a catena corta, e aspettare 4-5 giorni prima di introdurre un nuovo alimento. In questo modo, dopo 4 settimane si sono già reintegrati tutti i gruppi di zuccheri e si può capire se ce n’è uno, in particolare, che scatena i disturbi. Intanto, l’intestino si ‘riposa’ e può anche tornare a metabolizzare correttamente tutti i cibi.
Di nuovo, è importante sottolineare che non è un percorso in cui ci si può improvvisare: è sempre opportuno farsi seguire da nutrizionisti esperti, perché accompagnino ciascuna persona nella scelta dei giusti alimenti, nel reintrodurre quei cibi che sono stati temporaneamente sospesi e che possano aiutare a capire se ci sono altri esami o percorsi opportuni da seguire, per far tornare finalmente felice il proprio intestino.