Annino Mele, l’ultimo bandito sardo presenta il suo libro “il Marchio del Bandito”
A Crotone è stato presentato dall’ex ergastolano ma anche ex Primula Rossa Annino Mele il suo libro “Il Marchio del Bandito” all’Hotel Pitagora. Con una penna a doppio taglio butta inchiostro sul sistema penitenziario (lacune sui diritti), riempiendo pagine di vita vissuta dietro le sbarre, ma consapevole degli errori della vita, senza rimpianti.
Potrebbe anche apparire un diario-confessione, attraverso la formula liberatoria di una valvola di sfogo, pieno di rancori e ricordi con vizi di forma e una voglia di riscattarsi da ingiustizie e pregiudizi.
Un libro, apparentemente elaborato da un appassionato scrittore che corre dietro le vicende di chi vive dietro le sbarre, se non fosse che a firma non è altro uno che il carcere l’ha vissuto per trentuno anni sulla propria pelle. Un ex ergastolano Annino Mele, divenuto ormai narratore. Con il suo ennesimo volume, “il Marchio del bandito” arrivato nella città pitagorica mercoledì 26 settembre, ritorna al suo desiderio di verità. Definito il latitante più giovane d’Italia, fin da piccolo (lui classe 1953) incominciò “ il mestiere” criminogeno. Vuoi per l’ingiustizia perpetrata alle spalle del suo babbo, arrestato ma poi assolto, vuoi per l’incessante guerra di faide intestine, in cui la Sardegna, ma soprattutto la zona di riferimento Mamoiadese alle porte di Nuoro, imperversava a quei tempi (anni 60/70). Conflitti che hanno coinvolto la gente del posto, per posizione prese: volute o dovute, spesso gonfie di solidarietà. Per lui la Barbagia, cuore della Sardegna, era la sua seconda casa dove per latitanza passò, anche se in pseudo- libertà, il preludio di un inferno dantesco (il carcere). A suo dire “ ingiustificato”, perché tanto “ non si cambia e non migliora l’indole di un uomo”, ma non ha neppure una solutio criticae. Oltre che fare vento su giustizie e ingiustizie per chi ha il marchio di pregiudicato. Un curriculum vitae, quello di Meli, di tutto “rispetto” tra gli ambienti dei fuorilegge.
E’ definito uno dei criminali più temuti ma anche una delle figure principali del banditismo sardo del dopoguerra. Ai giorni nostri, uno dei pochi fuorilegge sopravvissuti che potrebbero restare nella storia per il fenomeno malavitoso di un periodo già segnato dall’assenza dello Stato. Ex Primula Rossa molto vicino alle brigate vermiglie, esponenti di spicco che conosce in carcere. Durante la latitanza lesse numerosi testi della sinistra rivoluzionaria e fu considerato a capo del Movimento armato sardo, organizzazione in contatto appunto, con le Brigate Rosse. Insomma, non si è fatto mancare nulla per farsi accreditare il “Marchio del Bandito” tra efferati omicidi e sequestri di persona in una “onorata società”.
Temuto ma anche riverito in uno stato che ha fatto del banditismo una forma di riscatto, pur di difendere le loro terre ormai pregne di sangue innocente, ma poi qualcosa gli è sfuggita di mano. Oggi è un uomo quasi libero, dall’aprile del 2018 con la condizionale, richiesta contro il consenso dei suoi avvocati. Diventa critico verso il sistema carcerario nelle sue testimonianze fatte da centinaia e centinaia di pagine, a difesa di chi, possiede come casa una cella e si trova a scontare le pene all’interno dei penitenziari. Lo fa con cognizione di causa studiando la legge e i meccanismi giustizia che si pongono a chi espia una condanna come il carcere a vita. Non una soluzione punitiva “perché è una punizione psicologica” . Diventa, per Mele, l’ergastolo, inutile e” si esce peggiorati”. Mentre i servizi sociali potrebbero essere utili e ambivalenti, del resto, a servizio della comunità sgravando oneri al governo.
Al tavolo della presentazione anche il garante dei detenuti del carcere circondariale di Crotone Federico Ferraro il quale dichiara che “questo di oggi è un messaggio per altri detenuti a non arrendersi mai, e fare tesoro di ciò che s’impara”. Chi sbaglia paga in uno Stato di diritto ma la Costituzione italiana con le sue norme giuridiche vetuste e non attinenti ai tempi, ha bisogno di modifiche, come si aspetta la riforma giustizia in tutte le sue normative.
Questo libro lo dedica a suo figlio Graziano che non ha potuto crescere e che ama più di se stesso, ma vuole anche essere una denuncia “ alle ingiustizie”, per i diritti umani infranti verso i detenuti.