Michele si trova così catapultato in un mondo radicalmente diverso dal suo, da cui non può uscire né comunicare con l’esterno. Da subito cerca, in tutti i modi possibili, di riprendere i suoi lucrosi traffici, approfittando biecamente della buona fede dei suoi ospiti. Ma,venuto a conoscenza dei subdoli attacchi che potrebbero portare alla chiusura del cohousing,Michele mette disposizione della comunità tutta la sua capacità di brigare in modi più o meno disonesti, pur di non finire in carcere. Sia michele sia l’intera comunità però sono all’oscuro di un dettaglio: la PM lo ha indotto a vivere nel cohousing per intercettare sistematicamente i suoi tentativi di comunicare con l’esterno e scoprire l’intera rete dei suoi affari illeciti. Ma in questa indagine i due agenti che lo intercettano finiscono–come spesso accade a chi fa il loro mestiere–per farsi coinvolgere emotivamente (e non solo) nelle vicende di tutti i cohouser.
“Liberi tutti” è lo slogan che accomuna tutti i protagonisti: se lo dicono i cohouser alla fine delle interminabili assemblee, Michele potrebbe farne il sottotitolo della sua esistenza e gli intercettatori se lo ripetono a fine turno per comunicarsi il sollievo di staccare. Ma liberi da cosa? Definire la convivenza vuol dire definire il tipo di libertà che si cerca.