Megalouretra congenita: effettuato a Napoli un innovativo impianto di protesi peniena. È la prima volta che si effettua in Italia un simile intervento
Un ventiduenne di Napoli, affetto da megalouretra congenita, una rara malattia che colpisce 1 persona su 100mila e che, oltre a compromettere la funzionalità dell’apparato genito-urinario, gli impediva anche di avere rapporti sessuali, condannandolo all’impotenza, ha subito un innovativo intervento che gli ha permesso di avere una nuova protesi peniena.
Il rarissimo difetto congenito ha richiesto più operazioni chirurgiche, la prima a 6 mesi di vita; a seguire tre trapianti di rene, effettuati tra mille precauzioni, perché il ragazzo è affetto anche da trombofilia, un grave problema della coagulazione del sangue, che con facilità può determinare la formazione di trombi che possono arrecare gravissimi danni all’organismo. Proprio durante uno dei numerosi ricoveri per i controlli post-trapianto, il ragazzo è venuto a sapere dal suo medico della possibilità di ricorrere alla protesi peniena.
A illustrare l’intervento, ad ADNKronos Salute, è stato il prof. Vincenzo Mirone, primario di Urologia dell’AOU Federico II di Napoli, che insieme a David Ralph, dell’Andrology Unit University College Hospital London, ha operato il ragazzo. “Il paziente – spiega Mirone – era nato con una megalouretra congenita, una rarissima malformazione urogenitale caratterizzata dalla dilatazione e dall’allungamento dell’uretra del pene associata con una disgenesia dei corpi cavernosi, i responsabili dell’erezione. La malattia causa un incompleto svuotamento delle urine, disfunzione erettile permanente, tale da impedire il rapporto sessuale, e infine una grave insufficienza renale”.
“Il paziente ha fatto richiesta dell’intervento da noi, e abbiamo eseguito per la prima volta in Italia, su un paziente affetto da megalouretere, l’impianto di una protesi peniena bicomponente, che provoca un’erezione del tutto simile a quella fisiologica”, assicura Mirone. “La protesi è definitiva, non dovrà essere sostituita. Insomma, con questo intervento la storia si è chiusa”.
“L’impianto – precisa l’urologo – si basa sull’inserimento, all’interno dei corpi cavernosi del pene, di due cilindri cavi collegati a una piccola pompa di attivazione posta all’altezza dello scroto e a un serbatoio contenente del liquido. L’uomo può così ottenere un’erezione quando vuole, con sensibilità e capacità di orgasmo, premendo la pompetta: in questo modo il liquido contenuto nel serbatoio si trasferisce ai cilindri e il pene si indurisce. Premendo di nuovo, il liquido passa dai cilindri al serbatoio e il pene ritorna in condizione di riposo”. A 10 mesi dall’intervento (in cui sono stati ricostruiti anche i corpi cavernosi malformati del pene) il giovane “è pienamente soddisfatto, gode di buona salute, può avere rapporti sessuali“, conclude lo specialista.
Secondo recenti statistiche, ogni anno, in Italia, circa 3mila uomini soffrono di una grave disfunzione erettile che non risponde alle ‘pillole dell’amore’, e avrebbero bisogno di una protesi peniena. Ma solo pochi di loro posso operarsi, ricordano i medici.