Marco Carta ha chiesto il rito abbreviato. Ecco cosa rischia ora per il furto di magliette: la prima udienza è in programma venerdì
Marco Carta ha chiesto essere processato con rito abbreviato per il furto di magliette a La Rinascente dello scorso 31 maggio.
Nei mesi scorsi, come riferisce l’Agenzia Dire Giovani (www.diregiovani.it), era stato assolto dall’accusa di furto aggravato. In caso di condanna, si rischia dai due ai sei anni di carcere.
Nel corso del processo per direttissima, il giudice aveva stabilito la sua ‘totale estraneità’ ai fatti. Con rito abbreviato, in caso di condanna, la pena potrebbe scendere. E il carcere potrebbe trasformarsi in semplici arresti domiciliari.
L’istanza, condizionata all’acquisizione delle immagini delle telecamere, sarà depositata dal legale Simone Ciro Giordano nella prima udienza del 20 settembre. Il processo sarà a porte chiuse.
Classe 1985, il cantante Marco Carta è diventato famoso grazie alla vittoria nel talent di Maria De Filippi, Amici. Da qui le partecipazioni a Sanremo, che ha vinto nel 2009 con il brano ‘La forza mia’, e a Tale e Quale Show nel 2017.
Subito dopo i fatti contestati davanti alle telecamere di Live – Non è la d’Urso, ha raccontato a Barbara d’Urso la verità sulle accuse di furto: “Vorrei essere me stesso ma è difficile quando sei in un manicomio dimostrare che non sei pazzo. Ero con una mia amica che conosco da molto tempo, avevo comprato alcune cose e avevo una busta con lo scontrino. All’uscita è suonato l’anti-taccheggio ed è arriva la vigilanza che ci ha controllato. Poi ci hanno chiesto di seguirli, ad un certo punto ho visto che dalla borsa tiravano fuori queste magliette. E’ arrivata la polizia. Io ero sconcertato, allibito non ci credevo ed ho chiesto alla mia amica: ‘Cosa succede?’ Lei non mi ha detto niente. Eravamo in una stanza con diverse persone che ci facevano delle domande, ma essendo tanto scosso non ho ricordi lucidi e non solo di quel giorno ma anche dei giorni a seguire. Mi ripetevo: ‘Sei una brava persona’ e ho capito chenon mi ero mai definito così. Io sono tutto tranne quello che mi hanno detto, ossia un ladro. Hanno perquisito tutte le cose a me non hanno trovato nulla a lei le magliette. A quel punto loro hanno detto di seguirli perché ci stavano arrestando. Ci hanno separati ed accompagnati con due macchine della polizia dentro una sorta di carcere. Io ero in una cella io facevo avanti e indietro perché mi sentivo un animale in gabbia. Volevo chiamare il mio fidanzato perché quella sera avevo anche una cena. Lui non ha più saputo niente di me fino all’una di notte. Mi hanno detto che ero stato arrestato e non potevo sentire nessuno se non un avvocato. Sinceramente dell’avvocato non mi interessava io volevo sentire la mia famiglia. Sono rimasto in cella fino alle quattro e mezza del mattina, fino a che non è arrivata una poliziotta molto gentile che mi ha detto di stare tranquillo che da lì a poco sarei tornato a casa. Ero scioccato e fuori di me, e pensavo in continuazione alla mia famiglia. Questa poliziotta mi ha detto che il giorno dopo ci sarebbe stato un processo. Gli ho chiesto se poteva chiamare il mio fidanzato e lei lo avvertito. Poi mi hanno accompagnato a casa sempre con una macchina della polizia. La mattina dopo alle otto è arrivata la macchina della polizia a prendermi per il processo che è stato molto lungo perché il giudice è stato molto scrupoloso e non ha trovato prove della dichiarazione dell’addetto alla sicurezza”.