Misurare in acqua le micro e nanoplastiche con le pinzette Raman è possibile: lo ha dimostrato l’Istituto per i processi chimico-fisici del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ipcf) di Messina
I ricercatori dell’Istituto per i processi chimico-fisici del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ipcf) di Messina hanno applicato per la prima volta le pinzette ottiche combinate con la spettroscopia Raman (Raman Tweezers, RT) allo studio delle micro (< 20 µm) e nano (< 1 µm) particelle plastiche in acqua di mare. Il lavoro è pubblicato su Environmental Science and Technology.
“Le pinzette ottiche, inventate dal premio Nobel Arthur Ashkin negli anni ’80, consentono di intrappolare e manipolare micro e nanostrutture in ambiente liquido sfruttando le deboli forze che la luce esercita sulla materia”, commenta Onofrio Maragò, ricercatore del Cnr-Ipcf e pioniere nel campo dell’intrappolamento ottico di nanostrutture.
La tecnica innovativa presentata dl Cnr-Ipcf permette una maggiore comprensione del fenomeno delle micro e nanoplastiche negli ecosistemi acquatici. “La combinazione delle pinzette ottiche con la spettroscopia Raman (Raman Tweezers, RT) ci consente di avere uno strumento unico nel suo genere, capace di superare l’attuale gap metodologico nell’analisi chimica delle micro e nanoplastiche, e con una sensibilità tale da rivelare piccoli aggregati di particelle di polistirene di 50 nm di diametro”, aggiunge Pietro Gucciardi, responsabile Cnr del progetto Microplastique, finanziato dall’l’Institut Français de Recherche pour l’Exploitation de la Mer (Ifremer). Le RT superano infatti le capacità della spettroscopia Raman convenzionale in liquido, intrinsecamente limitata a misurazioni di ensemble e su campioni molto concentrati, consentendo l’analisi a livello di singola particella anche su dispersioni molto diluite. Essendo una tecnica di microscopia, le RT consentono inoltre di determinare dimensioni e forma delle particelle intrappolate (sfere, frammenti, fibre, ecc.) con una risoluzione spaziale limitata solo dalla diffrazione. “Potendo intrappolare ed analizzare le particelle disperse in acqua a livello individuale, siamo stati in grado di determinarne la natura chimica e discriminare inequivocabilmente le particelle plastiche dalla materia organica e dai micro sedimenti minerali presenti nei campioni di acqua marina investigati”, conclude Gucciardi.
La collaborazione tra i ricercatori del Cnr-Ipcf, dell’Università di Le Mans e dell’Ifremer di Brest, ha permesso di dimostrare le potenzialità analitiche delle RT sia su particelle modello che su campioni raccolti sulle coste locali, invecchiati dagli agenti atmosferici e costituiti da comuni inquinanti plastici, quali polietilene, polipropilene, nylon, polimetilmetacrilato e polistirene.