Lupus, ustekinumab si è dimostrato efficace e sicuro fino ad un anno secondo un trial di fase 2 pubblicato su Arthritis & Rheumatology
Il trattamento di pazienti affetti da lupus eritematoso sistemico con ustekinumab (inibitore di IL-12/IL-23) è in grado di assicurare un beneficio persistente fino ad un anno, con un profilo di safety paragonabile a quello osservato con il farmaco nelle altre indicazioni.
Questo il responso di un trial di fase 2, pubblicato su Arthritis & Rheumatology, che, se confermato in fase 3, fa ben sperare in un prossimo ampliamento del ventaglio di opzioni terapeutiche a disposizione di questi pazienti.
Lo studio
Ancora oggi, le opzioni disponibili di trattamento del lupus eritematoso sistemico sono limitate, ricordano i ricercatori nell’introduzione al lavoro. I pazienti con lupus soffrono spessi di sintomi persistenti e tendenti a recidivare: di questi, i più frequenti sono l’infiammazione a carico delle articolazioni e le eruzioni cutanee.
“La terapia convenzionale del LES – ricordano i ricercatori – si basa frequentemente sull’impiego di glucocorticoidi e farmaci immunosoppressori, il cui impiego è associato al rischio di problemi di tossicità severi, soprattutto quando sono utilizzati per lungo tempo. Belimumab, invece, un anticorpo monoclonale avente come bersaglio terapeutico lo stimolatore dei linfociti B, rappresenta, invece, un’opzione terapeutica aggiuntiva nei pazienti con sieropositività auto-anticorpale affetti da LES”.
“Gli obiettivi delle strategie “treat-to-target” – continuano gli autori dello studio – utilizzate nel trattamento di molte patologie croniche ad eziologia autoimmunitaria, sono rappresentati dal raggiungimento dello stato di “ridotta attività di malattia” e della sua remissione. Ancora oggi, tuttavia, resta ancora bassa la proporzione di pazienti in grado di raggiungere e mantenere nel tempo gli obiettivi sopra indicati con la terapia standard attualmente disponibile”.
Per questi motivi, la ricerca farmacologica ha continuato nell’obiettivo di sviluppare nuove opzioni terapeutiche in grado di mantenere i pazienti nello stato di “ridotta attività di malattia” o di remissione, prevenendo anche le recidive e limitando il danno d’organo.
IL-12 e IL-23 sono 2 citochine il cui coinvolgimento nella patogenesi del LES è stato documentato in alcuni studi recenti.
Ustekinumab è un anticorpo monoclonale diretto contro la subunità p40 delle due citochine sopra menzionate. Alcuni trial clinici di fase 3 hanno dimostrato l’efficacia di questo farmaco nella psoriasi a placche, nell’artrite psoriasica, nella malattia di Crohn e nella colite ulcerosa.
L’efficacia e la sicurezza di ustekinumab in pazienti con LES attiva, di grado moderato-severo, è stata oggetto di uno studio randomizzato e controllato di fase 2. Il trial in questione ha dimostrato, a 24 settimane, che l’aggiunta di ustekinumab alla terapia standard era in grado di indurre miglioramenti significativi delle misure di attività del LES rispetto a quanto osservato nei pazienti randomizzati al solo trattamento con la terapia standard.
Non solo: i pazienti trattati con ustekinumab hanno mostrato anche un rischio di recidive di malattia più ridotto rispetto a quelli trattati solo con la terapia standard.
In questa nuova pubblicazione, si riprendono i dati dello studio di fase 2 in questione, analizzati a distanza di un anno dall’inizio del trattamento.
Disegno e risultati principali
Lo studio aveva randomizzato 102 pazienti adulti, affetti da LEA attiva nonostante il trattamento con terapia standard, al trattamento aggiuntivo con ustekinumab (60 pazienti) o alla prosecuzione della terapia convenzionale con l’aggiunta di placebo. Nel gruppo ustekinumab, i pazienti assegnati dalla randomizzazione a questo trattamento hanno ricevuto, nel corso della settimana iniziale dello studio, un’infusione endovena dell’inibitore di IL-12/IL-23, seguita da iniezioni sottocutanee dello stesso farmaco a cadenza bimestrale a partire dall’ottava settimana. A 24 settimane, anche i pazienti del gruppo placebo sono passati a trattamento con ustekinumab sottocute a cadenza bimestrale. I pazienti allocati sin dall’inizio a trattamento con ustekinumab hanno continuato la terapia con il farmaco fino alla 40esima settimana di trattamento.
I ricercatori hanno valutato il mantenimento dell’efficacia del trattamento utilizzando l’indice SLEDAI2K, l’indice SRI4 (SLE Responder Index 4), la valutazione globale dello stato di malattia fatta dal medico (PGA), nonché alcune misure di malattia articolare e mucocutanea.
Dopo 40 settimane, hanno portato a termine il trattamento previsto dal protocollo 53 pazienti inizialmente allocati a gruppo ustekinumab e 30 pazienti inizialmente trattati con placebo.
Dai risultati del trial era emerso che il tasso di risposta SRI4 era pari al 62% nei pazienti trattati sin dall’inizio con ustekinumab rispetto al 33% nei pazienti trattati con placebo nell’analisi dell’endpoint primario a 24 settimane (p=0,006).
Tale risultato lusinghiero, conseguito con ustekinumab, è stato mantenuto fino a 48 settimane, con un tasso di risposta SRI4 pari al 63,3% tra i pazienti trattati con l’inibitore di IL-12/IL-23.
Non solo: anche i tassi di risposta a 48 settimane, riferiti ad altre misure di malattia, hanno confermato il mantenimento dell’efficacia raggiunta da ustekinumab nel corso delle prime 24 settimane del trial.
Focalizzando l’attenzione sui 33 pazienti del gruppo placebo passati a trattamento con ustekinumab, è stato documentato un incremento dei tassi di risposta riferiti a tutte le misure di efficacia considerate.
Quanto alla safety, sul totale dei pazienti trattati con ustekinumab, l’81,7% di questi ha presentato almeno un evento avverso, mentre il 15,1% è andato incontro ad almeno un evento avverso serio a 56 settimane dall’inizio dello studio. Al contempo, però, non sono stati documentati decessi, eventi neoplastici, infezioni opportunistiche o tubercolosi a seguito del trattamento.
In conclusione, “…il trial ha mostrato che il trattamento con ustekinumab, un farmaco già utilizzato nel trattamento della psoriasi e della PsA, si associa ad un miglioramento dell’attività di malattia lupica – scrivono i ricercatori nelle conclusioni del lavoro – come pure ad un miglioramento della sintomatologia cutanea e articolare, insieme ad una riduzione dell’insorgenza di recidive di malattia”.
“Se – aggiungono – tali risultati saranno confermati in un trial di fase 3 attualmente in corso, di dimensioni numericamente più appropriate, usrekinumab potrebbe diventare una nuova opzione terapeutica a disposizione per molti pazienti affetti da LES”.