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Frattura osteoporotica: prevenzione secondaria insufficiente

Frattura osteoporotica: troppi pazienti non ricevono adeguati trattamenti farmacologici di follow-up secondo un nuovo studio austriaco

Frattura osteoporotica: troppi pazienti non ricevono adeguati trattamenti farmacologici di follow-up secondo un nuovo studio austriaco

Nonostante l’ampia disponibilità di trattamenti disponibili, ancora oggi la maggior parte dei pazienti che va incontro a frattura osteoporotica principale non riceve un adeguato trattamento farmacologico di follow-up. Questo l’allarme lanciato da uno studio austriaco di recente pubblicazione su Bone che sottolinea la necessità di colmare questo gap di salute non trascurabile, in ragione del progressivo invecchiamento della popolazione.

Il “caso austriaco” e la sua specificità alla base del nuovo studio
L’incidenza di fratture da osteoporosi (OP) in Austria è tra le più elevate del globo – sottolineano gli autori nell’introduzione al lavoro -. Tuttavia, fino ad oggi, non esistevano dati sufficienti disponibili per definire l’incidenza di trattamenti farmacologici per questa condizione in pazienti sofferenti di frattura osteoporotica”.

“Inoltre – continuano i ricercatori – in ragione dell’esistenza di differenze sostanziali a livello di sistemi sanitari pubblici, non possono essere direttamente estrapolati alla situazione austriaca i risultati provenienti da altri Paesi, nei quali è stato calcolato il tasso di trattamento farmacologico dopo frattura osteoporotica principale”.

Classificato come il nono miglior sistema sanitario pubblico al mondo da parte dell’OMS, quello austriaco si basa su due pilastri – cure gratuite per tutti e opzione privatistica assicurativa supplementare.

L’obiettivo di questo studio, pertanto, è stato quello di definire l’incidenza del ricorso a trattamento farmacologico per l’OP post-frattura principale osteoporotica in a) uomini e donne; b) pazienti con o senza frattura prevalente; c) pazienti con o senza trattamento farmacologico anti-OP al tempo della frattura indice.

A tal scopo, è stata condotta un’analisi retrospettiva basata sui dati dello studio ICUROS (the International Costs and Utilities Related to Osteoporotic Fractures Study), introdotto e supportato da IOF (International Osteoporosis Foundation) nel 2007. ICUROS è uno studio prospettico, osservazionale e multicentrico (tra i paesi coinvolti, oltre l’Italia, vi erano l’Australia, l’Austria, l’Estonia, la Francia, la Lituania, il Messico, la Russia, la Spagna, il Regno Unito e gli Usa) avente lo scopo di valutare i dati provenienti da pazienti sofferenti di fratture legate all’OP, al fine di dare uno sguardo approfondito sui costi e la Qualità della Vita (QoL), associati con le fratture da OP.

A differenza degli altri Paesi coinvolti in questo studio, il protocollo di studio austriaco prevedeva anche l’inclusione della valutazione del trattamento farmacologico per l’OP (ovvero con calcio, vitamina D, BSF, estrogeni, SERM, PTH e calcitonina). Perché fossero inclusi nello studio, i pazienti dovevano avere un’età pari, almeno, a 50 anni ed avere una diagnosi di frattura indotta a bassa energia  livello del femore, delle vertebre, dei polsi o dell’omero.

Inoltre, sono stati inclusi solo i pazienti residenti nel loro domicilio privato prima della frattura, e ritenuti in grado di rispondere ad un questionario strutturato legato alla loro condizione di pazienti.

Sia la fase di reclutamento nello studio che quella delle interviste di follow-up sono state effettuate negli ambultatori dei medici curanti, e un assistente ha provveduto ad anonimizzare i dati e ad inserirli nel database ICUROS.

I ricercatori hanno utilizzato uno strumento di screening cognitivo ad hoc per valutare il potenziale cognitivo del paziente sufficiente all’inclusione nello studio.

La prima intervista al paziente è stata effettuata durante la prima visita e a non più di 2 settimane dall’insorgenza di frattura. Le interviste di follow-up, invece, sono state condotte telefonicamente a distanza di 4, 12 e 18 mesi dall’evento fratturativo.

La coorte di pazienti è stata stratificata in 2 gruppi: pazienti con trattamento per l’OP al tempo della frattura e pazienti senza trattamento.

Differenze di rischio osservate tra pazienti trattati e non trattati in prevenzione secondaria
Il processo di reclutamento ha portato ad includere nello studio 915 pazienti con frattura OP principale (78,3% di sesso femminile; età media: 75,4±10,2 anni).

A 18 mesi, erano disponibili per l’analisi statistica i dati relativi a 495 pazienti (54,1% rispetto al totale).

Di questi, 184 pazienti (pari al 20,1%) erano stati sottoposti a trattamento farmacologico al tempo della frattura, mentre 731 (pari al 79,9%) non erano stati trattati.

I ricercatori hanno notato differenze significative tra questi gruppi in termini di età, prevalenza di frattura, utilizzo corrente di steroidi e presenza di fattori di rischio di frattura prossimale di femore dei genitori, come pure in termini di assunzione di farmaci analgesici.

Eccezion fatta per i pazienti sottoposti a trattamento corrente con steroidi e con frattura prossimale di femore dei genitori, non sono state documentate altre differenze tra gruppi per altri fattori di rischio.

Nello specifico, nelle donne non sottoposte a trattamento per l’OP al tempo della frattura indice, l’analisi ha documentato un tasso di ricorso alla terapia farmacologica per l’OP del 17,6%, 16% e del 15,3% a 4, 12 e a 18 mesi, rispettivamente. Nel sesso maschile, invece, il tasso di ricorso ai farmaci è stati dell’8,1%, 12,1%  e del 10,4%, rispettivamente.

I tassi di trattamento per i pazienti inizialmente sottoposti a trattamento per l’OP erano pari al 65,4%, 54,2% e 60,4% nel sesso femminile, e del 66,9%, 55,1% e 55,2% in quello maschile.

I farmaci più frequentemente prescritti al tempo della frattura erano rappresentati dai BSF (88%), seguiti dai SERM, dalla calcitonina, dagli estrogeni e dal PTH (4,3%, 4,3%, 2,3% e 1,1%).

Quanto al calcio e alla vitamina D, gli interventi di replezione sono stati adottati dal 37,9% dei pazienti al tempo di frattura, mentre il 62,1% dei pazienti non è stato sottoposto a questo intervento.

A 4 mesi dall’insorgenza di frattura osteoporotica, i tassi di trattamento per l’OP sono risultati significativamente più bassi nel sesso maschile rispetto a quello femminile (8% vs. 17,6%; p=0,01).

Tra i pazienti in terapia farmacologica al tempo della frattura, vi erano quelli con fratture al polso, seguite da fratture prossimali al femore, da fratture vertebrali e da fratture all’omero (78,8%, 39,7%, 24,5% e 14,1%, rispettivamente).

Da ultimo, i pazienti non trattati al tempo della frattura indice erano, nella maggior parte dei casi, colpiti da frattura prossimale di femore, fratture vertebrali, fratture al polso e fratture all’omero (57%, 15,7%, 15,7% e 13,1%). Quelli trattati, invece, avevano maggiori probabilità di essere colpiti da frattura osteoporotica prevalente (26,6% vs. 14,1%; p<0,001).

Riassumendo
In conclusione, nonostante la disponibilità di trattamenti efficaci per prevenire le fratture da OP, la maggior parte dei pazienti austriaci con frattura osteoporotica non riceve un trattamento adeguato per l’OP.

Ciò desta scalpore in ragione dell’ottimo posizionamento del sistema sanitario pubblico austrico nella classifica globale dei sistemi sanitari pubblici, e rimanda alla necessità di implementare modelli di cura coordinati e multi-disciplinari per la prevenzione delle fratture secondarie.

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