Stragi di mafia, Giovanni Brusca chiede gli arresti domiciliari, no della Cassazione. Maria Falcone: “Risposta di giustizia”
La prima sezione della Corte di Cassazione ha detto ‘no’: Giovanni Brusca, l’ex boss mafioso condannato per la strage di Capaci, non può finire di scontare la sua pena agli arresti domiciliari.
Brusca, condannato per la strage di Capaci del 23 maggio 1992 in cui morirono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti di scorta, aveva presentato ricorso alla Corte di Cassazione per chiedere di scontare la pena residua ai domiciliari. Il ricorso è stato avanzato dai legali dell’ex boss, oggi collaboratore di giustizia, contro la decisione del Tribunale di sorveglianza che ha negato i domiciliari.
Nella tarda serata di ieri, spiega l’Agenzia Dire (www.dire.it) è arrivata la decisione della Corte di Cassazione, che ha respinto il ricorso di Brusca. L’ex boss resta dunque in carcere. Sulla sua richiesta si era espressa positivamente la Procura nazionale antimafia, per cui l’ex boss ‘di era ravveduto’, mentre aveva espresso dubbi la procura generale della Cassazione dando parere negativo.
MARIA FALCONE: BENE, È RISPOSTA ALLA RICHIESTA DI GIUSTIZIA
“Con la sua decisione la Cassazione ha dato una risposta alla richiesta di giustizia dei tanti cittadini che continuano a vedere nella mafia uno dei peggiori nemici del nostro Paese”. Così Maria Falcone, sorella del giudice morto nella strage di Capaci, commenta la decisione della Cassazione di respingere la richiesta di arresti domiciliari avanzata dal collaboratore di giustizia Giovanni Brusca. Brusca innescò l’esplosione che uccise Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti di scorta. La decisione dei giudici della Suprema corte è arrivata nella tarda serata di ieri. “Se si accetta che per un fine superiore vengano concessi benefici ai criminali che collaborano con lo Stato, resta però inaccettabile la concessione di sconti ulteriori a chi si è macchiato di delitti tanto efferati”, conclude.
“Non merita ulteriori benefici”
Ieri, Maria Falcone aveva usato parole dure per commentare la notizia della richiesta di domiciliari da parte di Brusca.
“Fermo restando l’assoluto rispetto per le decisioni che prenderà la Cassazione, voglio ricordare che i magistrati si sono già espressi negativamente due volte sulla richiesta di domiciliari presentata dai legali di Giovanni Brusca”, aveva detto Maria Falcone. “Il tribunale di sorveglianza di Roma, solo ad aprile scorso, negandogli la scarcerazione- prosegue Maria Falcone- ha avanzato pesantissimi dubbi sul suo reale ravvedimento. Mi limito a citare la motivazione del provvedimento in cui il tribunale, testualmente, ha scritto che non si ravvisava in Brusca ‘un mutamento profondo e sensibile della personalità tale da indurre un diverso modo di sentire e agire in armonia con i principi accolti dal consorzio civile’”.
“Ricordo ancora – aggiunge – che Giovanni Brusca proprio grazie alla collaborazione con la giustizia ha potuto beneficiare di premialità importanti: oltre a evitare l’ergastolo per le decine di omicidi che ha commesso, tra questi cito solo quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido a 15 anni, ha usufruito di 80 permessi. Il suo passato criminale, l’efferatezza e la spietatezza delle sue condotte e il controverso percorso nel collaborare con la giustizia che ha avuto luci e ombre, come è stato sottolineato nel tempo da più autorità giudiziarie, – conclude – lo rendono un personaggio ancora ambiguo e non meritevole di ulteriori benefici”.