Le diete a basso contenuto di carboidrati creano solo l’illusione della perdita di peso: l’effetto yo-yo nel tempo può provocare un aumento di peso
No alle diete a basso contenuto di carboidrati, da anni molto in voga, a partire da quella chetogenica, ultima moda in fatto di cure dimagranti, a cui si aggiungono la Atkins, la Zona, la Dukan o la Paleodieta, per citarne solo alcune. La bocciatura arriva da Michelangelo Giampietro, specialista in medicina dello sport e in scienza dell’alimentazione, docente alla Scuola dello sport Coni di Roma. Fanno male alla salute e “creano solo l’illusione della perdita di peso, dovuta soprattutto all’eliminazione dell’acqua da parte dell’organismo e, in alcuni casi, alla perdita di tessuto muscolare”. Con il risultato “dell’effetto yo-yo, che a lungo andare può provocare un aumento di peso rispetto alla situazione iniziale”.
“La dieta chetogenica – spiega l’esperto all’indomani del 40esimo congresso nazionale della Società italiana di nutrizione umana (Sinu), tenutosi a Genova – caratterizzata da altissimo contenuto di grassi e proteine e bassissimo contenuto di carboidrati ha precise indicazioni terapeutiche, necessarie in alcune patologie, come l’epilessia refrattaria ai farmaci o in preparazione di interventi chirurgici indispensabili nel breve tempo, e deve essere prescritta e seguita sempre sotto stretto controllo medico. E’ invece assolutamente sconsigliata – ammonisce – come dieta per dimagrimenti non particolarmente importanti”.
“I carboidrati, infatti – afferma l’esperto -, sono essenziali per il benessere e lo stato di salute di qualunque persona e popolazione. Alcune cellule del nostro organismo (globuli rossi, cervello, muscoli in particolare) hanno assoluta necessità di questo nutriente. Visto che non abbiamo riserve sufficienti di carboidrati, è necessario assumere quantità adeguate e in maniera regolare nel corso della giornata nei famosi 5 pasti quotidiani. Se non mangiassimo alimenti ricchi di carboidrati – spiega Giampietro – il nostro organismo ne risentirebbe immediatamente manifestando i disturbi classici dell’ipoglicemia e del digiuno: debolezza, sudorazione, mancanza di concentrazione e attenzione, sonnolenza, mal di testa, annebbiamento della vista”.
Ma in un’alimentazione mediterranea corretta qual è il giusto apporto di carboidrati? “Dovrebbe corrispondere – spiega il medico – ad almeno il 50-55% delle calorie totali giornaliere. Un metodo per fare questo calcolo è di considerare almeno 2-3 grammi di carboidrati per kg di peso corporeo desiderato: per esempio una donna adulta di 55 kg ne dovrebbe mangiare almeno 110 grammi al giorno. Naturalmente, questa quantità cresce proporzionalmente alle ore e all’intensità di attività fisica svolta, fino ad arrivare, negli atleti, a 6-10 o addirittura 12 g/kg”.
“L’80% – precisa l’esperto – dovrebbe provenire dai carboidrati complessi, contenuti nei cereali (grano, orzo, riso, farro, miglio, mais) e prodotti ottenuti da questi (pasta, pane, etc), una parte di questa quota può derivare anche dai legumi. Il restante 20% può provenire da zuccheri semplici, frutta fresca, in primis, meglio se di stagione”.
Al contrario “l’eliminazione preconcetta senza giustificazione di intere categorie di alimenti o l’eccessiva enfatizzazione di virtù presunte e non sufficientemente provate di altri – sostiene – è sempre e comunque una scelta sbagliata. In una corretta proposta nutrizionale non dovrebbe essere escluso nessun tipo o categoria di alimento”, ribadisce. “I principi fondamentali sono la varietà e il buon senso. Preferendo alimenti di origine vegetale (verdura, frutta, cereali e legumi, anche per il loro effetto saziante dovuto alla fibra) senza penalizzare eccessivamente quelli di origine animale (carni, pesce, uova, latte e derivati), e con il caro vecchio olio extravergine d’oliva, meglio se a crudo, come grasso di condimento”.
Oltre alle diete ‘di moda’, stiamo assistendo negli anni a un progressivo ‘allontanamento’ dalla dieta mediterranea a favore di cibi molto meno salutari: secondo dati dell’European Journal of Public Health, solo il 41% della popolazione del Nord Italia mangia seguendo questo modello, appena il 16,8% nel Centro Italia e il 42,1% nel Sud del Paese. Eppure la dieta mediterranea “è l’unica che ha un’ampia e comprovata evidenza scientifica. I dati epidemiologici, su ampi numeri – ricorda Giampietro – dimostrano come questo modello alimentare protegga la salute da un gran numero di malattie come quelle caratteristiche della società del benessere, dall’obesità alle malattie cardiovascolari, ai tumori, patologie metaboliche”. Non solo. La dieta mediterranea “ha anche benefici psicologici, perché gli alimenti che la caratterizzano sono salubri e gustosi”.
E a dimostrare l’importanza nutrizionale dei carboidrati è l’alimentazione degli atleti che, per antonomasia, ha un grosso impatto sulle performance di chi deve essere sempre ‘al top’. “Le prestazioni degli sportivi – spiega il nutrizionista e medico dello sport – sono legate a tre componenti nutrizionali: perfetta idratazione, ampia disponibilità di carboidrati, aumento della quota di proteine, ma sempre inferiore rispetto a quello dei carboidrati”.
“Guardando a una decina di Olimpiadi fa (almeno fino a Monaco ‘72) la situazione era completamente diversa. Allora vigeva nello sport la dittatura della bistecca, con un’alimentazione basata soprattutto sulle proteine animali. La chiamavano ‘dieta del marine’, con un chiaro riferimento alla cultura alimentare dove la carne è da sempre al centro del menù. Oggi invece – evidenzia Giampietro – la scienza sconsiglia per le persone attive diete ad alto contenuto proteico e con pochi carboidrati. E non si contano le testimonianze dei benefici di una ‘dieta della pasta’ per chi pratica sport”.
“La rivincita dei carboidrati – riferisce – inizia negli anni ’70 grazie all’intuizione dei medici dello sport italiani, convinti dei vantaggi della dieta mediterranea e dell’assurdità di rinunciare alla propria identità gastronomica. La pasta, in particolare, fornisce agli atleti un ‘carburante’ a lento assorbimento, da fornire in quantità maggiori rispetto agli zuccheri semplici. Grazie ai riscontri sul campo ottenuti da campioni del calibro di Pietro Mennea e Klaus Dibiasi, che attirarono l’attenzione e la curiosità degli addetti ai lavori, in pochi anni la svolta: il Villaggio Olimpico di Montréal ’76 accoglie per la prima volta uno chef della pasta nelle sue cucine. Oggi le diete ricche di carboidrati sono un elemento fondamentale nell’alimentazione di tutti gli sportivi. A ribadire la loro importanza – conclude – basta ricordare che il solo loro contatto con le pareti della bocca migliora la prestazione sportiva”.