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Tassa sui rifiuti: aumenti record dal 2010

Volano raccolta differenziata (+6,7%) e riciclo del vetro (+9,8%). Rapporto annuale 2020 di Co.Re.Ve.: superati gli obiettivi 2030

Tassa sui rifiuti sempre più cara per le imprese del terziario e i cittadini mentre diminuiscono i servizi offerti dai Comuni: l’analisi dell’Osservatorio sulle tasse locali di Confcommercio

Continua ad aumentare la tassa sui rifiuti per cittadini e imprese: nel 2018 è arrivata complessivamente a 9,5 miliardi di euro con un incremento, dal 2010, del 76% (+4,1 miliardi di euro). Lo scostamento dai fabbisogni standard è una delle principali cause dell’aumento dei costi di gestione dei rifiuti: in Piemonte, Basilicata e Calabria gli scostamenti maggiori, Toscana e Abruzzo le regioni più virtuose.

C’è stato un aumento generalizzato anche per la Tari pro-capite: la più elevata nel Lazio (261 euro), la più bassa in Molise (130 euro); a fronte di costi sempre più alti, calano livello e quantità dei servizi offerti dalle amministrazioni locali: solo 5 Regioni (Emilia Romagna, Lombardia, Marche, Piemonte e Veneto) si collocano sopra il livello di sufficienza; nonostante ciò, a quasi tutte le categorie merceologiche si continuano ad applicare coefficienti tariffari in crescita. Tra le attività che pagano di più, ortofrutta, fiorai e pescherie (24,3 euro al mq.); i maggiori aumenti per discoteche, ristoranti, negozi di abbigliamento, librerie.

Questi i principali risultati del secondo monitoraggio dell’Osservatorio Tasse Locali di Confcommercio (www.osservatoriotasselocali.it), strumento permanente dedicato alla raccolta e all’analisi di dati e informazioni sull’intero territorio relative alla tassa rifiuti (TARI) pagata dalle imprese del terziario. Alla luce di questi risultati, Confcommercio auspica che la nuova ARERA, Autorità dell’energia elettrica e del gas che ha assorbito le competenze di regolazione e controllo sul ciclo dei rifiuti urbani, possa intraprendere un dialogo costruttivo con gli operatori e le associazioni imprenditoriali per avviare una riforma complessiva della fiscalità locale legata alla gestione dei rifiuti.

Per Patrizia Di Dio, membro di Giunta di Confcommercio con delega all’ambiente, la proposta è quella di “avviare con urgenza azioni concrete affinché si limiti la libertà fino ad ora concessa ai Comuni di poter determinare il costo dei piani finanziari includendo voci di costo improprie, come i costi del personale, vincolando gli enti locali al rispetto di norme di legge come quella che li obbliga a tenere conto dei fabbisogni. Un servizio efficiente di raccolta e gestione dei rifiuti urbani non può che portare benefici all’ambiente, ma anche a quell’irrinunciabile esigenza di decoro, di immagine e di igiene pubblica che dovrebbe caratterizzare normalmente le nostre città. Invece, da anni, registriamo situazioni critiche specialmente in molte città del Sud. Pretendere un servizio adeguato non è solo un’azione a tutela delle imprese ma anche e soprattutto un’azione a tutela di tutti i cittadini e della loro salute. Una città libera dai rifiuti, decorosa e pulita non può che accrescere quel senso civico che invece si sta perdendo e che rischia di alimentare una pericolosissima deriva culturale”.

Dall’analisi dei dati dell’Osservatorio, si registrano incrementi generalizzati della tassa sui rifiuti sulla totalità dei capoluoghi di provincia. Un trend che porta a stimare l’ammontare complessivo della Tari per il 2018 a 9,5 miliardi di euro. Negli ultimi otto anni, la tassa sui rifiuti è cresciuta del 76% corrispondente a un incremento complessivo di 4,1 miliardi di euro. Un dato ancor più preoccupante, quello registrato nell’ultimo anno, considerando che proprio il 2018 avrebbe dovuto rappresentare una svolta. Dal 1 gennaio 2018, infatti, secondo quanto previsto dalla legge (comma 653 dell’art. 1 L. n. 147 del 2013) i comuni avrebbero dovuto avvalersi anche delle risultanze dei fabbisogni standard nella determinazione dei costi relativi al servizio di smaltimento dei rifiuti. I costi del servizio inseriti nel piano finanziario rappresentano il principale fattore che determina poi le tariffe pagate dalle diverse utenze domestiche e non domestiche.

Dall’analisi dei dati dell’Osservatorio, si registrano incrementi generalizzati della Tari sulla totalità dei capoluoghi di provincia. Un trend che porta a stimare l’ammontare complessivo della Tari per il 2018 a 9,5 miliardi di euro. Negli ultimi otto anni, la tassa sui rifiuti è cresciuta del 76% corrispondente a un incremento complessivo di 4,1 miliardi di euro. Un dato ancor più preoccupante, quello registrato nell’ultimo anno, considerando che proprio il 2018 avrebbe dovuto rappresentare una svolta. Dal 1 gennaio 2018, infatti, secondo quanto previsto dalla legge (comma 653 dell’art. 1 L. n. 147 del 2013) i comuni avrebbero dovuto avvalersi anche delle risultanze dei fabbisogni standard nella determinazione dei costi relativi al servizio di smaltimento dei rifiuti. I costi del servizio inseriti nel piano finanziario rappresentano il principale fattore che determina poi le tariffe pagate dalle diverse utenze domestiche e non domestiche. L’aumento crescente dei costi di gestione dei rifiuti dimostra come nella tassazione continuino a permanere voci di costo improprie a copertura di inefficienze locali di gestione.

Un indicatore attendibile della congruità dei piani finanziari delle amministrazioni locali e, conseguentemente, delle tariffe applicate a cittadini e imprese si ricava da OpenCivitas, sito promosso dal Dipartimento delle Finanze e dalla SOSE per determinare i fabbisogni standard delle varie amministrazioni locali. Tali fabbisogni, calcolati comune per comune, indicano il costo ottimale del servizio di gestione dei rifiuti, calcolato in condizioni di efficienza e appropriatezza, garantendo i livelli essenziali di prestazione. Confrontando i costi del servizio Tari e i fabbisogni standard, si evidenza come quasi tutte le Regioni (considerando la media tra i capoluoghi di provincia) si discostino in misura evidente con picchi di quasi il 36% in Piemonte, del 34% in Basilicata, del 29% in Calabria, del 27% in Liguria e del 25% in Lombardia.

Bisogna considerare che il dato è parziale in quanto per le Regioni a statuto speciale non è disponibile il dato sui fabbisogni. La variabilità delle tariffe sui territori e l’incremento tendenziale dei costi per il servizio di gestione dei rifiuti è determinato prioritariamente dall’ammontare, spesso eccessivo, dei piani finanziari dei Comuni.Il portale permette anche di analizzare la voce relativa al livello quantitativo del servizio sui diversi territori.

Tale dato misura con un punteggio da 0 a 10 la quantità dei servizi offerti da un comune rispetto alla media dei comuni della stessa fascia di popolazione. Il livello quantitativo dei servizi è fondamentale per comprendere quanto a fronte di costi sempre più alti, non corrisponda mediamente un livello di servizio migliore. Sono diverse le Regioni, infatti, che si posizionano sotto il livello 6 di sufficienza. A tali aumenti e al mancato miglioramento dei servizi offerti si aggiunge il continuo ricorso a coefficienti tariffari in crescita per molte categorie.

Codacons: paradosso italiano

La tassa sui rifiuti rappresenta un paradosso tutto italiano. Lo afferma il Codacons, commentando lo studio di Confcommercio secondo cui dal 2010 la spesa dei cittadini per la spazzatura è aumentata del +76%.

“I dati di Confcommercio confermano ancora una volta come i cittadini siano utilizzati al pari “bancomat” attraverso l’imposizione di tasse in costante aumento su servizi essenziali come i rifiuti, nonostante la qualità dei servizi resi sia in netto peggioramento – spiega il presidente Carlo Rienzi –. Emblematico in tal senso è il caso del Lazio, dove il costo della Tari pro-capite è il più elevato d’Italia con una crescita del +7%, a fronte di un livello di qualità e quantità del servizio del tutto insufficiente e fermo a quota 3,2 su 10”.

“Si tratta di una presa in giro a danno delle tasche dei cittadini, che in alcune regioni pagano tasse sempre più alte per riceve un servizio sempre più scadente – prosegue Rienzi –. Per tale motivo l’andamento della tassa sui rifiuti deve essere indicizzato al livello di soddisfazione degli utenti, legando le tariffe al reale servizio reso sul territorio”.

UNC: rincari inaccettabili

“Rialzi inaccettabili ed ingiustificati. Non è tollerabile che i cittadini debbano pagare per le inefficienze dei comuni, incapaci di gestire il servizio in modo ottimale” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

“All’estero con i rifiuti ci guadagnano e ci riscaldano le città. Da noi è solo un costo. E più il comune è incapace, più i consumatori devono pagare, dato che la Tari deve assicurare la coperture dei costi sia di investimento che di gestione del servizio” prosegue Dona.

“Una tassa che va rivista dato che, come dimostra un’occasional papers di Bankitalia, ha effetti redistributivi a sfavore dei nuclei con redditi più bassi, visto che presenta profili di regressività e, di fatto, è assimilabile ad un’imposta patrimoniale considerato che, invece di essere  commisurata all’entità dei rifiuti prodotti, è basata sulle dimensioni della casa e sul numero di componenti della famiglia” conclude Dona.

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