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Il 2019 in musica: è l’anno delle donne

Per la prima volta, le donne rappresentano la metà degli artisti nella top 50 dell'anno. Il miglior disco è Norman Fucking Rockwell! di Lana Del Rey

Per la prima volta, le donne rappresentano la metà degli artisti nella top 50 dell’anno. Il miglior disco è Norman Fucking Rockwell! di Lana Del Rey

Dal pop cinematografico di Lana Del Rey al soul elettronico di Fka Twigs; dal rock multiforme di Nilufer Yanya alla canzone d’autore che trova nuove interpreti: Angel Olsen, Aldous Harding, Weyes Blood, Sharon Van Etten, Cate Le Bon. E poi quelle che già sono un po’ superstar: Lizzo, Solange, Taylor Swift, Billie Eilish. Numeri alla mano, è un dato di fatto: il 2019, in musica, è stato l’anno delle donne. Lo dice la critica musicale da entrambe le sponde dell’oceano Atlantico. Il miglior disco dell’anno? ‘Norman Fucking Rockwell!’ di Lana Del Rey. Nella top ten sei dischi su dieci sono al femminile. I migliori cinquanta sono equamente divisi: 25 portano la firma di una donna, 25 di un uomo. E’ la prima volta dal 2009 a questa parte, da quando esiste una misurazione statistica affidabile e accessibile.

Il sito www.anydecentmusic.com dal 2009 raccoglie le classifiche di fine anno dei siti musicali più rispettati e letti: Pitchfork, Mojo, Nme, Rolling Stone, Uncut, Guardian e tanti altri. Quegli elenchi che a dicembre aiutano a ricordare oppure a scoprire le migliori uscite dell’anno che si conclude. Classifiche, va detto, che per la stragrande maggior parte si basano su produzioni musicali anglofone: Inghilterra, Stati Uniti, Australia. Parliamo di rock, pop, soul, rap, musica elettronica. Niente jazz né classica. E nemmeno quella che sommariamente viene definita ‘world music’ e dove, a dire il vero, ci sono autrici che meriterebbero un’esposizione maggiore.

I numeri non mentono e raccontano una storia: dal 2009 a oggi la presenza femminile nelle classifiche musicali di fine anno è andata crescendo. Lentamente fino al 2016 poi, negli ultimi tre anni, l’accelerazione. Va da sè che non si tratta solo di donne che incidono dischi più belli di quelli di dieci anni fa. Qualcosa è cambiato in termini di attenzione e riconoscimento. Basti pensare a festival famosi in tutto il mondo come Coachella, Glastonbury o Primavera, che si sono impegnati per avere un cartellone equamente rappresentativo dei due generi. Seppure con fatica, l’industria musicale sta cambiando.

Dal 2009 al 2017 la media di dischi femminili nella top ten è stata di 3 album: album, spiega l’agenzia Dire (www.dire.it), dove una donna ha un ruolo da protagonista, anche come frontwoman di una band di uomini per esempio. Nel 2018 sono diventati il doppio: sei, come quest’anno. Tra il 2009 e il 2016 tra i migliori 50 dischi dell’anno, quelli incisi da donne sono sempre stati tra gli 11 (il minimo, nel 2009 e nel 2010) e i 17 del 2015. Negli ultimi tre anni il salto in avanti: 19 nel 2017, 21 nel 2018, fino alla parità di quest’anno.

L’inerzia fa ben sperare. Tra il 2009 e il 2017 solo due volte su 9 il podio più alto era stato occupato da una donna: Pj Harvey nel 2011 con ‘Let England Shake’ e nel 2014 Fka Twigs con ‘Lp1’. Negli ultii due anni è due su due: ‘Dirty Computer’ di Janelle Monae e ‘Norman Fucking Rockwell!’ di Lana Del Rey.

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