Disfunzioni sessuali post-SSRI: quando gli antidepressivi possono lasciare il segno. Di solito efficaci e ben tollerati, in rari casi però possono dar luogo alla patologia
I farmaci antidepressivi sono molti e hanno diversi meccanismi d’azione ma, complessivamente, rappresentano i medicinali più frequentemente prescritti. Negli ultimi anni, soltanto in Italia, il consumo di antidepressivi è addirittura aumentato, seppur leggermente, passando dalle 39 dosi assunte ogni giorno per 1000 abitanti, nel 2013, alle 41,6 del 2018 (+6,5%), per una spesa totale di 1.782 milioni di euro (29,46 euro pro capite*). Gli antidepressivi più utilizzati (29,7% del totale nel 2018*) sono gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), che sono generalmente ben tollerati e dotati di buona efficacia e di un’ampia indicazione terapeutica (depressione, disturbo ossessivo-compulsivo, panico, ansia, disturbo da stress post-traumatico). Purtroppo, in casi apparentemente rari, alcuni effetti collaterali tipici degli SSRI non spariscono dopo averne interrotto l’assunzione.
Gli eventi avversi più frequenti correlati all’assunzione di SSRI sono disturbi del sonno, aumento di peso e problemi a livello sessuale: in genere, questi effetti scompaiono dopo aver interrotto l’assunzione del farmaco, ma in alcuni pazienti le disfunzioni sessuali possono persistere per molto tempo e, a volte, anche peggiorare: questa condizione viene definita disfunzione sessuale post-SSRI (PSSD, Post-SSRI Sexual Dysfunction). È una problematica sottostimata, spesso confusa con depressione o ansia (disturbi che possono influire sulla sessualità), e colpisce sia gli uomini che le donne. I sintomi che caratterizzano la patologia sono diminuzione della libido, disfunzione erettile, secchezza vaginale, disturbi eiaculatori e dell’orgasmo, anestesia genitale: la PSSD deve essere considerata quando un paziente non abbia mai manifestato tali problematiche prima del trattamento con SSRI (pur avendo ansia, depressione o altro), quando queste persistano dopo l’interruzione del trattamento stesso e quando siano esclusi altri problemi e patologie.
Essendo una condizione ancora sottovalutata, la gestione clinica della PSSD ha finora suscitato poco interesse tra i medici e, per questo motivo, non sono molti quelli che se ne occupano. In Italia, uno degli specialisti di riferimento è il professor Roberto Cosimo Melcangi, Ordinario di Endocrinologia presso l’Università degli Studi di Milano, impegnato nella ricerca su PSSD e sindrome post-finasteride (PFS), entrambe patologie che coinvolgono la sfera sessuale e che sono legate all’assunzione di specifici farmaci. In un articolo recentemente pubblicato su Endocrine – International Journal of Basic and Clinical Endocrinology, e firmato anche dal professor Melcangi, vengono illustrate entrambe le patologie e le loro similitudini.
“Parlare di un problema come la PSSD può creare imbarazzo, e i medici non sono sempre aperti all’ascolto o preparati sulla patologia. È alienante andare a fare le visite”, racconta Angelo, trentenne affetto dalla malattia. “Il mio problema è iniziato 4 anni fa: venivo da un periodo in cui avevo fatto 2 cicli a basso dosaggio con il citalopram, farmaco che in entrambe le assunzioni avevo tollerato tranquillamente”. Il citalopram agisce influenzando i livelli di serotonina nel cervello e viene utilizzato principalmente per il trattamento della depressione. Chi assume un farmaco di questo tipo sa bene che le disfunzioni sessuali rientrano tra gli effetti collaterali, ma questi dovrebbero essere transitori e, nella maggior parte dei casi, lo sono. “Non immaginavo minimamente che il citalopram potesse avere effetti collaterali pesanti e persistenti – prosegue Angelo – anche perché venivo seguito da uno psichiatra e il farmaco era già in uso da molti anni. Improvvisamente, ho iniziato a soffrire di confusione mentale e nausea: ho avvertito subito lo psichiatra, che ha deciso di interrompere il trattamento con il farmaco. Purtroppo, quei sintomi che sarebbero dovuti sparire in breve non sono mai passati; anzi, si sono aggiunte le disfunzioni sessuali, che non avevo mai avuto prima”.
Nei casi di PSSD, gli esami medici standard sono quasi sempre inconcludenti, perché i valori delle analisi non appaiono alterati, nemmeno quelli ormonali. “I medici non riuscivano a darmi una spiegazione e ho iniziato a cercare informazioni sul web”, continua Angelo. “Ho scoperto l’esistenza della PSSD e, leggendo le testimonianze dei pazienti, ho riconosciuto perfettamente le mie problematiche, non solo dal punto di vista sessuale ma anche emotivo, dato che molte di queste persone presentavano uno stato di emotività alterata, proprio come me. Mi sono rivolto ad altri medici e specialisti, ma la conoscenza della malattia è scarsa, gli studi sono pochi e i dottori, un po’ per la mancanza di informazioni, un po’ perché è difficile che abbiano fiducia in noi pazienti, tendono a far ricadere il problema nella componente psicologica. E magari prescrivono altri farmaci simili a quello che ha causato la malattia, facendoci cadere in un circolo vizioso. Personalmente, ci tengo a sottolineare che, dopo il citalopram, ho assunto solo dei dopaminergici, su prescrizione di un andrologo, perché si pensa che i sintomi della PSSD possano essere collegati a una carenza di dopamina, ma l’unico risultato che ho avuto è stato un abbassamento della prolattina. Da quel momento ho smesso di prendere farmaci, per non rischiare di peggiorare ulteriormente una situazione già critica. Non so come si evolverà la mia situazione ma è chiaro che, prima che giungano risultati significativi dalla ricerca, si dovrà attendere del tempo”. Fortunatamente, alcune persone riescono a uscire dalla PSSD, ma non si è ancora compreso quali fattori influenzino la malattia.
A giugno sono state pubblicate le nuove indicazioni dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) che prevedono l’aggiornamento dei foglietti illustrativi dei farmaci SSRI e SNRI (inibitori della ricaptazione della serotonina-noreprinefrina) e l’aggiunta delle disfunzioni sessuali persistenti tra gli effetti collaterali: segno, questo, che qualcosa si sta iniziando a muovere, grazie soprattutto alle segnalazioni dei pazienti di tutto il mondo.
In Italia non esiste ancora un’associazione che si occupi di PSSD, ma gli uomini e le donne colpiti da questa sindrome – per ora sono circa una ventina – hanno deciso di fare gruppo, supportandosi e scambiandosi informazioni utili. L’idea di creare una vera e propria associazione c’è e forse, in futuro, verrà realizzata. Nel frattempo, una paziente italiana ha dato vita a un blog (con articoli tradotti dall’inglese) dedicato alla PSSD, in cui vengono riportati tutti gli studi pubblicati, gli approfondimenti sul tema e le testimonianze. Sono anche riportate le informazioni e i contatti per partecipare ai questionari di ricerca, per permettere ai medici di raccogliere più informazioni possibili sulla patologia.
*Fonte: OsMed – Rapporto Nazionale 2018