Al Teatro Metastasio di Prato debutta il nuovo lavoro dell’attrice e regista pugliese Licia Lanera, “Il gabbiano” di Cechov, seconda tappa della trilogia “Guarda come nevica”
Dopo aver calcato i palcoscenici di tutt’Italia in assoli feroci e appassionanti, reduce freschissima dalla maestosa inaugurazione della stagione di prosa del Teatro Petruzzelli di Bari, in duplice veste di regista e attrice Licia Lanera si confronta con un classico della letteratura mondiale IL GABBIANO di Cechov, in scena al Teatro Metastasio da mercoledì 11 a domenica 15 dicembre, una produzione Compagnia Licia Lanera, Teatro Metastasio di Prato, TPE – Teatro Piemonte Europa (20.45 feriali, 19.30 sabato, 16.30 domenica).
Secondo movimento della trilogia Guarda come nevica – che include tre testi e tre spettacoli sulla neve, tre autori russi e tre generi letterari: Cuore di cane di Bulgakov, Il gabbiano di Cechov e Le poesie di Vladimir Majakovskij -, IL GABBIANO vede sulla scena la stessa Lanera insieme a sette attori: Vittorio Continelli, Mino Decataldo, Alessandra Di Lernia, Jozef Gjura, Marco Grossi, Fabio Mascagni, Giulia Mazzarino.
Il testo di Cechov racconta le tragedie private di uomini e donne piccoli piccoli trapiantati in campagna, dalla vita costellata da fallimenti che non lasciano traccia nella storia e si consumano nelle case. Una tristezza infinita, una paura della vecchiaia, della solitudine, un tempo dilatato e vuoto in cui si muore piano piano, un gusto smisurato e allo stesso tempo misuratissimo per la sconfitta.
In campagna, nella tenuta di Sorin, fa caldo, un caldo torrido, ma in questo Gabbiano nevica lentamente, una neve che gela i cuori, li pietrifica e tutto diventa bianco. Una campagna tutt’altro che idilliaca, dove come dei sequestrati, stanno i personaggi. Tutti lì, tra le pareti del palcoscenico, sempre in scena, impossibilitati ad uscire. Personaggi grigi, ammalati di grigieria, consumano le loro giornate ironizzando sulle loro miserie, disperandosi, guardandosi, amandosi, costretti a stare sempre assieme. Corpi che si guardano, che si riconoscono e che si toccano. “Uno specchio vivissimo dei mediocri che siamo”.
La messinscena è realizzata “per un teatro che fonda sulla regia le sue radici più profonde, un teatro di regia dell’oggi che si porta un pezzo di quello di ieri, con il gusto dell’analisi del testo e un rapporto amorosamente esasperato con gli attori, ma che lascia a casa i grandi allestimenti e una certa polverosa filologia” – afferma la Lanera.
La traduzione di Gerardo Guerrieri fa didatti risaltare domande fondamentali: come si fanno i classici oggi? Qual è il loro senso? E possono ancora indicare la via giusta per uscire dall’imbarbarimento culturale e dal degrado?
“Quale occasione migliore – argomenta ancora la Lanera – per riflettere sul ruolo che il teatro ha nella vita dei teatranti stessi e in quella degli uomini, nella storia? Quale migliore occasione per parlare della vita che schianta i nostri sogni giovanili e ci fa diventare diversi da quello che pensavamo che saremmo diventati? Quale testo migliore per parlare di grandi attrici dalla vita disastrata, scrittori senza carattere, giovani drammaturghi disperati e giovani attrici disilluse?”.