Tumore della prostata: la radioterapia post-operatoria può essere evitata secondo gli studi presentati ad ESMO. Ricorso nel caso di ritorno della malattia
Tumore alla prostata e radioterapia. Quando può essere evitata? Uno dei dilemmi degli oncologi nel trattamento di questo tumore è quello relativo a se, in seguito alla rimozione chirurgica della massa, sottoporre o meno il paziente a radioterapia. Secondo un’ampia analisi, presentata al congresso dell’European Society for Medical Oncology, la radioterapia può essere evitata. Il suo utilizzo o meno non impatta sulla sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi.
EVITARE LE RECIDIVE
Una delle strategie più utilizzate per il trattamento del tumore alla prostata è quella che vede la rimozione chirurgica del tumore. Successivamente all’operazione il paziente può essere sottoposto a sedute di radioterapia per eliminare eventuali cellule tumorali rimaste ed abbassare dunque il rischio di ritorno della malattia. Un approccio valido che però, stando ai risultati dello studio presentato ad ESMO, non sempre è necessario.
QUANDO LA RADIOTERAPIA NON SERVE O PUO’ ESSERE RITARDATA
Nello studio RADICALS-RT – che ha coinvolto oltre 1300 uomini con tumore alla prostata – un primo gruppo è stato sottoposto a chirurgia e successiva radioterapia. Un secondo gruppo invece è stato sottoposto a sola chirurgia. Dalle analisi è emerso che a 5 anni dalla diagnosi non si sono registrate differenze sulla sopravvivenza e sul ritorno della malattia.
Un risultato che innanzitutto significa migliore qualità di vita. “La buona notizia -spiega Chris Parker del Royal Marsden NHS Foundation Trust and Institute of Cancer Research, uno degli autori dello studio- è che molti uomini potranno evitare in futuro gli effetti collaterali della radioterapia come, ad esempio, perdite urinarie e difficoltà nella minzione che sono molto frequenti quando si associano chirurgia e radioterapia”. E aggiunge: “I dati ci dicono che la radioterapia dovrebbe essere utilizzata solo quando la malattia si ripresenta”.