Malattia di Huntington: allo studio una nuova strategia per contrastare la proteina che causa la patologia rara. Promettenti i primi test preclinici
Secondo molti ricercatori, la chiave giusta per sviluppare un trattamento per la malattia di Huntington è ridurre l’espressione della copia mutata del gene che codifica per la proteina huntingtina (HTT), lasciando intatta la copia wild type (non mutata). Sangamo Therapeutics e l’organizzazione no profit CHDI Foundation hanno sviluppato una strategia terapeutica innovativa che va proprio in questa direzione: i dati preclinici sembrano promettenti, poiché mostrano vantaggi in tre diversi modelli murini di malattia. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Nature Medicine: Blair Leavitt, professore presso il dipartimento di genetica medica dell’Università della British Columbia (Vancouver), non coinvolto nella ricerca, l’ha definito “un nuovo approccio terapeutico che prende di mira selettivamente l’huntingtina mutante”.
La mutazione che causa l’Huntington, descritta per la prima volta nel 1993, consiste in ripetizioni della tripletta CAG (le tre basi di DNA citosina, adenina e guanina). Negli ultimi 25 anni queste ripetizioni sono state un target importante per lo sviluppo di farmaci per la malattia; ma poiché l’huntingtina è coinvolta in altre funzioni biologiche e un completo knockdown del gene è letale nei topi, mantenerne una certa espressione è fondamentale. I ricercatori di Sangamo hanno adottato un nuovo approccio che si basa sui fattori di trascrizione delle proteine a dita di zinco (ZFP-TF) per colpire le ripetizioni CAG nel gene dell’huntingtina. Come riporta la rivista GEN, il team ha dimostrato che con questa tecnologia è stato possibile reprimere selettivamente oltre il 99% degli alleli che causano la malattia, preservando l’espressione di oltre l’86% degli alleli normali.
Secondo Sarah Tabrizi, professoressa di neurologia presso l’UCL Institute of Neurology di Londra e direttore dell’UCL Huntington’s Disease Centre, non coinvolta nel lavoro, questo metodo è particolarmente entusiasmante per due ragioni. “La prima è che è allele-selettivo: colpisce solo il gene HTT mutante e può potenzialmente trattare tutti i pazienti con l’Huntington. Inoltre, è mirato contro il DNA HTT mutante e ne previene la trascrizione, e quindi ha come bersaglio tutte le forme derivate, potenzialmente tossiche, della proteina mutante”. L’autore Ignacio Muñoz-Sanjuán, vicepresidente del settore Biologia traslazionale della CHDI Foundation, è d’accordo: “Gli effetti delle proteine a dita di zinco assicurano che anche gli altri prodotti HTT mutanti siano colpiti. In questo senso i repressori sono straordinari, in quanto eliminano tutti i prodotti del gene, a differenza di altre terapie mirate a specifici prodotti dell’RNA”.
“Abbassare i livelli dell’huntingtina mutante, tossica, mirando al DNA e all’RNA e prevenendo l’espressione delle proteine è attualmente l’obiettivo più importante nelle terapie per l’Huntington”, ha osservato Sarah Tabrizi. Un altro approccio per ottenere questo risultato, che recentemente ha attirato molta attenzione, è l’utilizzo degli oligonucleotidi antisenso. La prof.ssa Tabrizi è stata la prima autrice di uno studio appena pubblicato sul New England Journal of Medicine, che ha mostrato i risultati promettenti della soppressione della proteina HTT nel cervello di adulti con Huntington, mediata da oligonucleotidi antisenso. Lo studio, sponsorizzato da Ionis Pharmaceuticals, ha esaminato gli effetti della molecola IONIS-HTTRx in 46 pazienti con malattia precoce.
Rispetto a quest’ultima tecnologia, le proteine a dita di zinco allele-selettive colpiscono direttamente la causa della malattia, ovvero la sequenza di ripetizione della tripletta CAG nel DNA, e questa è una delle ragioni per cui sono così promettenti. “Poiché tutti i pazienti hanno una ripetizione CAG estesa, l’approccio è potenzialmente universale”, ha sottolineato Adrian Woolfson, vice presidente esecutivo del settore Ricerca e Sviluppo di Sangamo. Anche il metodo di trasferimento è più vantaggioso: gli oligonucleotidi antisenso vengono somministrati in modo intratecale intermittente e richiedono visite continue, per tutta la vita, in un centro clinico specializzato. “Il potenziale delle ZFP, invece, è che verranno somministrate una sola volta direttamente nel cervello tramite virus adeno-associato e, a condizione che il farmaco sia sufficientemente distribuito alle strutture cerebrali interessate, questo intervento una tantum può avere profondi effetti benefici a lungo termine per i pazienti”, ha affermato Muñoz-Sanjuán.
Permangono, però, importanti problemi irrisolti relativi alla distribuzione cerebrale dell’agente, che richiederanno un’ulteriore valutazione preclinica prima di passare agli studi sull’uomo. In particolare, il principale ostacolo è l’ottimizzazione delle molecole ZFP, in modo da eliminare o ridurre al minimo la repressione off-target di altri geni contenenti ripetizioni CAG, che possono presentare un rischio sconosciuto: Sangamo sta lavorando con Takeda Pharmaceutical per sviluppare ulteriormente questo progetto. Sangamo sta collaborando anche con Pfizer per mettere a punto nuovi trattamenti per la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e la demenza frontotemporale (FTD), focalizzati sull’uso di questo approccio. Le due aziende, inoltre, stanno sviluppando questa tecnologia per ridurre l’espressione della proteina tau, associata alla malattia di Alzheimer e ad altre taupatie.