Osteoporosi: medici e ingegneri insieme dalla parte del paziente. Un team a Milano indaga la fragilità dei tessuti ossei danneggiati dalla malattia
Dal lavoro di squadra tra gli esperti della Medicina Nucleare del Policlinico di Milano e gli ingegneri del Dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano nasce uno studio sul tessuto osseo e sui meccanismi coinvolti nelle fratture dei pazienti colpiti da osteoporosi. Si tratta di una patologia metabolica dello scheletro in cui le ossa diventano più fragili e soggette a fratture, a causa della presenza di una bassa quantità di sali minerali e di una struttura microscopica interna danneggiata.
Solitamente, per sapere se si è affetti da osteoporosi o per monitorare l’avanzamento della patologia, i pazienti si sottopongono a un esame non invasivo: la Mineralometria Ossea Computerizzata (MOC), che permette di valutare la quantità dei sali minerali, principalmente il calcio, presenti nelle ossa. Con questo esame è possibile indagare anche la qualità del tessuto osseo: “In questo modo – spiegano gli esperti – è possibile avere insieme due informazioni importantissime: la prima sul numero dei ‘mattoni’ che compongono l’edificio (ovvero le ossa) e la seconda sulla distribuzione di questi mattoni nello spazio. Entrambi questi aspetti condizionano la resistenza della struttura. E se fino a poco tempo fa le informazioni sulla qualità ossea erano ricavabili solo attraverso tecniche invasive come la biopsia, oggi sono disponibili subito insieme al dato quantitativo”.
La resistenza dell’osso, però, è data anche da diversi altri aspetti qualitativi: per questo Policlinico e Politecnico hanno unito le forze, per trasferire le competenze che gli ingegneri utilizzano per le costruzioni edili allo scheletro umano. In modo da poter fare diagnosi di osteoporosi in modo sempre più mirato, e poter monitare con sempre più precisione l’efficacia delle cure.
In particolare, per valutare i parametri coinvolti nel deterioramento delle ossa sono state studiate le vertebre lombari suine (che hanno caratteristiche simili a quelle umane) sottoponendo i campioni a stress meccanico e analizzandoli prima e dopo l’accumulo di danni. I ricercatori hanno così scoperto che, proprio come accade per un edificio, anche per le ossa “il cedimento della struttura inizia da un punto specifico della superficie per poi diramarsi all’intera struttura, determinandone il collasso”. Ora i ricercatori stanno studiando nuovi parametri che possano aiutare ad individuare il punto più debole delle ossa, in modo da poter intervenire di conseguenza.
“I risultati dei nostri studi – commenta Fabio Massimo Ulivieri, esperto di osteoporosi della Medicina Nucleare del Policlinico di Milano – permettono di aprire nuove prospettive di diagnosi precoce per una malattia fondamentalmente asintomatica che si manifesta in occasione della frattura. Ma tutto questo ci consentirà in futuro anche di concentrarci su cure mirate a consolidare i punti più deboli dello scheletro. E questo è molto importante perchè le terapie farmacologiche oggi a disposizione non consentono di restituire integrità alla struttura scheletrica, ma solo di ridurre di circa la metà il rischio di frattura”.