Omaggio “artistico” a Bertolucci a un anno dalla sua morte: la mostra di Enrico Manera, dato il successo ottenuto, sarà prorogata fino al 20 gennaio 2020
Era il 26 ottobre 2018 quando, all’età di 77 anni, si spense il grande Bernardo Bertolucci. Regista, sceneggiatore e produttore cinematografico, tra i nomi italiani più rappresentativi e conosciuti a livello internazionale, ha diretto film di successo come Ultimo tango a Parigi, Novecento e L’ultimo imperatore, che gli valse l’Oscar al miglior regista e alla migliore sceneggiatura non originale.
Il Maestro sarà omaggiato mercoledì 27 novembre, ore 18:30, con un evento speciale, presso Il Margutta Veggy Food & Art di Roma, all’interno della mostra “Veloci-Raptor” di Enrico Manera. L’esposizione, dato il successo ottenuto, sarà prorogata fino al 20 gennaio 2020. E’ visitabile presso il suddetto vegetariano, in via Margutta, voluta e curata dalla Daniele CiprianiArte, sostenuta e ideata da Tina Vannini. Parte del ricavato della serata del 27 sarà devoluto per il progetto etico “Con il sole sul viso”, ideato e voluto da Alma Manera, a sostegno delle arti e degli artisti.
Per l’occasione, durante l’evento del 27 (formula aperitivo, ingresso a pagamento), sarà presentata una nuova opera di Enrico Manera, dedicata al film “L’ultimo imperatore”, e sarà presente la sedia elettrica realizzata nel 1993 dall’artista Emilio Leofreddi. Su tale installazione artistica, che voleva mandare un chiaro messaggio contro la pena di morte, si sedettero anche Carlo Lizzani, Lina Wertmuller, Dario Argento e lo stesso Bertolucci. La foto da seduto di quest’ultimo fece il giro del mondo, sino ad arrivare sul New York Times.
Oggi la sedia torna in via Margutta, proprio dove venne presentata 26 anni fa, e “accoglierà” gli ospiti dell’appuntamento. “Ricordo quando con Bertolucci andammo a vedere una esibizione di Orlan, una famosa performer francese nota per le sue ricerche post-organiche – racconta l’artista Enrico Manera – Bernaldo era di una sensibilità estrema: non era soltanto appassionato di cinema, ma anche di tante forme di arti visive”.
LA MOSTRA – La storia dell’arte si fa pop e il pop diventa trash, riempiendosi di scarabocchi e graffiti, come murali di una periferia abbandonata. Così sopra il simbolo compaiono i relativi constrasti, sopra la grande opera d’arte, invece, piccole immagini, sempre ben collegate, come figurine di un album da collezione. Prorogata sino al 20 gennaio, la mostra “Veloci-Raptor” con le opere di Enrico Manera, figlio ed erede della cosiddetta Scuola di Piazza del Popolo, è visitabile presso il ristorante vegetariano Il Margutta Veggy Food & Art, a Roma, in via Margutta 118, ed è voluta e curata dalla Daniele Cipriani Arte, sostenuta e ideata da Tina Vannini e con testo di presentazione firmato dal giornalista e curatore Maurizio Sciaccaluga (1963 – 2007). Esposte 17 opere, tutte a colori, in diversi formati, nonché il ritratto di Manera fatto da Mario Schifano nel 1978. Ingresso libero.
LE OPERE IN MOSTRA – Enrico Manera, nelle sue opere, prende di mira anche i principali colossi del cinema mondiale e i principali simboli della cultura italiana e, in generale, occidentale. Poi li unisce e li riempie di altre immagini, di scarabocchi, di pensieri scritti di getto, ma mai senza un senso preciso. Inonando di nuovi significati che si fondono assieme, contaminando quello del soggetto principale dell’opera. Racconta, nel suo stile dissacrante e un po’ cruento, l’ingordigia di Wall Street, i capolavori di Michelangelo e di Caravaggio, peculiarità e storie di regioni e Paesi. Senza risparmiare niente e nessuno, né i colossi dell’Arte né lo star-system di oggi, citando il Vecchio per raccontare il Nuovo, mostrando l’Altro per raccontare il Sè. Enrico attacca convenzioni e ideologie, per mostrare ciò che vi nasconde.
“Nella ricerca dell’autore – scrisse Maurizio Sciaccaluga – le vicende recenti dell’umanità, le icone che rappresentano lo status quo del mondo di oggi, perfino le figure emblematiche della storia dell’arte e del pensiero, sono passate attraverso un setaccio fatto di toni roboanti e lucenti, grazie ai quali l’esagerazione dello stile finisce con lo svelare l’assurdità e l’ingiustizia profonda delle cose: l’artista scava e scruta tra le debolezze umane, nelle ferite e nelle lacune del passato dell’umanità, e ridicolizzando errori e orrori compie, a nome collettivo, una specie di emendatio: scaricati sulla tela, sbattuti nelle prima pagina del quadro, le colpe e i debiti possono almeno per un momento essere considerati estinti, pagati. Insomma, ci si può anche ridere sopra, seppure di un riso amaro, caustico, acre”.