Grazie al MXene le celle solari a perovskite, la tecnologia oggi ritenuta più promettente sul fronte delle energie solari rinnovabili, migliorano l’efficienza
Un team internazionale di ricercatori, che comprende diversi Istituti del Cnr, l’Università di Tor Vergata e il MISiS di Mosca, ha pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Materials uno studio che esplora l’effetto del MXene nelle celle solari a perovskite, la tecnologia oggi ritenuta più promettente sul fronte delle energie solari rinnovabili.
Il lavoro è stato coordinato da Aldo Di Carlo, neo direttore del Cnr-Ism e ha visto coinvolti anche i ricercatori Alessandro Pecchia (Cnr-Ismn) e Rosanna Larciprete (Cnr-Isc).
Il MXene è un materiale bidimensionale di recente introduzione, ottenuto dall’esfoliazione delle cosiddette MAX phases; nella ricerca viene dimostrato come il MXene in quantità minime riesca a modificare la funzione lavoro delle perovskiti, migliorando l’allineamento di banda e quindi l’iniezione dei fotoportatori negli strati conduttivi verso gli elettrodi. In particolare, grazie ai MXeni si riesce a passare da una efficienza del 16% delle celle di partenza ad oltre il 20% con un sensibile miglioramento della stabilità. Sebbene questo non rappresenti un record di efficienza, le celle iniziali non avevano subito particolari trattamenti di ottimizzazione. Il lavoro dimostra come materiali 2D possono essere impiegati nell’ingegnerizzazione elettronica di interfaccia nei dispositivi organici ed ibridi, come nel caso delle celle fotovoltaiche a perovskite.