Per ridurre efficacemente i trigliceridi plasmatici arrivano terapie che utilizzano l’interferenza dell’RNA (RNAi) per influire sui geni che codificano per le proteine coinvolte nel metabolismo dei lipidi e delle lipoproteine
Le terapie che utilizzano l’interferenza dell’RNA (RNAi) per influire sui geni che codificano per le proteine coinvolte nel metabolismo dei lipidi e delle lipoproteine, in particolare l’apolipoproteina C-III (APOC3) e la proteina 3 simile all’angiopoietina (angiopoietin-like protein3, ANGPTL3), possono ridurre efficacemente i trigliceridi plasmatici, secondo primi dati di due studi presentati a Philadelphia durante le sessioni scientifiche dell’American Heart Association 2019 (AHA 2019).
Queste riduzioni sono state durature e, nel caso della terapia APOC3-silenziatrice, sono state accompagnate da un aumento del colesterolo HDL. Entrambe le terapie hanno anche ridotto il colesterolo LDL, hanno riferito i ricercatori.
Due studi, due diversi geni silenziati a livello epatico, stesso obiettivo
Proprio come nel caso di inclisiran, piccolo interferente RNA [siRNA] che interrompe la sintesi di PCSK9 e riduce il colesterolo LDL, le due nuove terapie svolgono il loro lavoro nel fegato, dove silenziano i geni.
I risultati «suggeriscono un nuovo meccanismo per affrontare potenzialmente il rischio residuo di malattie cardiovascolari (CVD) in pazienti con dislipidemie» ha affermato Gerald Watts, della University of Western Australia di Perth, che ha condotto lo studio di fase I/IIa su ANGPTL3. Si è concentrato invece su APOC3 uno studio di fase I / IIa condotto da Christie Ballantyne, del Baylor College of Medicine di Houston.
Ogni studio ha arruolato 40 volontari sani. Entrambi hanno esaminato la sicurezza e la tollerabilità delle terapie quando somministrate in dose singola o in due dosi mensili. La durata del loro effetto sui livelli di trigliceridi, ha affermato Ballantyne, «li rende ideali per le popolazioni con problemi di aderenza alla terapia».
Questo perché i pazienti con grave ipertrigliceridemia che non mancano di assumere i loro farmaci specifici per una o due settimane possono necessitare di un ricovero d’urgenza in ospedale per pancreatite, ha spiegato.
Indicazioni: chilomicronemia familiare, ipertrigliceridemia con pancreatite
I potenziali destinatari includono soggetti con sindrome da chilomicronemia familiare che colpisce circa una persona su un milione ed è causata da deficit di lipoproteina lipasi che porta a livelli estremamente alti di trigliceridi (> 880 mg/dL).
Queste terapia possono essere indicate anche nei pazienti con grave ipertrigliceridemia e pancreatite. «Per entrambe le condizioni, l’adesione alle terapie attuali, compresi i rigorosi cambiamenti nella dieta o nello stile di vita, è una sfida» ha spiegato Ballantyne.
Riguardo al costo di produzione delle terapie mirate per APOC3 e ANGPTL3, né Ballantyne né Watts erano a conoscenza di questi dettagli. Entrambi hanno le hanno viste come opportunità, innanzitutto per i pazienti con uno dei più grandi bisogni clinici insoddisfatti, a cui far seguito con una sperimentazione su una popolazione più vasta.
Analisi comparata delle sperimentazioni
«Ci troviamo in un nuovo mondo “coraggioso” di terapie RNAi, una tecnologia molto interessante, simile ma meccanicamente diversa da quella degli oligonucleotidi antisenso» ha osservato Daniel J. Rader, della University of Pennsylvania di Philadelphia, nella discussione che ha seguito le presentazioni.
In questo caso il processo è «catalitico», in quanto «la stessa molecola può aggirare e distruggere molteplici aspetti degli RNA in un modo che fornisce sostanziale longevità in termini di durata dell’effetto» ha spiegato.
Anche Rader ha descritto l’ipertrigliceridemia come un’esigenza clinica insoddisfatta. ANGPTL3 e APOC3 «sono davvero nuovi grandi obiettivi che sono nati dalla ricerca sulla genetica umana» ha commentato. Ha poi confrontato gli studi mettendoli fianco a fianco, osservando che gli intervalli di dose erano da 10 a 100 mg e da 35 a 300 mg, rispettivamente, con il silenziamento di APOC3 e ANGPTL3.
La riduzione massima del target nei livelli sierici di proteine era del 94% per APOC3 e dell’83% per ANGPTL3. Alle dosi più elevate, il silenziamento del gene APOC3 ha ridotto i livelli di trigliceridi del 64% e l’inibizione del gene ANGPTL3 del 66%. Queste riduzioni erano stabili fino alla 16a settimana degli studi. Sia il silenziamento di ANGPTL3 che quello di APOC3 hanno portato a una riduzione media del livello massimo di LDL (del 30% e del 25%, rispettivamente, alle dosi più elevate).
Nello studio APOC3, il colesterolo HDL è aumentato fino al 52%. Al contrario, nello studio ANGPTL3 l’HDL è diminuito fino anche del 16%. Non si sono verificati eventi avversi gravi in alcuno dei due studi. Le reazioni nel sito di iniezione erano rare e, quando sono occorse, sono state lievi.
Quesiti aperti
Per Rader, non è ancora chiaro quale target funzionerà meglio, sia nel ridurre i trigliceridi sia nella prevenzione di eventi cardiovascolari. Un’altra domanda è come queste terapie di RNAi risultino dopo un confronto con i metodi basati su anticorpi e oligonucleotidi antisenso diretti alle stesse proteine.
Donald Lloyd-Jones, della Northwestern Feinberg School of Medicine di Chicago, ha sottolineato la velocità dei progressi nel campo dell’RNAi e la rapidità del passaggio dall’identificazione del target alla terapia con studi di fase I, II e con inclisiran anche di fase III. Gli studi clinici però, ha ricordato, non devono dimostrare solo che queste terapie basate sui geni funzionano ma che non sono collegate ad alcun segnale di sicurezza off-target.