Epatite C, un paziente su 3 arriva a trattamento con un’infezione avanzata: servono una rete per accesso più rapido e un piano nazionale
Eliminare l’epatite C dal nostro Paese è l’obiettivo fissato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità entro il 2030. Esistono terapie in grado di eradicare il virus in poche settimane, efficaci nel 98% dei casi, senza effetti collaterali. Ad oggi, sono stati affrontati con successo 196mila casi, ma i pazienti ancora da trattare, secondo le ultime stime, sarebbero almeno 200mila, di cui molti ancora da diagnosticare. Specialisti e pazienti sono attualmente focalizzati sull’emersione del ‘fisiologico’ sommerso e sull’identificazione dei più idonei e funzionali modelli di screening, fondamentali anche per la definizione degli adeguati budget specifici da parte del Servizio sanitario nazionale. Per fare il punto sul tema, a circa due mesi dalla conferenza stampa di presentazione del ‘Position paper’ congiunto delle società scientifiche e dell’associazione pazienti, si è svolto al ministero della Salute il convegno ‘Alleanza contro l’Epatite. Uniti, insieme: pazienti, clinici e istituzioni, per la concreta eradicazione del virus’. L’evento, organizzato da Ma Provider, è stato promosso da Aisf (Associazione Italiana per lo Studio del Fegato) e Simit (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali), con il patrocinio di EpaC onlus e con il contributo non condizionato di Abbvie e Gilead.
Petta: “L’accesso agli screening e alle terapie deve essere più semplice e immediato”
‘L’accesso agli screening e alle terapie deve essere più semplice e immediato e le difficoltà ancora presenti per ottenere i trattamenti vanno superate – ha detto il dottor Salvatore Petta, segretario Aisf, come riferisce la Dire (www.dire.it) – Possiamo agire su diversi punti. Un primo risultato è stato raggiunto proprio nelle ultime settimane, grazie anche alla richiesta fatta da Aisf ad Aifa nel dicembre 2018: non è infatti più obbligatorio il ‘Fibroscan’ come esame estensivo per la valutazione della fibrosi epatica. Questo provvedimento rende possibile l’utilizzo, in alternativa al Fibroscan, di strumenti non invasivi semplici e facilmente disponibili per valutare la severità della malattia epatica laddove vi siano ostacoli socio-assistenziali che limitano l’accesso al Fibroscan. Ciò favorisce un più facile accesso alle terapie a bacini ad alta prevalenza di infezione da Hcv quali Serd e carceri, che rappresentano realtà critiche che non sempre hanno a disposizione questo strumento diagnostico. Nonostante questo, non c’è un piano nazionale per l’eliminazione delle infezioni da epatiti virali ancora funzionante e dotato di fondi autonomi; non c’è un Pdta nazionale; manca un sistema di rete efficiente che faciliti l’accesso ai farmaci da parte dei pazienti. Un’organizzazione di rete, in particolare, è fondamentale per mettere in contatto i centri abilitati all’erogazione dei trattamenti e quelli ancora non autorizzati, e per creare un network attivo con i medici di medicina generale per i quali sarebbe anche ipotizzabile un uso diretto di test salivari, per poter effettuare loro stessi test di screening ai pazienti a rischio. Auspichiamo anche di poter trasformare le farmacie in centri di informazione: la maggior parte dei soggetti con un’infezione da Hcv sono over 60 e sono questi i più assidui frequentatori delle farmacie. Serve poi nelle carceri e nei Serd personale che sia direttamente in grado di gestire all’interno delle strutture stesse lo screening e le fasi diagnostica e terapeutica. Infine, è necessario un piano nazionale dotato di fondi dedicati, che sostengano non solo l’acquisto dei farmaci ma anche le strategie di screening e la formazione di personale adeguato’.
Galli: “Garantire gli screening nei Serd e in carcere è fondamentale”
L’emersione del ‘sommerso’ continua quindi a rappresentare una sfida fondamentale per poter raggiungere l’eradicazione dell’infezione nel nostro Paese. ‘Un percorso ineludibile, anche se non il solo, passa per programmi di eliminazione del virus in popolazioni speciali- ha sottolineato il professor Massimo Galli, presidente Simit- quelle che possono essere indicate come popolazioni chiave, quelle in cui è più probabile che si verifichino nuovi contagi, sia al loro interno, sia nella popolazione generale. Si tratta in particolare di persone con una storia di tossicodipendenza, molte delle quali sono ancora in contatto con i Serd o sono in carcere. Garantire gli screening nei Serd e in carcere è fondamentale. Attualmente il conseguimento di questo risultato è ancora lontano. Va inoltre ricordato che in Italia vivono oltre 5 milioni di immigrati, i cui Paesi d’origine sono più o meno colpiti dall’epatite C. Dal numero di stranieri residenti coinvolti nelle terapie per Hcv, risulta evidente una ridotta attenzione al problema. Meno del 4% dei primi 10mila arruolati nello studio ‘Piter’ risulta infatti composto da stranieri. Più che una popolazione chiave, si tratta quindi di una popolazione negletta, dimenticarsi della quale può avere un elevato costo in termini di sanità pubblica. È quindi opportuno favorirne l’accesso agli screening e al trattamento. L’eliminazione del virus in gruppi definiti è un risultato perseguibile. Lo dimostra il successo nelle persone con confezione Hiv/Hcv. Abbiamo modo di stimare che in oltre il 95% dei casi seguiti presso i centri di malattie infettive il trattamento con Daa sia stato attuato e abbia portato alla eradicazione individuale del virus. Ma il punto fondamentale per l’emersione del sommerso di Hcv non riguarda una popolazione speciale, a meno che si vogliano considerare tali i cittadini con più di 55 anni. La maggioranza di chi non sa di convivere con Hcv, così come i molti che più o meno vagamente sanno di esserne portatori, ma che non sono mai venuti ai centri a farsi curare è infatti tra loro. Che i pazienti già diagnosticati, ma non ancora trattati, che sono ancora numerosi, vengano indirizzati ai Centri per il trattamento sembra un concetto ovvio: nella pratica, purtroppo, ancora molti di questi pazienti mancano all’appello. Bisogna fare di più perché l’informazione li raggiunga’.
Gardini: “E’ necessario agire tempestivamente”
L’accesso alle cure, che normalmente si palesa con la realizzazione di micro e macro Pdta di linkage to care, presenta ancora diverse criticità. ‘La nostra associazione, analizzando i dati divulgati settimanalmente da Aifa, ha rilevato come un paziente su tre (molto spesso già con diagnosi di malattia da diversi anni) giunga in una struttura autorizzata alla cura con una malattia del fegato avanzata- ha fatto sapere Ivan Gardini, presidente EpaC Onlus- e in oltre la metà dei casi già evoluta in cirrosi. Tali dati testimoniano che genere di danni alla salute può procurare il non agire tempestivamente. E proprio dalle stesse regioni, fatta eccezione per alcune di esse, che ci si aspetterebbe una più attenta analisi della costo efficacia degli attuali farmaci, e quantità di risparmi e anni di vita guadagnati che produce la guarigione dal virus Hcv. Con tali dati, che tutti noi conosciamo bene, l’eliminazione dell’epatite C dovrebbe essere resa, su base immediata, una priorità di salute pubblica regionale. Ma ancora oggi non si riesce a guarire rapidamente quantomeno tutti i pazienti diagnosticati, nonostante la disponibilità di farmaci innovativi dai tassi curativi vicini al 100%, senza effetti collaterali e l’alta specializzazione dei clinici e strutture di riferimento. Ci sono ancora migliaia di pazienti diagnosticati e viremici al di fuori dalle strutture autorizzate e rappresentano vite umane da salvare, inderogabilmente. Subito. In tal senso, i decisori politici devono fare di più e per questo auspichiamo un rapido accordo tra Governo e Conferenza Stato-Regioni, per avviare strategie di eliminazione con risorse adeguate, omogenee ma declinabili alle realtà regionali. È necessario oggi dare nuovo impulso all’eliminazione del virus Hcv per evitare che, come avvenuto nel corso dell’ultimo anno, circa 5mila pazienti sono giunti al trattamento innovativo con un’infezione già evoluta in cirrosi. In un tale scenario, che noi definiamo ancora di emergenza, troviamo importante che sia prevista una deroga alla normativa vigente sull’innovazione dei farmaci, e che tale status particolare di innovatività (in casi eccezionali di salute pubblica, progetti di salute internazionali, o altre motivazioni adeguate) possa e debba essere rivalutato e alcuni casi confermato anche dopo i 36 mesi attuali. Le norme possono e devono essere modificate se incidono negativamente su evidenti ricadute benefiche a favore di centinaia di migliaia di pazienti ma, anche, cospicui risparmi per il Ssn. Tali ricadute benefiche potrebbero essere ampiamente minimizzate se non si mantiene il medesimo status di innovazione che garantisci fondi dedicati, forse l’elemento più importante e che fa parte integrante dello schema vincente che ci ha consentito di curare quasi 200mila pazienti sinora- ha concluso- molti dei quali malati molto gravi’.
Mandelli (Fi): “Contro epatite c test rapidi salivari per tutti”
“Quella dei test rapidi per tutti, per scovare i casi sommersi di epatite C, potrebbe essere una proposta. Ovviamente vanno divisi quelli all’interno del Servizio sanitario nazionale da quelli salivari, che potrebbero essere messi in commercio a carico del cittadino che vuole fare un approfondimento sul suo stato di salute. Sono quindi due temi separati: da una parte mettere a disposizione un auto-test rapido, dall’altra pensare che all’interno delle possibilità di indagine del medico ci sia anche quella di indagare su questo virus, con una gratuità nella prova, per fare uno screening sempre più ampio e far emergere quel sommerso che è il nostro nemico numero uno”. Così il deputato di Forza Italia e presidente della Fofi-Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani, Andrea Mandelli, intervistato dall’agenzia Dire oggi a Roma in occasione de convegno ‘Alleanza contro l’Epatite. Uniti, insieme: pazienti, clinici e istituzioni, per la concreta eradicazione del virus’, promosso da Aisf (Associazione Italiana per lo Studio del Fegato) e Simit (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali), con il patrocinio di EpaC onlus.
“La mia idea è quella di preparare una mozione per interrogare il Parlamento sulla necessità di fare una politica comune sull’epatite C- ha proseguito Mandelli- che non ha magliette di partito, ma la necessità di essere strumento importante per i cittadini. A supporto della mozione si potrebbe pensare ad una due giorni di screening per i parlamentari e alla possibilità di metterli in contatto con i medici per sensibilizzarli. Attraverso lo screening il tema dell’epatite C può essere ancora più percepito e portato avanti con più forza e volontà comune”.
Per far emergere il sommerso, servirebbe una collaborazione maggiore tra Serd, ospedali e anche farmacie che lavorano sul territorio? “Il paziente deve sentirsi sempre di più al centro dell’attenzione della rete della sanità- ha risposto alla Dire il presidente della Fofi- L’evoluzione della complessità delle patologie richiede che ognuno faccia il suo pezzettino, perché il tema è essere al servizio del cittadino, non fare emergere la professione di uno piuttosto che di un altro. Quindi serve un’alleanza strategica mettendo il paziente al centro- ha concluso- ognuno facendo il suo pezzo e perseguendo l’obiettivo di dare assistenza agli italiani”.