Epicondilite: ecco come si cura il gomito del tennista


Epicondilite o gomito del tennista, le terapie non mancano: esercizi, tutori, onde d’urto, farmaci e nei casi più estremi la chirurgia

Il suo vero nome è epicondilite, ma per tutti è il gomito del tennista, un’infiammazione molto dolorosa che chi l’ha provata difficilmente può dimenticare. Per fortuna le terapie non mancano: esercizi, tutori, onde d’urto, farmaci e nei casi più estremi la chirurgia, tutto per ritornare a muovere il braccio con naturalezza. Ne parla lo specialista, il chirurgo della mano dell’Ospedale Niguarda. Il movimento articolare del gomito è dato dai muscoli che agiscono sulle leve ossee grazie ai tendini (vere e proprie corde che tirano). Nella parte distale dell’omero i tendini estensori del polso si inseriscono sul versante esterno (epitroclea) mentre i tendini flessori del polso si inseriscono sul versante interno (epitroclea). Nel gomito pertanto possono infiammarsi sia i muscoli estensori del polso (è l’epicondilite o gomito del tennista), sia i muscoli flessori del polso (è l’epitrocleite o gomito del golfista). L’origine di tale infiammazione è quasi sempre micro traumatica, dovuta a gesti atletici sportivi o lavorativi ripetuti. Se i tendini che servono per estendere il polso e le dita si danneggiano si inizia ad avvertire il dolore durante i movimenti. Il dolore si estende poi al braccio e in alcuni casi anche alla mano. Molto spesso si cerca di far fronte alla cosa utilizzando delle fasce elastiche (dei tutori) che attenuano il fastidio durante lo sforzo fisico. Ma quando questo non basta è necessario rivolgersi allo specialista: un ortopedico o un chirurgo della mano. Dopo la fase acuta l’epicondilite tende a cronicizzarsi arrivando ad una reazione cicatriziale: si tratta di un’infiammazione per cui il tendine e i muscoli perdono la loro elasticità, ed è questa condizione che provoca il dolore. Perciò la prima cosa da fare è molto stretching, per rielasticizzare il muscolo, accompagnato da riposo e ghiaccio. Il tendine e il muscolo interessati da epicondilite sono poco vascolarizzati per cui le terapie cercano di promuovere questo processo. Per farlo si utilizzano le onde d’urto o la laser-terapia. Poi c’è la mesoterapia:infiltrazioni sottocutanee che si eseguono con tanti aghi corti, utili per iniettare a livello superficiale, del derma, farmaci tradizionali, anti-infiammatori, o anche della medicina omeopatica. A seconda del caso si possono prescrivere delle classiche infiltrazioni in profondità a base di cortisonici. L’intervento si riserva per le forme più severe che non hanno beneficiato delle terapie (per almeno 6 mesi-1 anno), e viene praticato in anestesia loco-regionale ascellare, ed in regime di day hospital. Vi possono essere varie procedure chirurgiche, sia aperte sia artroscopiche, che vanno decise a seconda del caso. L’obiettivo è quello di liberare e tagliare la fascia superficiale e profonda muscolare, in modo da attenuare la tensione fibrotica; inoltre con delle micro-perforazioni nell’osso, si cerca di rivascolarizzare la regione epicondilare. Dopo l’intervento ci vogliono circa 2-3 settimane di riposo relativo, quindi si inizia con la fisioterapia: ginnastica e stretching per alcuni mesi, necessari per far riacquisire elasticità al tessuto.

Il suo vero nome è epicondilite, ma per tutti è il gomito del tennista, un’infiammazione molto dolorosa che chi l’ha provata difficilmente può dimenticare. Per fortuna le terapie non mancano: esercizi, tutori, onde d’urto, farmaci e nei casi più estremi la chirurgia, tutto per ritornare a muovere il braccio con naturalezza. Ne parla lo specialista, il chirurgo della mano dell’Ospedale Niguarda.

Il movimento articolare del gomito è dato dai muscoli che agiscono sulle leve ossee grazie ai tendini (vere e proprie corde che tirano). Nella parte distale dell’omero i tendini estensori del polso si inseriscono sul versante esterno (epitroclea) mentre i tendini flessori del polso si inseriscono sul versante interno (epitroclea). Nel gomito pertanto possono infiammarsi sia i muscoli estensori del polso (è l’epicondilite o gomito del tennista), sia i muscoli flessori del polso (è l’epitrocleite o gomito del golfista). L’origine di tale infiammazione è quasi sempre micro traumatica, dovuta a gesti atletici sportivi o lavorativi ripetuti.

Se i  tendini che servono per estendere il polso e le dita si danneggiano si inizia ad avvertire il dolore durante i movimenti. Il dolore si estende poi al braccio e in alcuni casi anche alla mano. Molto spesso si cerca di far fronte alla cosa utilizzando delle fasce elastiche (dei tutori) che attenuano il fastidio durante lo sforzo fisico. Ma quando questo non basta è necessario rivolgersi allo specialista: un ortopedico o un chirurgo della mano.

Dopo la fase acuta l’epicondilite tende a cronicizzarsi arrivando ad una reazione cicatriziale: si tratta di un’infiammazione per cui il tendine e i muscoli perdono la loro elasticità, ed è questa condizione che provoca il dolore. Perciò la prima cosa da fare è molto stretching, per rielasticizzare il muscolo, accompagnato da riposo e ghiaccio.

Il tendine e il muscolo interessati da epicondilite sono poco vascolarizzati per cui le terapie cercano di promuovere questo processo. Per farlo si utilizzano le onde d’urto o la laser-terapia. Poi c’è la mesoterapia:infiltrazioni sottocutanee che si eseguono con tanti aghi corti, utili per iniettare a livello superficiale, del derma, farmaci tradizionali, anti-infiammatori, o anche della medicina omeopatica. A seconda del caso si possono prescrivere delle classiche infiltrazioni in profondità a base di cortisonici.

L’intervento si riserva per le forme più severe che non hanno beneficiato delle terapie (per almeno 6 mesi-1 anno), e viene praticato in anestesia loco-regionale ascellare, ed in regime di day hospital. Vi possono essere varie procedure chirurgiche, sia aperte sia artroscopiche, che vanno decise a seconda del caso. L’obiettivo è quello di liberare e tagliare la fascia superficiale e profonda muscolare, in modo da attenuare la tensione fibrotica; inoltre con delle micro-perforazioni nell’osso, si cerca di rivascolarizzare la regione epicondilare. Dopo l’intervento ci vogliono circa 2-3 settimane di riposo relativo, quindi si inizia con la fisioterapia: ginnastica e stretching per alcuni mesi, necessari per far riacquisire elasticità al tessuto.