La cimice asiatica è arrivata anche nel Lazio e preoccupano i possibili danni alle coltivazioni: allerta massima in provincia di Latina
L’ARSIAL (Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio) ha certificato la presenza della cimice asiatica anche nel Lazio, grazie a rilievi effettuati nel corso dell’estate dal Servizio fitosanitario regionale su alcuni impianti di Kiwi nella provincia di Latina.
La cimice asiatica, Halyomorpha halys, è un insetto appartenente alla famiglia dei Pentatomidi originario dell’Asia orientale (Cina, Taiwan, Corea e Giappone), i cui esemplari adulti sono lunghi circa 14–18 mm ed hanno il tipico aspetto delle cimici ma con una colorazione marmorizzata che spesso li fa confondere con la cimice grigia (Raphigaster nebulosa). In Europa è stata segnalata per la prima volta nel 2004 in Svizzera. Le prime osservazioni di questa specie in Italia sono state registrate in provincia di Modena e Reggio Emilia nel 2012, quindi in Piemonte, Lombardia (2013), Friuli-Venezia Giulia, Marche (2014) e Veneto (2014).
È estremamente polifago e attacca diverse 170 specie vegetali: dalle piante da frutto agli ortaggi, ma può alimentarsi anche a spese di fiori e/o frutti di numerose specie ornamentali e forestali (gelso, acero, frassino, ligustro, prugnolo, robinia, sanguinello; alcune specie, come paulonia e ailanto sono molto attrattive). I danni maggiori risultano a carico dei fruttiferi: pesche e nettarine, pere, mele, actinidia, con diversa incidenza secondo le varietà.
Gli adulti di H. halys sono particolarmente mobili e in grado di coprire in volo grandi distanze (finanche 2-5 Km in 24 ore) alla ricerca di risorse alimentari o siti di svernamento. Halyomorpha halys è un insetto dotato di apparato boccale pungente succhiante, che si alimenta prevalentemente su frutti. I sintomi associati alle punture sono lesioni, imbrunimenti, deformazioni, suberificazioni e anomalie cromatiche sui frutti, con scadimento commerciale della produzione. In qualche caso sono possibili anche danni precoci, associati a punture sui bottoni fiorali e giovani frutti, con successivo aborto fiorale o cascola anticipata.
Si pensi che i danni arrecati in campo vanno da percentuali a volte anche molto contenute (4-6-10%), fino al 70-80% o alla totale perdita del prodotto (e pertanto con rinuncia alla raccolta o diversa destinazione del raccolto). I danni, che vengono arrecati sia su frutti/semi in via di formazione/maturazione sia su prodotti prossimi alla raccolta (o già raccolti) si manifestano però anche successivamente, in post-raccolta, sul prodotto inizialmente considerato «sano» (in cella refrigerata si arriva anche al 50% delle perdite).
In tutto il nord Italia la situazione è drammatica: in Emilia Romagna è addirittura a rischio la sopravvivenza dell’intera filiera produttiva delle pere, come dichiarato dall’assessore regionale all’Agricoltura. Secondo Confagricoltura, nel Veneto le perdite ammonterebbero ad oltre 3.000 euro per ettaro, mentre la Regione Lombardia ha segnalato danni fino all’80% delle colture (addirittura sulle pere mantovane si registrano danni al 70%, sulle mele al 10%, sulla soia al 20%. Su pesche e prugne il danno è del 40%, con punte dell’80% in provincia di Brescia) chiedendo aiuto al governo e dando parere favorevole per l’utilizzo in uso eccezionale dei prodotti fitosanitari.
L’insetto alieno era già stato rinvenuto in alcuni giardini privati di Roma dal 2017 (ritrovamento comunicato alla Commissione Europea ed ha costituito un alert sulla possibile diffusione dell’insetto in ambiente agricolo), ma fino a quest’estate era sconosciuto negli ambienti agricoli del Lazio, ed in particolare in provincia di Latina dove sono presenti circa il 30% delle superfici a kiwi e il 33% del prodotto: ora è in corso di definizione l’effettivo areale di infestazione, nonché i danni negli impianti di kiwi risultati infetti. Danni che per il Tavolo Verde riunitosi a settembre scorso a Cisterna di Latina, e composto dai rappresentanti delle amministrazioni comunali interessate (oltre Cisterna di Latina, i Comuni di Latina, Velletri, Cori e Sermoneta), delle principali organizzazioni sindacali di categoria (Confagricoltura, Coldiretti, Cia, Aspal e Fagri) nonché dai responsabili del settore decentrato dell’Agricoltura (ADA) di Latina e del Servizio Fitosanitario Regionale, arriverebbero fino all’essiccamento del 20% delle piante di kiwi.
Per contrastare la diffusione del parassita, la Regione Lazio suggerisce di valutare sistemi integrati, quali ad esempio l’attract & kill, anche detto sistema dissuasore, che sfrutta l’impiego, in aree esterne alle colture da proteggere, di feromoni di aggregazione in grado di riunire in un’area di alcuni metri quadrati un notevole numero di esemplari di questa specie che viene poi trattato con un insetticida autorizzato. Oppure l’impiego di specie vegetali particolarmente appetibili all’insetto (quali soia o girasole) che, appositamente messe a coltura in aree esterne alle piantagioni da difendere, potrebbero essere trattate con insetticida autorizzato allorquando risultassero infestate dalla cimice.
Ma quali sono questi insetticidi? Secondo il Centro di ricerca difesa e certificazione del CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) che ha affrontato il tema durante il seminario tenutosi nel febbraio scorso a Caprarola e intitolato «Halyomorpha halys (Cimice marmorata asiatica) – Popillia japonica (Coleottero scarabeide del Giappone) due emergenze fitosanitarie per le colture laziali», i principi attivi al momento impiegati per la difesa dalla cimice asiatica sono:
- piretroidi (alfacipermetrina, betaciflutrin, deltametrina, lambdacialotrina, etofenprox, taufluvalinate);
- neonicotinoidi (acetamiprid, thiacloprid);
- fosforganici (clorpirifosmetile, clorpirifosetile, fosmet).