Tumori solidi in fase avanzata: la risposta ai farmaci immunoterapici utilizzati può variare a seconda del sesso del paziente
La risposta ai farmaci immunoterapici utilizzati per trattare tumori solidi in fase avanzata può variare a seconda del sesso del paziente. Lo evidenzia una metanalisi condotta su studi randomizzati di fase 3, presentata al congresso della Società europea di oncologia medica (ESMO), a Barcellona.
Il primo autore del lavoro, Fabio Conforti, dell’Unità di Oncologia Medica del Melanoma, Sarcoma e Tumori Rari dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, insieme al suo gruppo di lavoro, aveva già evidenziato, con un’altra metanalisi, pubblicata lo scorso anno su The Lancet Oncology, una maggiore efficacia degli immunoterapici anti CTLA-4 e anti-PD-1 negli uomini rispetto alle donne.
Quest’anno, a Barcellona, Conforti ha presentato i risultati di una metanalisi di studi nei quali si sono valutati agenti anti-PD1 e anti-PD-L1 in monoterapia e in associazione alla chemioterapia, in pazienti di entrambi i sessi con tumori solidi in fase avanzata.
Prima della metanalisi, gli autori hanno effettuato una revisione di tutti gli studi clinici controllati condotti su anti-PD1 o anti-PD-L1 somministrati in monoterapia o in combinazione con la chemioterapia in pazienti con tumori solidi in stadio avanzato/metastatico.
L’obiettivo primario dell’analisi era valutare se vi siano differenze di efficacia del trattamento tra uomini e donne, misurata in termini di differenza di sopravvivenza globale (OS) ed espressa come log hazard ratio (HR). L’HR combinato per l’OS e gli intervalli di confidenza (IC) al 95% sono stati calcolati per entrambi i sessi utilizzando un modello a effetti casuali, e l’eterogeneità tra le due stime è stata valutata utilizzando un test di interazione.
Monoimmunoterapia più efficace negli uomini in 15 studi su 16
I ricercatori hanno identificato in letteratura 16 studi randomizzati di fase 3 nei quali si erano confrontati agenti anti-PD1 o anti-PD-L1 in monoterapia con la chemioterapia standard, di cui due condotti su pazienti con melanoma, otto su pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule, due su pazienti con carcinoma della testa e collo a cellule squamose, due su pazienti con tumore gastrico, uno su pazienti con carcinoma renale e uno su pazienti con carcinoma uroteliale.
L’analisi si è basata sui dati di 9291 pazienti con tumori solidi in fase avanzata e ha mostrato, in 15 dei 16 studi esaminati, un beneficio di OS significativamente maggiore negli uomini trattati con anti-PD1 o anti-PD-L1 in monoterapia rispetto alle donne, con un HR combinato pari rispettivamente a 0,73 (IC al 95% 0,69-0,78) contro 0,86 (IC al 95% 0,78-0,94) (test di eterogeneità, P=0,0079).
Immunoterapia più efficace nelle donne quando associata alla chemioterapia
Un’ulteriore analisi condotta su un totale di 2979 pazienti arruolati in cinque studi randomizzati di fase 3 nei quali sono valutati anti-PD1 o anti-PD-L1 in combinazione con la chemioterapia rispetto alla sola chemioterapia, ha fornito risultati opposti. In tutti e cinque i trial analizzati (quattro dei quali sul carcinoma del polmone non a piccole cellule e uno sul carcinoma polmonare a piccole cellule), il beneficio di OS è risultato significativamente a favore del sesso femminile.
L’HR combinato, infatti, è risultato pari a 0,50 nelle donne (IC al 95% 0,41-0,60) contro un valore di 0,76 (IC al 95% 0,66-0,87) riscontrato negli uomini (test di eterogeneità, P=0,0003).
In conclusione
L’analisi, concludono gli autori, conferma quindi l’esistenza di un’ampia e significativa interazione tra sesso del paziente ed efficacia gli agenti anti-PD1/anti-PD-L1, in monoterapia o in associazione alla chemioterapia.
Inoltre, l’interazione è risultata opposta nei vari tipi di tumore studiati per le due strategie. Le donne, infatti, hanno beneficiato maggiormente dei trattamenti di combinazione, mentre gli uomini dell’immunoterapia con agenti singoli.