Gestione glicemica nel diabete: la misurazione dell’albumina glicata può essere uno strumento più efficace rispetto alla misurazione dell’HbA1c
Nel valutare la gestione glicemica nel diabete, la misurazione dell’albumina glicata può essere uno strumento più efficace rispetto alla misurazione dell’HbA1c, in particolare tra i pazienti con una diagnosi recente di diabete, secondo i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista Journal of Diabetes and its Complications.
L’obiettivo del trattamento del diabete è prevenire l’insorgenza e la progressione delle complicanze diabetiche croniche. Dal momento che il meccanismo di insorgenza delle complicanze non è ancora ben compreso, la strategia principale prevede di avvicinare il più possibile lo stato di controllo glicemico del paziente a quello dei soggetti sani e di mantenerlo a lungo termine. Le proteine glicate possono essere utilizzate come indicatore di controllo glicemico e attualmente il livello di emoglogina glicata (HbA1c) viene utilizzato come standard di riferimento.
La HbA1c formata dalla glicazione non enzimatica dell’emoglobina, ossia l’attacco di uno zucchero alla molecola, rappresenta una misura della concentrazione di glucosio negli ultimi 2-3 mesi. L’albumina è la proteina plasmatica in circolazione più abbondante, con concentrazioni plasmatiche comprese tra 35 e 55 g/l. È costituita da una singola catena polipeptidica con abbondanza di residui di lisina e arginina, che la rendono particolarmente suscettibile alla glicazione. L’albumina glicata è considerata un marker intermedio di glicemia perché il turnover dell’albumina è più breve della durata della vita degli eritrociti (20 contro 120 giorni).
«Quando si aggiusta il trattamento nei pazienti con diabete di nuova diagnosi, non è necessario prendere in considerazione altri fattori come l’indice di massa corporea o il livello di peptide C al basale», hanno dichiarato Linong Ji e Qian Ren del Peking University People’s Hospital di Pechino. «È sufficiente concentrarsi sulla riduzione del livello dell’albumina glicata. Con questo studio forniamo una semplice strategia di aggiustamento della terapia in questi pazienti».
Albumina glicata per il controllo glicemico
Nello studio prospettico multicentrico sono stati arruolati 499 adulti con diabete di tipo 2 (età media, 54,8 anni, 54,3% donne), 176 dei quali avevano ricevuto una diagnosi recente di diabete di tipo 2 e 323 che avevano assunto antidiabetici per via orale, come metformina o sulfonilurea, senza però riuscire a raggiungere il livello target di HbA1c inferiore al 7%.
Al basale e a 91 giorni, i ricercatori hanno misurato peso, altezza, HbA1c, albumina glicata, glicemia a digiuno, colesterolo totale, trigliceridi, colesterolo HDL, colesterolo LDL, peptide C, aspartato transaminasi, transaminasi glutammico-piruvica, azoto ureico ematico e creatinina sierica. Hanno inoltre misurato i livelli di HbA1c e albumina glicata a 14 e 28 giorni.
Tra i soggetti con una diagnosi recente di diabete, alla conclusione dello studio il 66,9% aveva una HbA1c inferiore al 7%, mentre hanno raggiunto questo target il 34,8% di quanti stavano già assumendo un farmaco orale per il diabete (p<0,001). Gli autori hanno anche scoperto che l’81,1% dei pazienti con una diagnosi recente di diabete ha mostrato una diminuzione della HbA1c di almeno lo 0,5%, rispetto al 61,4% di quelli già in terapia all’inizio della sperimentazione (p<0,001).
Inoltre, i partecipanti con una diagnosi recente di diabete hanno registrato una riduzione dell’HbA1c dell’1,3%, mentre in quanti già assumevano antidiabetici orali il decremento si è limitato allo 0,7% (p<0,001). Lo stesso in termini di riduzione dei livelli di albumina glicata, scesa del 3,4% nei nuovi diagnosticati contro lo 2% in quanti erano già in terapia (p<0,001).
In effetti i valori di albumina glicata si sono rivelati buoni predittori di un buon controllo glicemico a 28 giorni, tanto nei soggetti con una diagnosi recente di diabete (OR = 1,63) quanto in quelli che avevano assunto antidiabetici orali (OR = 1,478), hanno scritto i ricercatori. Un buon livello di controllo glicemico è stato inoltre efficacemente predetto dall’indice del peptide C, dall’HbA1c basale, dalla durata del diabete e dall’indice di massa corporea (BMI) nei pazienti che hanno iniziato ad assumere farmaci per via orale all’inizio dello studio.
«È molto importante prevedere con precisione il futuro controllo glicemico quando si prescrivono farmaci ai pazienti. Attualmente tutte le linee guida suggeriscono di utilizzare l’HbA1c per regolare il trattamento, sulla base dei molti studi a supporto», hanno concluso gli autori. «Anche la riduzione dei livelli di albumina glicata si è dimostrata un buon indicatore del futuro successo nei pazienti di nuova diagnosi. In quanti intensificano la terapia, oltre al declino di questo parametro, dovrebbero essere prese in considerazione anche altre caratteristiche cliniche personalizzate».