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Insonnia: notti in bianco per un italiano su tre

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Insonnia: una malattia complessa con svariate cause e numerose variabili da prendere in considerazione che colpisce un italiano su tre

Mi giro e mi rigiro e il sonno se ne va. O meglio: non arriva. Ad aspettare questo “Godot” sono sempre più Italiani, mediamente 1 su 3. L’insonnia è una malattia complessa con svariate cause e numerose variabili da prendere in considerazione. L’occhio sbarrato c’è sempre, ma può manifestarsi in diversi modi: c’è chi impiega qualche ora per addormentarsi, chi ci riesce in pochi minuti ma si sveglia dopo poche ore e chi ha solo la percezione di non riuscire a chiudere occhio. Il problema più grave è che questa patologia con il tempo tende a diventare cronica; molto spesso perchè si assumono comportamenti sbagliati, come ad esempio bere numerosi caffè durante la giornata per contrastare la stanchezza e la sonnolenza. Ne parla il neurologo del Centro di Medicina del Sonno dell’Ospedale Niguarda.

La patologia

L’insonnia è l’esperienza di un sonno insufficiente o di scarsa qualità. I sintomi sono la difficoltà a iniziare o a mantenere il sonno, il risveglio precoce mattutino e il sonno avvertito come poco ristoratore. Durante il giorno può esserci difficoltà di concentrazione, irritabilità, sonnolenza e stanchezza.

Esiste poi l’insonnia misperception (o insonnia paradossa), curiosa perché caratterizzata da una netta discordanza tra la descrizione del sonno fatta dal paziente e i risultati della registrazione del sonno stesso. In pratica l’insonne ha la sensazione di stare sveglio tutta la notte, ma all’esame del sonno (polisonnografia) si nota che in realtà ha sempre dormito avendo, però, dei piccoli risvegli, magari di pochi secondi, che inducono la percezione di non essersi mai addormentato.

Alla base dell’alterazione del ritmo sonno-veglia possono esserci malattie sistemiche come l’artrite reumatoide, i disturbi della tiroide, lo scompenso cardiaco o l’ipertensione; oppure l’insonnia può essere dovuta all’assunzione di farmaci che come effetto collaterale provocano la perdita di sonno. Da non trascurare, poi, l’associazione con alcuni disturbi psichiatrici come la depressione.

Quanto si dorme non è un criterio per capire se si soffre di insonnia. Tutto dipende dal ritmo sonno-veglia e dalla qualità del sonno. Ci sono i dormitori lunghi che hanno bisogno di almeno 10 ore di sonno per essere riposati, i corti dormitori ai quali bastano 5 ore per stare bene, in mezzo quelli che hanno bisogno di un numero di ore standard (7-8). Tutte queste categorie al risveglio si sentono riposate. L’insonne può anche aver dormito 7 ore ma in maniera frammentata, con risvegli frequenti, il che compromette la qualità del riposo.

Un valido alleato contro l’insonnia sono i farmaci, ma attenzione a non esagerare: tra questi ci sono le benzodiazepine, che funzionano spegnendo l’interruttore dell’ansia, favorendo il sonno. Poi gli ipnotici che stimolano, invece, i meccanismi dell’addormentamento.

Le cure non possono andare oltre le 3-4 settimane e vanno sempre concordate con il medico. Solo con la diagnosi, infatti si può capire se c’è bisogno del farmaco. Spesso la terapia segue due direttrici: da un lato c’è l’approccio farmacologico dall’altro quello che privilegia le norme di una corretta igiene del sonno fatta di corrette abitudini prima di andare a letto o tecniche di rilassamento, una terapia comportamentale

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