La tecnologia, messa a disposizione dall’organizzazione no profit ‘Cultural heritage imaging’, permette di realizzare ricostruzioni digitali molto dettagliate. “Questo metodo è stato utilizzato inizialmente soprattutto per lo studio di manufatti artistici e archeologici- spiega Italia- ma si presta molto bene anche per l’indagine dei manoscritti. Fotografie ad alta definizione vengono scattate con luce riflessa su una sfera da diverse angolature e altezze e poi ricomposte digitalmente, creando così un’immagine tridimensionale che permette di migliorare la percezione della superficie dell’oggetto e di evidenziare le stratificazioni dei solchi lasciati dalla penna nella scrittura“. In questo modo è stato possibile scoprire segni e correzioni che corrispondono a penne e stesure diverse.
“L’analisi spettrometrica e le rilevazioni ad alta definizione in 3D- continua Italia- ci hanno confermato che ogni volta che Leopardi torna sul quaderno per scrivere un altro testo, corregge quelli precedenti, che recano quindi diverse serie di correzioni”. Ad esempio ‘L’infinito’, che è il secondo tra i testi del quaderno, “reca tre fasi diverse: quella realizzata con la penna della scrittura base, a cui seguono una serie di correzioni a inchiostro più scuro, realizzate l’anno successivo, nel 1820, quando scrive ‘La sera del giorno festivo’, e infine altre piccole correzioni effettuate con una penna dall’inchiostro rossiccio, preparando il testo per la copia definitiva”.
La ricerca dell’Alma Mater non si fermerà qui, riferisce l’Agenzia Dire (www.dire.it). “Vogliamo ora portare avanti il nostro progetto- conferma Italia- cercando di datare ulteriormente i testi, utilizzando una combinazione di strumenti: l’analisi letteraria della lingua e dello stile, quella filologica del ductus e le informazioni provenienti dall’analisi tridimensionale delle grafie”.