Malattia di Huntington, in 3 sperimentazioni la speranza di vincerla. Squitieri (LIRH): “Oggi si mira al meccanismo di base e alla causa genetica”
La malattia di Huntington conta in Italia circa 6.500 pazienti e 40.000 persone a rischio di ammalarsi: seppur rara, è la più frequente malattia genetica neurologica dominante con una causa nota, individuabile con un test genetico. Colpisce generalmente in età adulta, ma il difetto genetico è presente già alla nascita e la ricerca sta evidenziando la presenza di forme infantili. La Huntington è una malattia subdola, che modifica progressivamente sia il corpo che la mente, incidendo sulla sfera del comportamento, del movimento e delle capacità cognitive. Per le famiglie colpite dall’Huntington, questo è un periodo di grandi cambiamenti e speranza, solidamente basati sulla sperimentazione clinica. Ci sono infatti 3 potenziali farmaci in studio, quindi in fase sperimentale, che mirano a colpire i meccanismi alla base della malattia, fino addirittura a correggere il difetto genetico.
Se queste nuove strategie sperimentali neuroprotettive si rivelassero efficaci, i pazienti potrebbero presto disporre di terapie ulteriori rispetto ai farmaci che agiscono solo su alcuni sintomi, l’unico approccio possibile fino ad ora. Una panoramica sulle sperimentazioni in corso e sulle nuove conoscenze che la medicina ha acquisito è stata presentata sabato scorso a Roma nell’ambito del convegno annuale della Fondazione Lega Italiana Ricerca Huntington (LIRH), dove, con la comunità dei pazienti, si sono riuniti per una giornata ricercatori, rappresentanti dell’industria e autorevoli esponenti dell’autorità regolatoria.
I parallelismi con ciò che si è già visto accadere in un’altra malattia rara, l’atrofia muscolare spinale (SMA), sono forti, e ci si augura che anche gli esiti di questo percorso possano essere altrettanto positivi. “La speranza più vicina è riposta nel farmaco RG6042 che Roche sta sperimentando anche in Italia in un ampio studio di Fase III – lo studio GENERATION HD1”, spiega il prof. Ferdinando Squitieri, Responsabile dell’Unità Ricerca e Cura Huntington e Malattie Rare dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza/CSS-Mendel e Direttore Scientifico della Fondazione LIRH. “Si tratta di un oligonucleotide antisenso (ASO), cioè di un piccolo frammento di DNA sintetico, in grado di riconoscere e legarsi all’RNA messaggero per favorirne la degradazione e ridurre così i livelli della proteina huntingtina nel sistema nervoso. La terapia sperimentale viene somministrata periodicamente ai pazienti con una infiltrazione attraverso una puntura lombare per via intratecale direttamente nel liquor”. La tipologia di farmaco e il metodo di somministrazione sono uguali al primo farmaco approvato per la SMA, una terapia che ha stupito tutti per la velocità con cui è passata dalla fase sperimentale all’approvazione.
“Anche una seconda terapia in sperimentazione – spiega ancora il prof. Squitieri – che è in una fase un po’ più preliminare di studio, è rappresentata da due diversi farmaci ASO attraverso una via di somministrazione simile, ma con un’azione più selettiva in quanto mira a ridurre solo la proteina huntingtina tossica (quella prodotta dal gene mutato ereditato dal genitore ammalato): queste molecole sono prodotte dall’azienda farmaceutica Wave.
L’avvio di una sperimentazione di Fase I/II è poi previsto nel corso del 2020 come primo possibile approccio di terapia genica promosso dall’azienda UniQure. “Questa terapia, la cui molecola si chiama AMT-130 – spiega il prof. Squitieri – sfrutta un vettore adenovirale per veicolare un frammento di micro RNA (miRNA) che viene integrato nel genoma delle cellule cerebrali del paziente legandosi in maniera non selettiva all’RNA messaggero che ha il compito di produrre la proteina huntingtina per favorirne la degradazione riducendone così i livelli. Dopo la sperimentazione su modello suino, dove si è visto che i livelli di huntingtina – sia quella sana che quella mutata – si sono ridotti fino al 70% e tale risultato si è mantenuto fino a un anno dalla somministrazione, si spera di passare ora alla prima fase di sperimentazione sull’uomo. Questa terapia prevede un’iniezione direttamente nell’encefalo, attraverso fori da praticare nel cranio da personale altamente specializzato. Se approvata dall’autorità regolatoria, la sperimentazione, per ora prevista in Fase I – per accertarne essenzialmente la sicurezza – riguarderà 26 pazienti (inizialmente negli Stati Uniti) e durerà 18 mesi, seguiti poi da un lungo periodo di follow up per monitorarne gli effetti a lungo termine”.
Il convegno ha anche dato voce ai veri protagonisti: i pazienti che, giunti a Roma con le loro famiglie da ogni parte d’Italia per stringersi, come ogni anno, intorno alla Fondazione LIRH, hanno condiviso le loro esperienze e aspettative e non hanno risparmiato domande ai relatori. Particolarmente sentita la sessione dedicata alla malattia pediatrica insieme ai ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, con cui LIRH condivide il progetto Spazio Huntington, una strategia per abbattere il muro di paura dei tanti genitori che sanno di avere bimbi con un rischio di ereditare la malattia di Huntington, sostenuto anche dalla organizzazione giovanile internazionale (HDYO) e da quella italiana (NOI Huntington-La rete italiana del giovani).
Il numero verde 800.388.330 è disponibile per offrire informazioni e orientamento a chiunque ne avesse bisogno.