Amazzonia sotto attacco: brucia il polmone verde del Pianeta. Multinazionali dell’agricoltura e grandi allevamenti indiziati principali per i roghi
“Da due settimane gli incendi vanno avanti e si stanno man mano estendendo, sia nell’Amazzonia brasiliana che nei Paesi vicini, in particolare in Bolivia e Perù. In Brasile le situazioni peggiori sono negli Stati di Acre, Rondônia, nel sud dell’Amazonas, nel Pará e nel Mato Grosso. La cosa molto grave è che le autorità ufficiali del Governo non stanno facendo nulla per fronteggiare questa situazione”. Lo dichiara al Sir Márcia Oliveira, docente di Sociologia all’Università Federale di Roraima (Ufrr), componente della Giunta della Rete ecclesiale panamazzonica (Repam) e perito in vista dell’imminente Sinodo sull’Amazzonia.
“Anzi – rincara la docente come riferisce l’Agenzia Dire (www.dire.it) – è proprio il Governo a essere d’accordo con le grandi imprese, che sono interessate a far retrocedere la foresta per dare spazi agli allevamenti e alle monoculture agricole, soprattutto la soia. Invece le più danneggiate sono le popolazioni originarie, che dalla foresta traggono tutto il loro sostentamento”.
Cifre ufficiali parlano di circa 73mila fuochi, con danni incalcolabili e per ora non quantificabili per la regione che contiene il 20% della riserva d’ossigeno del pianeta.
La docente sottolinea che, in questo periodo dell’anno, per quanto riguarda molte zone del Brasile, non ci sono cause naturali che possano scatenare incendi: “È importante sottolineare che la siccità non si verifica in questa stagione, per esempio nello stato dove vivo, il Roraima, dove la foresta è mescolata alla savana, la stagione secca è in dicembre e gennaio. Non può essere questo il motivo delle fiamme”.
A, suo avviso, piuttosto le “fiamme non si scatenano naturalmente, ma sono provocate attraverso una strategia di distruzione della foresta”. “I piccoli contadini non hanno l’abitudine di appiccare fuochi nella loro foresta, sanno bene che la loro vita dipende da loro. Chi incendia la foresta è gente vicina alla grande agricoltura intensiva e all’allevamento. Succede ogni anno, ma quest’anno la cosa ha assunto una gravità senza precedenti”.
L’allarme del WWF: rischio desertificazione
Il WWF è estremamente preoccupato per gli incendi che stanno propagando in Amazzonia, che minacciano l’esistenza della più grande foresta tropicale del mondo, habitat di migliaia di specie animali e vegetali e casa di oltre 34 milioni di persone, compresi circa 500 popoli indigeni. Gli incendi stanno colpendo importanti ettari di foresta dell’Amazzonia brasiliana e boliviana, e altre ecoregioni come il Bosco Chiquitano, il Chaco, il Pantanal e il Cerrado, sia in Bolivia che in Paraguay. L’Amazzonia rischia il collasso ecologico, che porterebbe a un drammatico avanzamento di desertificazione e siccità in uno scenario di cambiamenti climatici ancora più devastanti.
Di fronte a questa drammatica devastazione, il WWF rivolge un appello ai Paesi delle regioni coinvolte – Brasile, Bolivia, Colombia, Perù, Ecuador, Venezuela, Guyana e Surinam- per salvare l’Amazzonia, combattere la deforestazione e ridurre le cause che hanno provocato gli incendi. Oltre ad avere un effetto drammatico sulla biodiversità dell’area coinvolta, gli incendi che si stanno diffondendo nelle ultime due settimane, intensificheranno la crisi climatica a causa delle emissioni di carbonio provocate dalle materie organiche bruciate. Le aree coinvolte saranno più vulnerabili alle inondazioni, ai periodi di siccità e agli altri effetti del cambiamento climatico, per la mancanza di foreste. La perdita dell’Amazzonia ridurrà, inoltre, la capacità degli ecosistemi di assorbire il diossido di carbonio. I fumi provocati dagli incendi comprometteranno la qualità dell’aria sia delle regioni vicine sia delle città più lontane, come San Paolo in Brasile.
L’impatto immediato degli incendi sulla biodiversità significa anche la morte di migliaia di specie vegetali e animali che abitano in questi territori, tra queste specie anche alcune emblematiche come il giaguaro. Non meno importanti sono gli effetti che gli incendi hanno a livello sociale, economico e sulla salute pubblica. I mezzi di sostentamento dei piccoli produttori locali e dei popoli indigeni sono minacciati dall’avanzare delle fiamme. Tra le comunità compromesse, anche la comunità indigena Chiquitana di Santa Monica in Bolivia, che ha perso circa 60 mila dollari per la perdita del legno della foresta che lavoravano in maniera sostenibile nel territorio di Monte Verde.
Da sempre gli incendi in Amazzonia sono stati legati alla deforestazione per l’espansione delle attività agricole e, anche in questa occasione la causa non è differente, come è possibile notare dall’aumento di deforestazione dell’ultimo anno. Un dato che è importante far emergere è che le condizioni della stagione secca quest’anno sono state entro i limiti del normale, per cui non è possibile attribuire al clima la causa dell’aumento degli incendi di quest’anno, rispetto agli anni passati.
Per fermare questa terribile emergenza, che sta distruggendo il polmone del pianeta servono più sforzi su più fronti. Gli incendi sono causati da attività umane, a partire dalla deforestazione. Le forze politiche pubbliche devono agire ora per porre fine alla deforestazione su grande scala in Amazzonia. Il WWF si unisce alla preoccupazione della società e chiede ai politici di prendere una posizione di fronte a questa emergenza e si oppone alle dichiarazioni del Presidente Jair Bolsonaro, che attribuisce la responsabilità alle ONG, delegittimando il dibattito proposto dall’opinione pubblica, e spostando l’attenzione da ciò che realmente importa: la salute della natura e dei popoli dell’Amazzonia.
Si deve combattere con forza la deforestazione, promuovere azioni per ricreare l’habitat distrutto e evitare nuove perdite di natura. A questo si aggiunge la necessità di dover promuovere nuovi stili di vita più sostenibili per i piccoli produttori agricoli, ed evitare che questi ultimi possano provocare futuri incendi dovuti all’utilizzo scorretto del fuoco come strumento per ampliare le proprie zone di terra.